La Cgil Toscana dice no “ai ricatti occupazionali”, e agli “atteggiamenti padronali” degli industriali del bacino marmifero di Carrara. “Il dibattito tra ambiente, lavoro, istanze collettive e pubblici poteri che ha attraversato ed attraversa la comunità delle Apuane e la politica regionale vede in questi giorni un ulteriore elemento di riflessione e criticità”, dicono Maurizio Brotini e Simone Porzio del sindacato regionale.
Per la Cgil c’è una parte di industriali che vuole “fare i predatori del marmo e pretendono di tagliarla adducendo - solo adesso - problemi di sicurezza e ricorrendo all’insopportabile e consolidato ricatto occupazionale”.
Se si pongono dei limiti alla assoluta ed insindacabile libertà dell’impresa, “siano essi diritti dei lavoratori e di sicurezza sul lavoro o ambientali”, continuano “la stanca ed insopportabile litania da parte padronale è sempre la stessa”. L'amministrazione di Carrara e la Regione Toscana, attraverso “un cogente intervento di contingentamento sulle quantità e qualità del materiale escavato” dalla cima dei monti Bettogli, sembrano infatti “porre delle limitazioni rispetto al controllo unilaterale delle imprese nei confronti di un bene comune e della intera vita associata di quei luoghi”.
Il marmo e le cave “non sono un bene privato, nonostante il ridicolo anacronismo dei cosiddetti beni estimati, sono un bene comune soggetto ad un regime concessorio ed autorizzatorio che sta in capo all’Ente Regione ed ai Comuni”. Come Cgil, concludono Brotini e Porzio “siamo e saremo per un lavoro in pienezza di diritti e di sicurezza ed ambientalmente sostenibile, impedendo che la smodata ricerca di profitti si scarichi sui lavoratori e sull’ambiente. Ma soprattutto saremo contro gli atteggiamenti padronali che ricalcano quelli dei padroni delle ferriere, che pensano di comprare la benevolenza del popolo con regalie ed elargizioni. Con i lavoratori ed il loro posto di lavoro, con le comunità e con la qualità ambientale. Sempre disposti ad una trattativa, mai a subire ricatti”.