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Sono passati due anni dalla strage di Cutro. Da quella notte maledetta del 26 febbraio 2023, quando un barcone carico di speranza si trasformò in una tomba liquida a pochi metri dalla costa calabrese. Oltre novanta morti, tra cui bambini, donne, uomini che avevano affrontato il mare per sfuggire a guerre, miseria e persecuzioni. Due anni da quel naufragio che avrebbe dovuto scuotere le coscienze e cambiare per sempre il modo in cui l’Italia gestisce i flussi migratori.
Ma se c'è una cosa che questo tragico anniversario ci ricorda, è che la vergogna non ha memoria. Il governo Meloni che allora si affrettò a negare ogni responsabilità, oggi continua sulla stessa strada: respingimenti, criminalizzazione delle ong, decreti che rendono ancora più difficile salvare vite in mare. La risposta politica a Cutro non è stata quella di un Paese che riflette sui propri errori, ma di uno Stato che ha deciso di voltarsi dall’altra parte, raddoppiando la repressione contro chiunque osi tendere una mano ai migranti.
Nel marzo 2023, a Cutro si riunì il consiglio dei ministri, con tanto di scenografia da show mediatico. Si promettevano misure severe contro gli scafisti, si annunciavano nuove strategie per fermare le partenze. Nulla di tutto ciò ha impedito che il Mediterraneo continuasse a essere un cimitero: nel 2024, secondo le stime delle ong, oltre 3.000 persone hanno perso la vita cercando di raggiungere l’Europa. Ma il nostro governo ha preferito concentrarsi su altro: ha reso più difficile il lavoro delle organizzazioni umanitarie, sequestrando navi di soccorso, imponendo regole assurde e multando chi salva vite.
Nel frattempo il famigerato “decreto Cutro”, presentato come la grande soluzione, si è rivelato l’ennesima trappola per chi fugge dalla disperazione. Ha ristretto la protezione speciale, reso più difficile l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale e peggiorato le condizioni nei centri di accoglienza, trasformandoli in luoghi di detenzione mascherata. Il messaggio politico è chiaro: chi arriva in Italia non troverà una mano tesa, ma la disumanità fatta persona.
E mentre da noi si continua a vendere propaganda, l’Europa resta complice. L’accordo con la Tunisia, che di fatto affida a un regime autoritario il compito di bloccare i migranti prima ancora che raggiungano il mare, è la dimostrazione di quanto poco valga la vita di chi fugge. Il patto sui migranti con l’Albania, firmato dall’Italia con toni trionfalistici, non è altro che un altro modo per esternalizzare la sofferenza, allontanarla dagli occhi dell'opinione pubblica.
Due anni dopo Cutro, l’Italia è ancora più chiusa, più cinica, più ostile verso chi arriva sulle sue coste in cerca di salvezza. Due anni dopo Cutro, la politica dell’accoglienza è stata sostituita da un mix letale di retorica securitaria e disumanità istituzionalizzata. Ma due anni dopo Cutro, il mare continua a restituirci i corpi di chi avrebbe potuto essere salvato, se solo avessimo scelto di essere umani.