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Fu la prima donna in Italia a guidare un partito. Tenne in piedi l’organizzazione del Pci quando venne messo fuorilegge durante il fascismo. Catturata, fu condannata a 15 anni di carcere. Espulsa e poi riammessa tra le fila comuniste entrò in Parlamento nel 1948. Quando, il 26 gennaio 1982, Camilla Ravera fa il suo primo ingresso a Palazzo Madama - prima donna a essere nominata senatrice a vita dal compagno di confino Sandro Pertini - i senatori riuniti in assemblea plenaria l’accolgono tutti in piedi.
La sua nomina, scriverà in un commosso messaggio la presidente della Camera Nilde Iotti:
premia una lunga e straordinaria milizia al servizio della libertà, della democrazia, del socialismo. Grazie anche a te, carissima Camilla, è stata mantenuta viva l’idea della libertà nel periodo più buio della travagliata storia italiana; la democrazia si è arricchita di grandi contenuti innovatori; il movimento emancipatore delle donne ha avuto slancio e conseguito grandi successi. Voglio quindi esprimerti la commossa soddisfazione mia personale e di tutta la Camera dei deputati per una nomina che onora altamente il Parlamento.
Il percorso politico di Camilla Ravera
Il percorso politico di Camilla Ravera ha radici biografiche e familiari profonde.
In molte interviste e racconti autobiografici lei stessa individuerà il suo battesimo politico in un episodio dell’infanzia, quando - a soli otto anni - si trova di fronte a un enorme corteo di donne guidato da un uomo che teneva in mano una grande bandiera rossa.
“La mamma - racconterà - accortasi dello spavento che provavo, mi disse che quelle donne erano le pulitrici dell’oro, che protestavano perché con la loro paga, guadagnata lavorando dodici ore al giorno, non riuscivano a comprarsi nemmeno il pane e che le loro mani erano distrutte dall’acido che usavano per pulire l’oro. E mi disse che non dovevo avere paura dei lavoratori in sciopero e che mi sarebbe capitato spesso di re-incontrarli. Chiesi dove andassero e perché quell’uomo le guidasse. Lei rispose che non sapeva dove stessero andando ma che quel signore che imbracciava la bandiera rossa era Filippo Turati, il fondatore del Partito socialista italiano”.
L'incontro con Antonio Gramsci
Ma è l’incontro con Antonio Gramsci a cambiare per sempre la sua vita. “Io e Gramsci - ricorderà anni dopo - chiacchierammo un po’ e, verso la fine della conversazione, durante la quale mi si era rivolto dandomi del lei, mi disse che voleva che partecipassi al lavoro di redazione. Io, timida com’ero, tentai con banali giustificazioni di non accettare. Famiglia, scuola ed inesperienza furono le mie scusanti, ma Gramsci prima ascoltò con pazienza i miei farfugliamenti e poi disse: ‘Le chiedo formalmente di entrare a far parte della redazione dell’Ordine Nuovo’”.
Dopo le leggi fascistissime del 1926 e l’arresto di Gramsci, è lei a tenere insieme e in costante contatto i comunisti italiani, cercando di rafforzare l’organizzazione clandestina del Pci.
Arrestata nel 1930 ad Arona (Novara) e condannata a 15 anni di carcere, ne sconta cinque in cella, gli altri al confino a Montalbano Jonico, San Giorgio Lucano, Ponza e Ventotene.
Nel 1939 prende posizione contro il Patto Molotov-Ribbentrop e viene per questo espulsa dal PCdI insieme a Umberto Terracini.
Racconterà Miriam Mafai:
Sono anni di solitudine estrema sopportati con grande dignità, tanto più dolorosi in quanto sono gli stessi anni in cui, dopo la caduta del fascismo, si organizza in Italia la Resistenza, l’attività clandestina e armata. Il provvedimento nei suoi confronti verrà ritirato soltanto dopo la Liberazione quando, nel maggio del l945, Togliatti arriva a Torino. È in federazione, attorniato dai compagni quando, con aria sorniona, chiede: E dov’è la Ravera? Qualcuno risponde imbarazzato che la Ravera non c’è, non può esserci perché non è più nel partito. E Togliatti: Ma non scherziamo... Chiamatemi la Ravera e non si parli più di quella sciocchezza.
Riammessa nel partito nel 1945, sarà eletta al Consiglio comunale di Torino l’anno seguente, poi in Parlamento (come deputata fu cofirmataria di progetti di legge soprattutto su materie come la tutela della maternità e la parità dei diritti e delle retribuzioni tra uomo e donna). Morirà il 14 aprile del 1988 a 98 anni.
Scriveva il giorno successivo Paolo Spiano su l’Unità
Pochi ci hanno dato, come lei, un’immagine così viva del tempo 'di ferro e di fuoco' nel quale con Gramsci e Terracini divenne uno dei maggiori dirigenti del partito. Toccò a lei scrivere a Togliatti che Gramsci era stato arrestato nel novembre del 1926. Gramsci era per Camilla Ravera non solo il capo, l’amico. Quando ci raccontava di lui voleva sempre sottolineare la complessità e li ricchezza della sua personalità. A un giornalista che nel giugno del 1981 le domandava un aggettivo per definirlo, rispose semplicemente “Era un uomo straordinario”. (…) sentiva l’affetto di cui era circondata, ma avvertiva anche che nuove tensioni, nuove contraddizioni nascevano. Aveva conservato, gramscianamente, l’attitudine a imparare dal ‘nuovo’, della società. "I tempi - aveva scritto in una lettera dal carcere - pongono dei problemi le cui soluzioni, non appena abbozzate, urtano contro le pareti del mondo sociale attuale". Camilla, rivoluzionaria, ha lavorato tutta la vita per cambiare il mondo, per abbattere le pareti della vecchia società.
Anche per questo grazie, Micheli.