Questo reportage fa parte di Collettiva Academy, il progetto di collaborazione tra la redazione di Collettiva e gli studenti del corso di laurea in Media, comunicazione digitale e giornalismo dell’Università La Sapienza di Roma. Gli autori sono studenti che hanno partecipato al nostro laboratorio di giornalismo narrativo.


Una donna buttafuori è una mosca bianca. Eppure Chiara lo fa dal 1998, quando questa professione non era ancora ufficialmente definita. Come primo lavoro, Chiara fa la bibliotecaria nel Comune di Roma ma, frequentando fin da giovane lo stadio Olimpico, s'avvicina all’ambiente della sicurezza per pura curiosità. Inizia ricoprendo il ruolo di security durante le partite e i concerti. Poi negli anni successivi viene assunta anche come buttafuori per alcuni locali notturni. Con il passare del tempo la sua passione per questo lavoro cresce, lei continua a formarsi sempre di più, raggiungendo degli ottimi traguardi professionali. Oggi viene regolarmente richiesta come personale di sicurezza per le trasferte estere della Lazio maschile, oltre ad essere coordinatrice della sicurezza del sottopalco per i principali concerti romani.

Sessismo, pregiudizi e ruoli di genere

Nonostante l'entusiasmo, però, quello raccontato da Chiara è un ambiente lavorativo ancora pesantemente legato a stereotipi di genere e sessismo, e a un immaginario collettivo prettamente maschile: “Noi donne siamo molto poco considerate. Io sono un caso raro. In Italia sono l’unica a fare la coordinatrice del sottopalco ai concerti perché è un ruolo prettamente maschile. Spesso quando mi presento alle produzioni mi dicono 'Ah sei tu la responsabile?', non si aspettano una donna in quel ruolo”.

Gli stereotipi legati alle categorie di genere, insomma, si ritrovano anche nel mondo dei buttafuori che, nell’immaginario collettivo, è associato esclusivamente a uomini dai connotati ben specifici: corpi muscolosi, atteggiamento minaccioso e ostile. Di conseguenza, se una donna s'inserisce in questo settore, si trova ad essere messa in secondo piano e a non essere considerata alla stregua dei suoi colleghi uomini. Il caso di Chiara è emblematico, nonostante le posizioni di rilievo che occupa e le sue effettive competenze: “A parte nei casi di produzioni di concerti in cui già mi conoscono, quando mi vedono per la prima volta non c’è considerazione, preferiscono un collega uomo ed è una cosa che ti butta molto giù. Da una parte lo capisco perché sono ruoli che sono sempre stati portati avanti da figure maschili, però ad oggi è cambiato il tipo di preparazione. Con una determinata prestanza fisica e preparazione atletica - io per esempio ho sempre fatto pugilato - allora la possibilità me la devi dare”.

Trattamenti differenziati e gender pay gap

Il fenomeno degli stereotipi di genere continua a tessere la sua trama sottile che  influenza le aziende anche nell’attribuzione dei salari, nella divisione delle mansioni e nei tagli al personale. Nel mondo del lavoro, ancora oggi, a parità di ruolo gli stipendi tendono ad essere più alti per gli uomini rispetto alle donne, confermando l’ormai noto “gender pay gap”. Nonostante la sua alta formazione e lunga esperienza, Chiara non fa eccezione. Anche nei locali notturni ci sono episodi di trattamento differenziato. “Prendevo 50 euro a serata e i colleghi uomini ne prendevano invece 60 - racconta -. Sono solo 10 euro, ma fanno la differenza. Ho avuto il coraggio di parlare con il capo e di spiegargli il problema, ma lui ha provato a giustificarsi dicendo 'si vede che c’è stato un errore'. Però in queste situazioni ti trovi a dover accettare tutto, anche se non si dovrebbe fare. Sopravvivi per lavorare e lavori per sopravvivere”. Inoltre, nel momento in cui ci sono stati dei tagli del personale all’interno dei locali, i responsabili hanno deciso di dare la precedenza ai dipendenti uomini”.

“Anche in questo caso la mia professionalità non è stata considerata alla pari dei miei colleghi uomini – continua Chiara – anche se in alcune situazioni è essenziale avere una buttafuori donna all’interno di questi contesti. Un collega uomo non può toccare le ragazze in caso di risse. Una donna invece può intervenire facendo da paciere, dividendo e cercando di parlare. Nonostante questo, io sono stata estromessa da alcuni locali”.

Un contesto problematico

In generale, però, Chiara riferisce che il suo rapporto con i colleghi uomini è spesso positivo, molti di loro preferiscono lavorare con lei rispetto che con altri. In diversi casi, invece, scopre da terze persone che alcuni si lamentano di essere sottoposti a una donna e non accettano apertamente la sua autorità. Atteggiamenti ostili spesso legati al contesto italiano: “Quando sono andata all’estero, il settore era gestito da una donna e sotto di lei c’erano tutti uomini. È la cosa più normale del mondo. Lo stesso mi è successo di recente in Scozia: c’erano delle donne e venivano rispettate in una maniera incredibile. In Italia non c’è questa cosa, non so perché ma siamo proprio limitati”.

Queste discriminazioni nei confronti delle donne all'interno dell’ambiente lavorativo italiano, si traducono in situazioni molto dure a livello emotivo che necessitano di un certo grado di resilienza: “Ho vissuto situazioni veramente pesanti. È vero che ho un carattere molto forte, però a volte ci ho pianto e sono stata male. Ti senti proprio messa in disparte, non valutata per quello che sei in realtà”. Avere molta sicurezza di sé viene presentato come un tratto fondamentale per poter reggere la pressione e le difficoltà generate da questi contesti. Non è ovviamente una dote innata e, come nel suo caso, avere una certa predisposizione aiuta, ma sono comunque necessari diversi anni di esperienza per acquisirla: “Io me ne frego. Sono molto sicura di me, so che il mio lavoro lo faccio bene, sono affidabile e poi ho sempre un riscontro positivo”.

La necessità di un cambiamento

La sicurezza è un lavoro che Chiara preferisc, sia per passione che per dedizione, eppure non lo consiglierebbe ad altre giovani donne, proprio per tutte le difficoltà e i pregiudizi che ha dovuto affrontare: “Direi di lasciar perdere e di andare a fare la promoter, che si guadagna di più. Meglio fare qualcos’altro, così forse si hanno meno problemi. Anche se è davvero un lavoro bellissimo”.

Insomma, le discriminazioni di genere nel mondo del lavoro sono portate all’estremo, in un settore considerato da sempre prettamente maschile come quello della security. Chiara che sfonda questi stereotipi può essere un punto di partenza per una riflessione sulla ridefinizione degli ambiti lavorativi e dei ruoli di genere all'interno della nostra società.