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Una manifesto per la didattica a distanza. Una proposta pedagogica costruttiva elaborata dalla Flc Cgil ma che ha coinvolto, nella stesura, studiosi e docenti. Il testo (che si può scaricare e sottoscrivere) è stato appena presentato in una videoconferenza a cui hanno partecipato, oltre ai massimi dirigenti della Flc, i pedagogisti Massimo Baldacci dell’Università degli Studi di Urbino, Pietro Lucisano, dell’Università di Roma “La Sapienza”, Elisabetta Nigris dell’Università di Milano Bicocca, Maria Angela Volpicella dell’Università degli Studi di Bari, Beppe Bagni, Presidente Cidi e Dario Missaglia, Presidente di Proteo Fare Sapere, che sono anche tra i primi firmatari del Manifesto.
È ormai evidente che per quanto la didattica a distanza (la cosiddetta dad) abbia rappresentato una risposta emergenziale praticamente obbligata (ricordiamo che il dpcm dello scorso 4 marzo ha sospeso le lezioni in aula in tutto il paese), i suoi limiti sono notevoli. La scuola è “scuola davvero” in presenza, quando studenti e corpo docente formano una comunità educativa i cui “pezzi” interagiscono costantemente tra di loro. Inoltre, come ha messo in evidenza l’Istat, la dad amplifica le già notevoli divaricazioni sociali e geografiche tra i territori di un paese che anche su dotazioni di device e di connessioni adeguate non è affatto omogeneo.
Il video della presentazione
Il manifesto, ha un titolo emblematico: “A distanza ma non troppo”. “Riteniamo che questo documento possa diventare un elemento di riflessione utile a comprendere che al centro della scuola c’è la sua specifica vocazione relazionale in presenza e che quanto si sta realizzando in questi giorni ha la funzione di sopperire al bisogno di colmare un vuoto”, spiega la segretaria nazionale della Flc Cgil, Graziamaria Pistorino. Non solo: “Proprio a partire dalla confermata insostituibilità della scuola in presenza si può prendere spunto per rimettere al centro l’insegnamento, le sue modalità e i bisogni di apprendimento delle nuove generazioni”.
“Chiediamo a pedagogisti, psicologi, docimologi, filosofi, ma soprattutto agli insegnanti e ai genitori di sottoscrivere il nostro ‘Manifesto’ – dice Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil –, perché la didattica continui ad appartenere alla importante elaborazione scientifica e culturale che ha prestigiose radici e ramificazioni nel nostro Paese e non si trasformi in occasione di proficue operazioni di mercato e in sempre più marcata condizione di diseguaglianza”.
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Il Manifesto si sviluppa in sette punti. Proprio in virtù di quei limiti di cui s’è detto, punto centrale è la richiesta di “un impegno straordinario dello Stato per far ripartire in sicurezza la scuola prima possibile, riprendere i percorsi in presenza e recuperare quanto perduto in tanti mesi, rimettendo al centro, dopo anni di pseudo riforme, l’insegnamento, le sue modalità e i bisogni di apprendimento delle nuove generazioni attraverso forti investimenti in tempo scuola, organici docenti e Ata, laboratori, edilizia scolastica e sicurezza”.
Importante anche “l’invito a ragionare anche sulle modalità con cui si realizza la didattica a distanza perché è forte il rischio che si esaurisca in una mera trasmissione verticale di nozioni” e a “trovare forme di comunicazione individuale con ogni allievo, in modo da monitorare lo stato del suo benessere, ma anche avere dare un feed-back accurato rispetto alle attività didattiche che si stanno svolgendo”.
Cercare, anche a distanza, una relazione educativa forte è necessario per “evitare che questa modalità di realizzazione dell’insegnamento si trasformi nell’ennesimo processo di esclusione dei soggetti più deboli, in una penalizzazione degli allievi provenienti da famiglie e contesti deprivati dal punto di vista delle risorse economiche, socio-culturali e, dunque, di quelle tecnologiche”. Anche perché “molti ragazzi non possono contare su genitori in condizione di aiutarli nelle attività proposte dalla scuola a distanza”.
Fondamentale anche la necessità di una riflessione sul ruolo degli strumenti tecnologici che “rappresentano ulteriori possibilità per l’interazione e bisogna imparare ad usarli”; per cui, ferma restando la premessa che “l’insegnare” è prioritariamente relazione, “un loro adeguato uso dipende dal grado di consapevolezza e padronanza con cui li si gestisce”. La necessità di ricorrere alla dad dovrà dunque “contribuire a progettare e a riorientare consapevolmente una didattica diversa, che per quanto arricchita di nuovi strumenti, rimane pur sempre impostata sulla centralità della relazione pedagogica”.
I pericoli maggiori da evitare in questo contesto sono quelli di cui si è cominciato a parlare in diverse sedi: la selettività in base all’origine sociale degli studenti e, ad essa collegato, il rischio di un ampliamento della dispersione scolastica. Proprio per questo serve un piano nazionale e strutturale, per “predisporre dotazioni informatiche e di organico da rendere disponibili per gli studenti di tutte le regioni d’Italia, anche con modalità di assegnazione redistributive e compensative per offrire strumenti in più a chi adesso ne ha di meno”.
Importante anche il capitolo sulla valutazione che in una situazione a distanza presenza ovviamente problematiche molto peculiari. Per gli estensori del documento, più che una classica misurazione del rendimento che si traduce in voti, occorre, per questo anno scolastico, puntare a una valutazione “formativa”, che poi in realtà è anche quella più adeguata in tempi “normali”. Insomma, non voti, ma “una operazione pedagogica complessa, che prevede una grande attenzione ai meccanismi di apprendimento individuali e una importante relazione docente-discente”. Quindi, più che sugli specifici contenuti dei programmati è importante “lavorare assieme ai ragazzi sul merito della fase che stiamo affrontando (sotto il profilo scientifico, sociale, storico…), sulla comunicazione, sulla meta comunicazione e, in particolare, sul modo in cui i messaggi sono veicolati dai mass media”.
Senza mai dimenticare una questione fondamentale: e cioè che le scuole “dovranno poter contare sulle risorse necessarie per la predisposizione di interventi compensativi, la flessibilità e l’ampliamento del tempo scuola, la proposta di modelli organizzativi che favoriscano recupero, potenziamento, sviluppo, necessari dopo la prolungata sospensione”. In una frase: “La scuola ha un debito nei confronti degli alunni”.