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Innanzitutto i diritti di cittadine e cittadini: questa la preoccupazione diffusa di quanti abbiano avuto la ventura di leggere la “bozza di lavoro” per un disegno di legge sulle “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata” che il ministro Calderoli ha illustrato in Conferenza Stato-Regioni. Diritti che devono essere uguali e ugualmente esigibili a prescindere dal territorio di residenza. Così non pare, anche se la “bozza” non è stata pubblicata e quindi si ragiona per sentito dire, o quasi. Ma diversi presidenti di Regione che quel testo hanno visto sono assai perplessi, in alcuni casi proprio contrari.
Un percorso accidentato
Intanto un passo indietro, sempre in attesa di conoscere nel dettaglio il provvedimento. La parte conclusiva del percorso non sembra perfettamente lineare e coerente con la partecipazione democratica: una volta terminato il confronto in Conferenza Stato-Regioni, passaggio in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento. Qualora il disegno di legge venisse approvato, le intese tra Stato e singole Regioni andranno in Parlamento ma “solo per il parere”: sembra infatti che ciascuna singola intesa non sia emendabile. Vedremo, ma se così fosse non sarebbe positivo.
Un confronto partecipato, infatti, in una riforma di tale portata, è non solo auspicabile, ma indispensabile. “Nell’avvicendarsi dei diversi ministri competenti - spiega il segretario confederale Cgil Cristian Ferrari - abbiamo sempre cercato un’interlocuzione volta a frenare ogni deriva autonomista che avrebbe portato alla disarticolazione dei diritti civili e sociali fondamentali”.
Ridurre i divari, non aumentarli
Una delle questioni che nel primo confronto con le Regioni ha suscitato malumori, soprattutto tra quelle meridionali, è il riferimento alla “spesa storica” per la ripartizione delle risorse. È bene ricordare che una delle ragioni che ha portato all’approfondimento dei divari territoriali è proprio il vincolo della spesa storica, vincolo che si è cercato di superare con le ultime leggi di bilancio e, soprattutto, con il Pnrr.
Cristian Ferrari rileva che "anche grazie all’azione della Cgil si è progressivamente affermata la necessità di escludere intese tra Stato e singole Regioni in assenza di una legge-cornice che fissasse regole comuni inderogabili, di togliere ogni riferimento al cosiddetto “residuo fiscale” e d'inserire, invece, la necessaria definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni”.
Le richieste della Cgil
Eccoci nel cuore della questione. I diritti, e le risorse che servono per essere reali, devono essere uguali dappertutto. Per questo la Cgil sostiene che l’eventuale legge deve anzitutto contenere "la preventiva definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) su tutte le materie e, al fine di garantirne l’esigibilità in modo uniforme ed effettivo, dei fabbisogni standard su cui, quindi, redistribuire le risorse".
Per la Cgil, inoltre, la legge deve contenere "l’approvazione dei princìpi fondamentali in tutte le materie di legislazione concorrente per assicurare l’unitarietà dei diritti civili e sociali fondamentali anche in ambiti extra Lep; la totale esclusione del criterio della spesa storica al fine di evitare la definitiva cristallizzazione delle diseguaglianze e dei divari esistenti; la chiara esclusione di ogni possibile intesa del sistema d'istruzione nonché delle altre materie insuscettibili di frazionamento territoriale; la garanzia delle prerogative e del pieno coinvolgimento del Parlamento nella valutazione e approvazione delle intese”.
Questione democratica
La nostra Costituzione è molto chiara: la Repubblica è una e indivisibile, certo articolata in Regioni ed enti locali, ma una nazionale. E allora, una secessione surrettizia dei territori più ricchi (e occorrerebbe sempre valutare come si produce quell'ipotetica maggior ricchezza, ma questa è un’altra storia) va in senso opposto alla Carta fondamentale. Proprio per questo, ragionando di autonomia sarebbe opportuno muoversi con attenzione e rispetto, tanto più se assieme a quella, sull’ipotetico tavolo delle riforme ci fosse anche il presidenzialismo.
In ogni caso la Carta si fonda sui diritti di cittadinanza che tali sono solo se riguardano tutti e tutte, e a questo certo non si può derogare. “È chiaro - conclude il segretario confederale Cgil Ferrari - che la Cgil ha tutta l’intenzione di continuare a presidiare il percorso di discussione e di confronto istituzionale, sia nella fase preliminare alla deliberazione del Consiglio dei sinistri sia, ancor più, nell’eventuale successivo passaggio parlamentare, con l’obiettivo di contrastare qualsiasi misura che possa determinare il rischio di una disarticolazione dell’unitarietà dei diritti”.