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Cara scuola ti scrivo, ma cercherò di distrarmi il meno possibile: il tempo presente non lo consente.
Questo nuovo anno scolastico giunge tra molti dubbi e qualche speranza. Quella più grande è di poterlo vivere senza la morsa del Covid, senza l’incubo della Dad, senza essere costretti a mantenere le distanze. Soprattutto, senza l’orpello delle mascherine, per tornare a guardarsi in viso, non solo negli occhi, recuperando il senso profondo di una comunità scolastica fatta di presenza, di contatto, di condivisione pratica, di lavoro quotidiano sul campo.
Nel caso si dovesse finalmente operare in uno stato di normalità, non tutto quanto affrontato e assorbito nel periodo di emergenza sanitaria deve però esser lasciato alle spalle, dato che in questi due anni e mezzo abbiamo imparato a utilizzare meglio le possibilità tecnologiche, con l’opportunità di velocizzare alcuni fastidiosi (talvolta inutili) impegni burocratici, programmare meglio incontri e riunioni, e altro ancora. Ora si tratta di trovare il giusto equilibrio: per un collegio docenti meglio vedersi di persona, mentre per una riunione dipartimentale potremmo anche organizzarci da remoto. Work in progress.
A pensarci bene, i dubbi sono più o meno sempre gli stessi, ormai dettati dall’esperienza. Per dirne uno solo, bisognerà attendere la copertura delle cattedre vacanti, e non è cosa da poco, perché prima si completa l’organico del corpo docente e meglio è per tutti, in particolare per studenti e studentesse, altrimenti costretti a portarsi dietro un ritardo che in qualche modo dovrà essere recuperato. Per limare il più possibile questa carenza, puntualmente riproposta ogni anno, nostro compito sarà accogliere i nuovi colleghi nel modo migliore, creando con loro lo spirito di gruppo necessario alla costituzione di un progetto didattico comune, nel rispetto delle proprie individualità e competenze, in linea con gli obiettivi scolastici da raggiungere.
Ai soliti dubbi poi in questi giorni se ne aggiunge inevitabilmente un altro, legato alle imminenti elezioni. Tra qualche settimana, quando la maggior parte dei nostri istituti riaprirà dopo il repentino travestimento in seggio elettorale, che tipo di attenzione ci sarà nei confronti della scuola? Scorrendo i programmi dei vari candidati, tutti garantiscono grande impegno, le iniziative più diverse, investimenti economici importanti. Finita la campagna, aperte le urne, anche qui l’esperienza insegna che nella migliore delle ipotesi si tornerà nel dimenticatoio della discussione politica, che comunque anche ora certo non brilla per lo spazio dedicato a certi temi; nella peggiore, ci troveremo di fronte all’ennesimo ministro dell’Istruzione, agli ennesimi proclami di rinnovamento, all’ennesima riforma della scuola, alla quale in fretta e furia saremo costretti ad adeguarci a colpi di decreti e circolari.
Intanto la realtà continua a ricordarci che almeno da vent’anni le promesse, dette o scritte, le ha portate via il vento, e che i soldi per finanziare un progetto scolastico strutturato e articolato ci sarebbero ma non ci sono, perché le priorità, manco a dirlo, saranno sicuramente altre.
Per fortuna la campanella torna a suonare, richiamandoci ad azioni concrete, al confronto quotidiano con le difficoltà da superare e le potenzialità da esprimere, al lavoro didattico durante quell’ora di lezione che ancora, malgrado tutto, può e deve fare la differenza.
Bentornata cara scuola, con le tue pulsioni vitali, il corpo a corpo, le gioie e i dolori. Ogni anno è un nuovo inizio, di nuovo insieme.