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Ci sono voluti quasi vent’anni per arrivare alle riforme psichiatrica e sanitaria dopo le esperienze avviate da Basaglia negli anni ’60 e le spinte dei movimenti per la liberazione dal manicomio; ci sono voluti altri vent’anni per chiudere i manicomi e costruire un sistema di salute mentale. Ma da una decina d’anni questo sistema subisce tagli di risorse e provvedimenti che lo stravolgono. Oggi c’è il rischio reale che venga sprecato il patrimonio di pratiche e di idee che il nostro paese ha faticosamente realizzato in quarant’anni. C’è il rischio che il futuro della salute mentale rinasca dalle radici non divelte del passato.
Anche chi non ha conosciuto cosa erano i manicomi (che in gran parte del mondo tuttora esistono) può cogliere quanto grande sia stato il cambiamento avvenuto in Italia, non solo per le persone con sofferenza mentale, le loro famiglie, gli operatori e le comunità locali ma per le istituzioni stesse. Questo cambiamento richiede però trasformazioni profonde negli assetti organizzativi e nelle culture – degli operatori, degli amministratori, degli stessi cittadini utenti e della società - per essere adeguato all’idea costituzionale di salute che ha animato le lotte contro il manicomio e che sottende la “legge 180”.
Queste trasformazioni si sono innescate nel nostro paese, e hanno sostenuto in realtà la vita sempre difficile della riforma ma, salvo pochi eccezionali momenti, non sono state supportate dai governi regionali e nazionali e non sono state diffuse in tutto il paese. Dunque la strada da fare è ancora lunga, e questo è in fondo ovvio dato che il manicomio come istituzione e cultura ha più di duecento anni e certo non basta qualche decennio per metterlo fuori gioco. Possiamo dire tuttavia che in tanti i luoghi del nostro paese si è dimostrato e si dimostra, per usare le parole di Basaglia, “che si può assistere la persona folle in un altro modo”: “ora si sa cosa si può fare” e cosa può esserci al posto del manicomio e dei suoi succedanei.
Ma oggi tutto questo è in grandissimo pericolo. Il sistema pubblico della salute mentale, già sotto finanziato, subisce tagli di risorse, scelte che lo affossano e campagne che lo diffamano, e anche le lotte contro il suo deteriorarsi sono usate per alimentarne il discredito. È necessario un rilancio forte e rapido, con maggiori risorse e trasformazione degli assetti. Non possiamo accettare che venga sprecato il patrimonio di realizzazioni e di competenze che oggi ancora esistono e resistono.
Maria Grazia Giannichedda
presidente Fondazione Basaglia, Coordinamento nazionale salute mentale