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La legge Bossi-Fini che disciplina l’immigrazione non funziona e lo dimostrano gli sbarchi sulle nostre coste come anche i cammini per le rotte terrestri che continuano a provocare decine e decine di morti, oltre ai fenomeni di caporalato e sfruttamento dei migranti.
Le voci che si alzano per chiedere nuove norme sono molteplici e tra queste quella del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, il quale, nel corso della manifestazione a Latina per la morte di Satnam Singh, ha dichiarato che “uno dei problemi che abbiamo nel nostro Paese si chiama Bossi-Fini, una legge assurda che va cancellata".
Finanche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, durante un question time a Montecitorio, ha ammesso che è una legge che “va certamente modificata”, aggiungendo: “Ma come farlo dipende dal ragionamento parlamentare". Il sottosegretario Alfredo Mantovano l’ha dichiarata sorpassata. In effetti il provvedimento veniva approvato esattamente 22 anni fa, durante il secondo governo Berlusconi, con l’intento di rottamare, anche ideologicamente, le norme della Turco-Napolitano, approvata nel 1998 durante il governo Prodi.
Le leggi della sinistra
Prima di quest’ultima legge, vigeva quella che portava il nome di Claudio Martelli, ministro dell’Interno del VI governo Andreotti, e che aveva lo scopo di controllare strettamente l’immigrazione e per prima introduceva la pratica della programmazione dei flussi. La Turco-Napolitano parte da una visione non emergenziale del fenomeno migratorio, andando a normare temi non solamente dell’ingresso dei migranti in Italia e delle espulsioni, ma anche del lavoro, dell’integrazione e della cooperazione internazionale. Istituiva i Centri di permanenza temporanea per gli immigrati, progenitori dei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) e stabiliva le pene e le procedure per contrastare la tratta di esseri umani, quindi stabiliva garanzie per gli immigrati regolari.
Tolleranza zero
Il secondo governo Berlusconi (aspettò di arrivare al quarto per introdurre il reato di clandestinità) volle quindi fare piazza pulita e nel 2002 varò la Bossi-Fini, partendo da un’idea divergente dagli estensori delle precedenti norme e che veniva sintetizzata con l’espressione “tolleranza zero”. La legge prevede che gli immigrati possano entrare in Italia solo se hanno già un contratto di lavoro, in virtù del quale viene rilasciato il permesso di soggiorno fino a due anni.
Già qui riscontriamo quella che è la principale criticità, perché implica che un datore di lavoro faccia un contratto a una persona che non conosce e, con tutta probabilità, risiede dall’altra parte del mondo. Inoltre un imprenditore, per fare un contratto a un immigrato extra-Ue, deve prima dimostrare di avere cercato un lavoratore italiano e quindi di non avere trovato disponibilità nel bacino dei concittadini.
La legge impone poi le espulsioni con accompagnamento alla frontiera degli immigrati senza permesso di soggiorno e documento d’identità valido, in quest’ultimo caso vengono portati nei centri di detenzione, i Cpr.
Viene dato il via alle politiche di esternalizzazione dei confini con la norme che consentono il respingimento in acque extraterritoriali per evitare che i migranti giungano sulle nostre coste identificandoli in mare. Sono inoltre previste pene fino a tre anni e multe da 15 mila euro per ogni migrante sbarcato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il reato che generalmente è poi imputato alle ong che salvano vite in mare.
Più che inutile, dannosa
La stortura più evidente, già accennata, riguarda la mancanza di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Le pratiche per il migrante e il datore di lavoro sono assai complicate, laboriose e dai tempi lunghi, senza contare le difficoltà di accedere ai cosiddetti click-day. Questo porta, in casi non rari, al reclutamento da parte degli imprenditori di immigrati regolari ai quali si offre di conseguenza un lavoro in nero.
Da qui i presupposti del caporalato, sempre se valutiamo un’ottica di illegalità purtroppo diffusa, e quindi lo sfruttamento dei migranti, gli incidenti sul lavoro non denunciati, sino ai casi disumani come quello di Satnam Singh a Latina. A ciò si aggiunge che le regolarizzazioni in oltre vent’anni sono solamente attorno alle 800 mila.
L’esigenza di modificare questa legge, alla quale sono seguiti i periodici decreti flussi, è sollevata da più parti, dal sindacato, dalle opposizioni parlamentari, dalle Ong che hanno formulato da tempo proposte precise, come quella di EroStraniero. Anche le componenti governative sembrano convinte della necessità di rottamare la Bossi-Fini, ma qui risiedono le preoccupazioni di chi appartiene alla prima schiera circa il ‘come’ voglia procedere il centrodestra, soprattutto se si pensa all’operato di questo governo in materia di immigrazione (basti vedere i decreti Cutro e flussi) e di esternalizzazione dei confini, con accordi bilaterali con Paesi che non rispettano i diritti umani.