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Dal 10 al 12 maggio del 1947 si tiene a Caltanissetta il primo Congresso della Cgil Sicilia, preparato da una Segreteria regionale provvisoria nominata dalle varie correnti già nel giugno 1946. È al quel Congresso di che Emanuele Macaluso incontra per la prima volta Giuseppe Di Vittorio, “che nelle mie scelte - dirà nelle proprie note autobiografiche - ha avuto un ruolo molto importante. Lo conobbi quando venne in Sicilia, nel maggio del ‘47, per il Congresso regionale della Cgil, che si tenne a Caltanissetta, dove ero segretario di una Camera del lavoro che aveva guidato straordinarie lotte di contadini e di minatori”.
Nei giorni del Congresso - ricorda Macaluso - Di Vittorio, “si informò in modo particolareggiato sulla vita di quella organizzazione (ndr. la Camera del lavoro di Caltanissetta), e dopo pochi giorni propose la mia elezione a segretario regionale della Cgil, nonostante avessi solo 23 anni. Mi trasferii quindi a Palermo …. Conoscevo poco la città e ancora meno i palermitani. Era difficile, in quegli anni, inserirsi in una società rigidamente stratificata e chiusa in ogni ceto. Palermo puoi amarla o odiarla. O, come capita a me, amarla e odiarla … La Camera del lavoro di Palermo era una grande realtà, ben più ampia della sinistra storica. Mi è rimasta impressa l’immagine del segretario del sindacato Albergo e mensa, si chiamava Castiglione (non ricordo più il nome), monarchico, deputato di quel partito all’Assemblea regionale siciliana. Castiglione venne eletto nella lista del principe Gianfranco Alliata di Montereale, del Duca di Mirto, del giurista Professor Papa D’Amico. Ma rimase sempre al suo posto alla Camera del lavoro, e ogni sera lo si poteva incontrare all’Extrabar, in piazza Politeama, con giacchetta bianca e pantaloni neri mentre serviva i clienti ai tavoli: sempre, sino alla fine del mandato parlamentare. Altri tempi. Il lavoro di organizzazione della Cgil, in Sicilia fu complesso, prima della scissione sindacale, anche perché si determinarono (a Catania per esempio) rotture fra le correnti che sembravano insanabili; e, successivamente, per comporre gruppi dirigenti unitari stabili ed efficienti. A questo lavoro dedicai tutte le mie energie, con sconfitte e successi. Conobbi in quegli anni grandi, piccoli e piccolissimi centri della Sicilia. Ogni angolo”.
Sono gli anni della lotta dei contadini per la terra, degli zolfatari per il lavoro, il salario e condizioni di vita decenti, gli anni della lotta contro la mafia. A causa del suo impegno sindacale Macaluso subisce molti processi, uno insieme a Pio La Torre per le occupazioni delle terre a Corleone nei feudi controllati dal mafioso Luciano Liggio. Nel 1951 viene eletto, nel collegio di Caltanissetta, deputato dell’Assemblea regionale siciliana, è rieletto nel 1955 e nel 1959.
In qualità di segretario generale della Camera del lavoro di Caltanissetta, Macaluso è sulla piazza di Villalba insieme a Li Causi quando don Carlo Vizzini guida la sparatoria contro il comizio del leader del movimento contadino siciliano al quale i contadini avevano partecipato disubbidiendo al diktat del boss. “Fu quello il mio primo bagno nella mafia del feudo, la mafia che aveva le terre in affitto”, ricorderà anni dopo.
Parlamentare nazionale per sette legislature (1963-1992), EM. MA. Sarà anche direttore de l’Unità dal 1982 al 1986 e ultimo direttore de Il Riformista dal 2011 al 2012. Ironico e intelligente, sempre al passo con i tempi, aveva cominciato negli anni ad utilizzare anche i social. “Essere di sinistra ha avuto un senso perché ha migliorato la vita a milioni e milioni di persone. Ne è valsa la pena”, scriveva nel suo ultimo post del 20 novembre scorso. Se ne va nell’anno del centenario del Partito. Un Partito al quale ha dato tanto, come del resto a tutti noi.
Ci mancherà la sua intelligenza, la capacità di visione politica, l’indipendenza del suo pensiero. Ci mancheranno la sua cultura, l’ironia, la vis polemica, mai eccessiva, mai fuori posto. In un giorno non facile per l’Italia intera ci lascia uno dei grandi protagonisti della nostra politica. E - come disse lui stesso salutando Sciascia - “sentiamo un vuoto, avvertiamo che vengono a mancare una voce forte e una coscienza onesta che per tanti anni hanno stimolato la nostra intelligenza e arricchito il nostro sapere. Oggi avverto che mi viene a mancare una sponda nella vita. Non esagero se vi dico che mi sento più solo. E con me tanti altri”.