Il sistema dell’accoglienza è al collasso? Falso. C’è un’invasione degli immigrati sul suolo italiano? Una leggenda. Siamo in perenne emergenza? È quello che vogliono farci credere, ma gli arrivi, regolari e irregolari, sono ormai la normalità.
Verità e bugie sul fenomeno migratorio, sui centri e i territori che ospitano gli stranieri, sui posti a disposizione sono contenuti nel report 2022 di Openpolis e ActionAid Italia “Il vuoto dell’accoglienza”, appena pubblicato e realizzato a partire dagli ultimi dati forniti dal ministero dell’Interno (relativi al 2021) e resi disponibili in formato aperto a tutti sulla piattaforma web Centri d’Italia.
Un lavoro di analisi e trasparenza che rivela una serie di fatti reali. Innanzitutto, che i posti liberi nei centri di accoglienza al 31 dicembre 2021 erano 20.235, il 20 per cento del totale. Che la Sicilia non è il “campo profughi d’Europa”, come è stata definita dal governo Meloni, considerato che qui i posti lasciati liberi a livello regionale erano il 30,5 per cento. Che i richiedenti asilo e rifugiati ospitati rappresentavano lo 0,13 per cento della popolazione italiana, quindi una quota davvero minima.
E ancora: l’anno scorso sono sbarcate in Italia 105 mila persone, una cifra superiore rispetto al 2021, ma che è la metà di quella del 2016. Inoltre, dei 97 mila posti a disposizione nel sistema, il 60,9 per cento (ovvero 63 mila) era nei centri di accoglienza straordinaria e in quelli di prima accoglienza, a fronte di 34 mila nel sistema di accoglienza e integrazione (Sai).
“Questo evidenzia la scelta di puntare sulla continua emergenza e mai, come vorrebbe la legge, sui percorsi di vera integrazione – afferma Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni di ActionAid -. È evidente che l’assenza di pianificazione provoca un’emergenza reale, mentre si grida a un’invasione che non c’è e al sistema al collasso. In questo ambito c’è una mancanza di trasparenza che favorisce la lettura distorta della realtà e riporta di nuovo sotto i riflettori le norme contenute del decreto Sicurezza I, nonostante il fallimento di quelle politiche. Gli effetti del decreto hanno prodotto una continua crescita dell'approccio emergenziale in risposta a un fenomeno del tutto ordinario e di piccole dimensioni rispetto alla popolazione italiana”.
La dimostrazione arriva anche da un altro dato: su un totale di 65.700 posti “persi” tra il 2018 e il 2021 nei centri straordinari, le strutture con meno di 20 posti sono quelle che ne hanno persi di più: quasi 24 mila nei Cas di piccole dimensioni. Segno di un mancato investimento nell’accoglienza diffusa e della scelta deliberata di continuare a mantenere grandi concentrazioni di persone con servizi scarsi o addirittura assenti (corsi di italiano, tutela e mediazione linguistica, supporto alla ricerca di lavoro).
Un esempio su tutti, Roma, la città metropolitana con più posti nei centri (circa 3.800), seguita da Torino, Milano, Bologna, Napoli e Firenze. Nella capitale dal 2018 al 2021 è aumentata la centralità delle strutture di grandi dimensioni: il 90 per cento dei posti nei Cas è in centri con più di 50 posti. Nel 2019 si è realizzata una sorta di monopolio: otto posti su dieci erano in mano a un unico gestore, nonostante le ispezioni avessero fatto emergere, nell’anno in questione, diverse irregolarità.
ActionAid e Openpolis chiedono quindi al Parlamento di usare le rilevazioni del report, basate su dati amministrativi oggettivi forniti dal ministero dell’Interno, per esercitare il ruolo di controllo e indirizzo politico, per chiedere trasparenza e informazione. Per avere risposte sul perché si parla di un sistema al collasso, mentre c’è una quota considerevole di posti ordinariamente liberi e migliaia di persone vengono lasciate in strada.