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È il giorno della manifestazione nazionale: oggi, sabato 14 dicembre, Roma va in piazza contro il ddl sicurezza. Appuntamento alle 14 in piazzale del Verano, nella protesta proclamata dalla Rete Nazionale contro il Ddl Sicurezza - A pieno regime. Qui si ritrova una lunga serie di movimenti, associazioni e organizzazioni, tra cui la Cgil, per contestare le politiche del governo e chiedere di cambiare rotta subito. Abbiamo fatto il punto con Luigi Manconi, politico e sociologo, che fin dall’inizio ha aderito alla mobilitazione.
Oggi si scende in piazza a Roma contro il Ddl sicurezza del governo. Come spiega questo appuntamento?
Lo considero un momento di mobilitazione contro tutta la politica della sicurezza, più che contro il singolo decreto: il testo arriva dopo due anni di governo che hanno visto introdurre nel nostro ordinamento 48 tra nuovi reati e inasprimenti di pena. Sono misure spesso ridicole, si pensi al nuovo reato di rave party. Nel caso delle aggravanti, invece, si pensi al singolare aumento toponomastico di pena che prevede che i reati in una stazione ferroviaria o di pullman siano sanzionati da pene maggiori rispetto ai reati commessi in altri luoghi della città.
Una tendenza che svela anche il pensiero dell’esecutivo…
Siamo alla più chiara e inequivocabile manifestazione di “panpenalismo”: al di là della definizione giuridica, è la tendenza a riempire la vita sociale di fattispecie penali, sanzioni, divieti e interdizioni. Tutto ciò, affollare la vita delle persone di reati, è la manifestazione di una tendenza di tipo autoritario. La manifestazione ha proprio questo significato: criticare la tendenza, che rende più faticosa la vita dei cittadini.
Qui forse è il caso di smentire un equivoco, alimentato dalle dichiarazioni della maggioranza: è vero che l’introduzione di molti reati rende la società più sicura?
No, è falso. Come dimostrato da mezzo secolo di vita penale, l’incremento delle pene non dissuade dal commettere reati. Disseminare la nostra vita di divieti, quindi, rende più difficile l’esistenza quotidiana e le relazioni sociali: pensate alla nuova norma del Codice della strada che sanziona non chi guida in stato di alterazione – sacrosanto – ma colpisce chi ha assunto sostanze psicotrope una settimana prima. In altri termini, non si verifica lo stato alla guida che può provocare un pericolo o la morte di qualcuno, ma si considera lo stile di vita del guidatore, mentre è ovvio che a distanza di un giorno la cannabis non ha più alcun effetto.
La Cgil, che partecipa alla mobilitazione, ha già definito questo provvedimento liberticida. È d’accordo?
Si può definire liberticida tutta la politica della sicurezza, questo decreto è l’apice. Si pensi che vengono penalizzati e considerati reati comportamenti sociali che appartengono alla storia del movimento operaio e sindacale, come il reato di blocco stradale, che è una forma di protesta classica degli operai. Come tutti sanno, nella Storia dei Paesi democratici il blocco è spesso stato espressione di una volontà di lotta in momenti di particolare crisi.
In tale scenario si inserisce la tendenza a colpire lo strumento dello sciopero.
C’è un grave pregiudizio: si ritiene che la mobilitazione collettiva, e lo sciopero, siano fattori di disordine sociali. Invece è stato il pensiero liberale, insieme a quello socialista, a considerare l’astensione del lavoro un elemento di libertà, perché consentiva al lavoro subordinato di riequilibrare i rapporti di potere che altrimenti sono sempre a favore del datore. Al contrario, lo sciopero può contribuire alla pace sociale, facendo da bilanciamento dei rapporti.
In conclusione, perché andare in piazza?
Dobbiamo andare in piazza tutti, anche chi non ha mai fatto un’ora di sciopero, perché magari è troppo giovane oppure è pensionato. Ognuno è chiamato a manifestare perché qui si mettono in discussione alcuni concetti chiave della modernità, fattori essenziali delle società liberali che ci rendono tutti coinvolti.