The day after. Il giorno dopo. Potremmo chiamarla così questa fase 3 nella città simbolo della tragedia che ha colpito il mondo, ma la prudenza consiglia di dirlo a voce bassa, aspettando che la notte dell’emergenza sanitaria passi del tutto, perché anche in questa lenta decrescita dei numeri legati alla pandemia, la Lombardia continua a fare la parte del leone.
A Bergamo, dove stanno ancora cercando di ricostruire con pazienza la catena di responsabilità che ha reso necessari, nel dramma di marzo, i mezzi dell’esercito nelle strade per portar via le bare, oggi la Cgil, in una conferenza stampa molto attesa, ha tentato di disegnare, con i dati raccolti dall’Istituto Ires Lucia Morosini e aggiornati al 18 maggio, lo stato dell’economia e del lavoro nella provincia e le principali misure per il rilancio e lo sviluppo. Nella ricerca si possono individuare quali sono i settori produttivi che più stanno pagando la crisi legata al covid e si può capire la situazione di fragilità delle famiglie bergamasche e la perdita del loro potere di acquisto. Cicatrici sociali di questa malattia che difficilmente se ne andranno.
Quello che colpisce come un pugno allo stomaco il tessuto produttivo di un territorio che, dal punto di vista produttivo, era sempre stato una piccola tigre, sono le quasi 28 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate ad aprile per circa 180 mila dipendenti, un numero di oltre 150 volte superiore a quello dello stesso mese del 2019. Per la precisione, si passa da 108 mila a 27,4 milioni. Sulla cassa in deroga, da 0 a 257 mila. E anche l’impennata della cassa straordinaria non scherza: si passa da 75 mila a 514 mila, più 587 per cento, una deflagrazione ben più rumorosa di quella rilevata a livello lombardo. “Un dato – spiega il documento dell’Ires – che mette in luce la presenza di situazioni di crisi legate non soltanto alla temporanea sospensione delle attività produttive dovuta all’emergenza covid, ma anche a contrazioni della domanda di rilevanza settoriale”.
Parte da queste cifre anche la dichiarazione video di Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil bergamasca, qui sopra. “Una situazione economica e sociale pesantissima – dichiara il leader del sindacato provinciale – quando finiranno gli ammortizzatori sociali e i divieti di licenziamento, la preoccupazione è che in tanti perderanno il posto. Piccole aziende, alberghi, imprese legate al turismo, verranno colpite. La risposta può essere solo qualità del lavoro, tutela dei diritti e recupero di un’occupazione che guardi alle donne in termini più positivi”.
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