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Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.
Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno
Il 30 giugno 1960 a Genova circa centomila tra ex partigiani, lavoratori e antifascisti scendono in piazza per impedire che nella città Medaglia d’oro della Resistenza si tenga il Congresso del neofascista Movimento Sociale Italiano. Quel Congresso non era solo una provocazione ma rappresentava anche un concreto rischio per la democrazia. Coloro che fino a quindici anni prima avevano messo a ferro e fuoco il Paese, seminando morte e miseria, trovano ancora la Resistenza di tutti coloro che, invece, avevano combattuto per la pace, il lavoro, la libertà.
Perché ancora oggi scendiamo in piazza a ricordare quei fatti? La memoria è il mezzo che ci consente di difendere e rafforzare valori fondamentali come la nostra libertà e la nostra dignità di persone, contro i mostri generati da crisi e sfruttamento. E poi ci sono alcuni concetti chiave che è necessario tenere sempre a mente e quindi vanno esplicitati anche in occasione di una ricorrenza come questa. Oltre alla difesa della democrazia, ci sono il valore e la difesa del lavoro, della Costituzione, ovviamente dell'antifascismo e dell'antirazzismo.
Fra il novembre e il dicembre 1943 in tutta l’Italia settentrionale scoppiano grandi scioperi, in risposta alle ormai insostenibili condizioni di vita, alimentati da un forte risentimento antifascista. A Genova scioperano gli operai di Voltri, degli stabilimenti di Sampierdarena, Sestri Ponente e Rivarolo, i tranvieri. Dal 16 al 20 dicembre è sciopero generale e insieme agli operai scende in piazza la popolazione. Il 16 giugno 1944 vengono deportati 1500 operai dalle fabbriche del ponente genovese come ricorda Via XVI giugno del quartiere di Sestri Ponente; molti di loro pagheranno con la vita l’aver rivendicato i propri diritti di cittadini e di lavoratori.
Nel 1960, il tanto decantato boom economico non elimina le disparità sociali e di fatto favorisce la conflittualità operaia; la nostra città è quindi protagonista di tante vertenze sindacali (Ilva, Amga, Ansaldo San Giorgio, Bocciardo, solo per citarne alcune) che porteranno a conquiste importanti in termini di salario e orario di lavoro. Le ferite della guerra e del regime sono vive, impedire il Congresso del Msi significa difendere non solo la democrazia ma anche il lavoro. Diritto al lavoro e diritti nel lavoro che sono costantemente messi in discussione ancora oggi. "La Costituzione segna una tappa storica nella vita di un popolo, e pur ispirandosi alla realtà, deve proiettarsi nell’avvenire come un progresso. .... È la risposta più alta a quella crisi epocale che nel dramma della guerra si era consumata" Giuseppe Di Vittorio
Quando oggi, come in occasione del congresso neofascista del Msi nel 1960, sentiamo invocare con insistenza da alcuni soggetti politici le libertà costituzionali tra cui il diritto ad esprimere le proprie idee, dobbiamo porci in principio un'unica domanda: Il fascismo è un'opinione politica? La risposta è una sola: no. L'ideologia fascista è un reato e proprio nella XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Quindi signori e signore: l'antifascismo non è un "optional", come urlava Don Gallo, o qualcosa da confondere con una retorica del passato che non ci riguarda più. È l'elemento cardine della nostra stessa Costituzione in cui all'articolo 3 si esplicita nettamente il principio fondamentale per cui tutti i cittadini devono avere pari dignità sociale "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali."
Ma l'individualismo, l'egoismo, l'indifferenza per l'altro, niente hanno a che fare con i princìpi democratici, sostanza e fondamento del nostro ordinamento. Quei principi, ripudiano tutto ciò che aveva condotto alla guerra e alla miseria: fascismo, razzismo, interessi di potere e di profitto. È nel primo articolo della nostra Costituzione, che troviamo l'estrema sintesi di ciò che viene poi declinato nel suo svilupparsi. L'Italia "è una Repubblica democratica" ed è "fondata sul lavoro".
E chi furono gli autori morali di queste definizioni? Gli autori morali e materiali furono i molti che avevano combattuto per liberare l’Italia dal nazifascismo. Erano contadini, operai, studenti, sindacalisti. Tra essi, Giuseppe Di Vittorio, bracciante pugliese che organizza le lotte nelle campagne, primo Segretario Generale della Cgil, una Cgil che nel periodo fascista fu costretta alla clandestinità per ricostituirsi in seguito alla Liberazione nel 1945. Così come seppero essere protagonisti della storia nel periodo fascista, attraverso la Resistenza e poi nel dopoguerra, lavoratori, sindacalisti, studenti e antifascisti sono coloro che animarono anche le giornate di Genova nel giugno 1960.
La nostra Costituzione dice anche che le lavoratrici e i lavoratori hanno il diritto di organizzarsi nel sindacato, parola che deriva dal greco e significa “farsi giustizia insieme”, e di scioperare. Quel sindacato che il fascismo represse nel sangue ma che, protagonista della Resistenza, è stato parte qualificante dell’Assemblea costituente ponendo il lavoro a fondamento della Repubblica. nL’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Ma anche sulla cultura.
È la conoscenza della storia e la consapevolezza di ciò che siamo e siamo stati che consente di contrastare chi si appella opportunisticamente alle libertà costituzionali, che ci permette di comprendere passato e presente, che permette l'emancipazione delle persone e di tracciare la strada per un effettivo progresso morale e materiale per tutti i cittadini. Anche questo diceva Di Vittorio. La cultura permette "non solo di assicurare la propria elevazione come persone singole, di sviluppare la propria personalità, ma di conquistarsi quella condizione che conferisce alle masse popolari un senso più elevato della propria funzione sociale, della propria dignità nazionale e umana…"
Ecco perché è importante scendere ancora in piazza il 30 giugno. Ed ecco perché vogliamo sottolineare, se pur brevemente, il senso profondo di questo giorno così importante segnato dal protagonismo e dalla partecipazione attiva di tantissimi genovesi. Ieri come oggi abbiamo il dovere di difendere la Costituzione, rivendicandone la piena attuazione e preservando così la tenuta democratica del Paese. Per essere parte attiva e politica nella nostra storia partendo proprio dai valori della Resistenza, dell'antifascismo, del Lavoro, della Democrazia. Per sentirci parte di qualcosa di più grande.
30 giugno 2021, la Resistenza continua… Il corteo a Genova parte da Piazza della Vittoria alle ore 16:30. Qui il programma completo