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Il ddl Sicurezza presentato dal Governo Meloni ha acceso un vivace dibattito politico e sociale, sollevando gravi preoccupazioni da parte di organizzazioni per i diritti umani, esperti di diritto e ampie fasce della società civile. Sebbene il governo presenti il disegno di legge come una misura necessaria per rafforzare la sicurezza interna e contrastare l'immigrazione irregolare, molti lo interpretano come un provvedimento che rischia di comprimere diritti fondamentali e accentuare le divisioni sociali.
Una stretta senza precedenti sull'immigrazione
Uno dei punti centrali del provvedimento è il giro di vite contro l’immigrazione irregolare, che include misure come il prolungamento del periodo di detenzione nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), il rafforzamento delle espulsioni e la riduzione delle tutele per i richiedenti asilo.
Queste disposizioni, se approvate, potrebbero peggiorare le condizioni di chi fugge da guerre, persecuzioni o disastri umanitari, aumentando il rischio di violazioni dei diritti umani nei Cpr, strutture già note per le inumane condizioni di vita.
Critiche durissime sono arrivate dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e da Amnesty International, che hanno sottolineato come tali misure potrebbero violare il principio di non-refoulement, ovvero il divieto di rimandare i migranti in Paesi dove potrebbero subire torture, trattamenti inumani o persecuzioni. Inoltre, il ddl mina la possibilità di integrazione, bloccando di fatto l'accesso a percorsi di regolarizzazione per molti migranti che lavorano e contribuiscono alla società italiana.
Restrizioni sulle ong
Un altro aspetto controverso del ddl riguarda le nuove regole volte a limitare le attività delle ong impegnate nel salvataggio di vite umane nel Mediterraneo. Le organizzazioni non governative che soccorrono migranti in mare sono state spesso demonizzate dal governo, e il disegno di legge introduce pesanti sanzioni amministrative e il sequestro delle imbarcazioni in caso di presunta violazione delle nuove disposizioni.
Questa mossa, ampiamente criticata, potrebbe ridurre ulteriormente la capacità di risposta umanitaria, lasciando migliaia di persone alla deriva e aumentando il numero di morti nel Mediterraneo, già considerato uno dei cimiteri più grandi del mondo.
Criminalizzazione del dissenso
Parallelamente, il ddl contiene misure che restringono il diritto di protesta e che sembrano colpire in particolare i movimenti ambientalisti e i giovani attivisti, criminalizzando manifestazioni pacifiche attraverso multe e pene sproporzionate. Questi provvedimenti sollevano inquietanti interrogativi sul diritto costituzionale alla libertà di espressione e alla partecipazione democratica.
"Il governo sta provando a utilizzare le manifestazioni di protesta indette dopo la morte del giovane Ramy per affrettare l’approvazione di un ddl che proverà a reprimere ogni forma di dissenso e a cancellare spazi di democrazia e libertà”, dice Lara Ghiglione, segretaria confederale Cgil: “Cosa pensiamo del ddl 1660, articolo per articolo, lo abbiamo espresso più volte in tutte le sedi e con tutti gli strumenti possibili. Manifestazioni di piazza comprese”.
Ma qui stiamo andando oltre. “La retorica che la violenza non può essere una modalità di protesta legittima non può essere la scusa per soffocare l’espressione del libero pensiero e del dissenso di tutti e tutte, anche di quella stragrande maggioranza che utilizza modalità pacifiche”, prosegue la dirigente sindacale: “Usare la morte di un ragazzo per fare una forzatura, soprattutto per come si è verificata, va oltre il concetto di bene e male”.
La Cgil, conclude Ghiglione, ha fatto e continuerà a fare “la propria parte per evitare che il ddl 1660, il ‘ddl repressione e paura’, venga approvato, insieme a tutte le persone e le associazioni che hanno ancora a cuore la democrazia e la libertà di questo Paese. E la dignità di quanto abbiamo di più prezioso: le nostre e i nostri giovani. Non passeranno”.
Sicurezza o propaganda?
Sotto una patina di fermezza e controllo, il ddl Sicurezza appare più uno strumento di propaganda politica che una risposta efficace alle reali esigenze del Paese. La narrazione di un’Italia assediata dall’immigrazione e dal caos sociale non trova riscontri oggettivi nei dati ufficiali, ma viene utilizzata per giustificare una stretta securitaria che rischia di ampliare il solco tra istituzioni e cittadini. Inoltre, si ignora volutamente il fatto che fenomeni complessi come l'immigrazione non si risolvono con misure repressive, ma richiedono strategie a lungo termine basate su solidarietà, cooperazione internazionale e inclusione.
Cgil: Il rischio di una deriva autoritaria
La Cgil considera il ddl un pericoloso arretramento in termini di diritti civili e umani, alimentando una visione della società basata sulla paura e sull’esclusione. Secondo il sindacato “la deriva securitaria del Governo Meloni, se non contrastata, potrebbe portare l’Italia su un sentiero autoritario, compromettendo i valori democratici su cui si fonda la Repubblica”.
È fondamentale che il Parlamento e la società civile respingano questo disegno di legge e promuovano invece un dialogo costruttivo su come affrontare le sfide del nostro tempo in modo equo e rispettoso della dignità di ogni persona. La sicurezza non può essere usata come pretesto per sacrificare i diritti fondamentali: altrimenti rischiamo di perdere non solo la nostra umanità, ma anche i principi cardine della nostra democrazia.