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L’accesso alla cittadinanza in Europa, lungi dal costituire neppure in prospettiva una politica comune, è regolato in maniera differente da ogni Stato membro, che applica disposizioni e usa requisiti diversi in base alla storia, alle tradizioni e alla sua propensione a creare una società multietnica e multiculturale, con una prevalenza per le politiche restrittive che subordinano il riconoscimento a lunghi periodi di residenza. Questo nonostante un noto, e molto discusso, rapporto Onu dica che l’Europa ha bisogno di nuove risorse e auspichi che al 2050 venga raggiunta la quota di 80 milioni di immigrati per mantenere la popolazione attiva allo stesso livello di quello attuale, in un continente che invecchia sempre di più.
I numeri attuali sono invece ben lontani da quella soglia. Secondo gli ultimi dati Eurostat riferiti al 2021, nella Ue vivono 23,7 milioni di cittadini extracomunitari, pari al 5,3 per cento dei 447,2 milioni di abitanti del vecchio continente. Nel 2020 i Paesi hanno concesso la cittadinanza a 729mila persone che risiedono abitualmente nel territorio, con un aumento di circa il tre per cento rispetto al 2019: in testa c’è la Germania, seguita da Italia, Francia, Spagna, e Svezia.
Gli studiosi hanno individuato quattro gruppi di nazioni europee in base alla liberalità con cui concedono la cittadinanza agli stranieri, cioè alle condizioni e ai paletti che pongono allo ius soli, quel principio di diritto secondo cui è cittadino di uno Stato chi è nato all’interno dei suoi confini, mai applicato in modo illimitato, come invece succede negli Usa e in Canada e nella maggior parte dell’America del Sud.
Grecia, Danimarca, Germania, Austria e Italia adottano le politiche più restrittive, che subordinano l’accesso alla cittadinanza a lunghi periodi di residenza, estendendoli anche alle seconde generazioni. Poi ci sono i Paesi semi-restrittivi, Irlanda e Belgio e le nazioni cattoliche dell’Europa meridionale di antica tradizione coloniale come Spagna e Portogallo: prevedono requisiti severi per gli immigrati di prima generazione, che diventano meno rigidi per i loro figli.
Lussemburgo, Svezia e Finlandia appartengono al gruppo dei semi-liberali, dato che hanno una mescolanza di norme permissive in fatto di naturalizzazione, attenuate da restrizioni nei confronti delle seconde generazioni. Infine, gli Stati liberali, Gran Bretagna, Olanda e Francia, che avendo fondato imperi coloniali multietnici continuano a usare lo ius soli per fare accedere più facilmente gli ex sudditi alla cittadinanza.
Vediamo nel dettaglio.
Italia. La cittadinanza si acquista se si nasce o si è adottati da cittadini italiani. Se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi o se i genitori sono ignoti o non possono trasmettere la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato di provenienza. La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni (se extracomunitari) e sono in possesso di determinati requisiti. Lo straniero nato in Italia può diventare cittadino a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento dei 18 anni, di voler acquistare la cittadinanza.
Germania. Un bambino straniero acquisisce la cittadinanza tedesca alla nascita solo se almeno uno dei due genitori ha un permesso di soggiorno permanente, da almeno tre anni, ed entrambi i genitori risiedono in Germania da almeno otto anni. Per ottenere la naturalizzazione sono necessari otto anni di residenza stabile e legale, l’autosufficienza economica, un’adeguata conoscenza della lingua tedesca, l’accettazione dell’ordinamento sociale e giuridico dello Stato, delle condizioni di vita in Germania a cui il candidato deve conformarsi.
Francia. I bambini nati in Francia da almeno un genitore straniero, a sua volta nato nel Paese, ottengono automaticamente la cittadinanza alla nascita (cosiddetto doppio ius soli). I figli di stranieri che risiedono da almeno cinque anni possono richiedere la cittadinanza a 18 anni. Per chi è nato in Francia e vi ha risieduto abitualmente per un periodo, continuo o discontinuo, di almeno cinque anni, dall’età di 11 anni in poi, può ottenere la cittadinanza con la maggiore età. Lo straniero che sposa un cittadino francese può richiedere la cittadinanza solo dopo due anni di matrimonio.
Irlanda. Ai figli di stranieri nati entro i confini viene riconosciuta la cittadinanza se almeno uno dei due genitori è residente da almeno quattro anni.
Portogallo. Lo ius soli temperato prevede che il riconoscimento della cittadinanza ai figli di stranieri nati all’interno del territorio avvenga a condizione che i genitori firmino una dichiarazione in cui affermano di volere essere cittadini portoghesi, o a condizione che uno dei due sia residente da almeno due anni.
Spagna. Le seconde generazioni nate nel Paese acquisiscono la cittadinanza dopo un anno di residenza su richiesta.
Belgio. Il bambino diventa cittadino se almeno uno dei genitori è nato nello Stato o vi ha vissuto cinque anni degli ultimi dieci. La cittadinanza si acquisisce dopo il compimento dei 18 anni o dei 12, se i genitori sono residenti da almeno dieci.
Paesi Bassi. La cittadinanza viene conferita su richiesta solo al compimento della maggiore età, dopo aver dimostrato di risiedere ininterrottamente nel territorio almeno dall’età di quattro anni.
Gran Bretagna. Il bambino che nasce sul territorio anche da un solo genitore già in possesso della cittadinanza è automaticamente cittadino del Regno Unito. Accede alla cittadinanza il figlio di un cittadino non britannico residente nel Regno Unito a tempo indeterminato. Oppure se il genitore acquisisce la cittadinanza o un permesso di residenza, il figlio la ottiene presentando una richiesta entro il diciottesimo anno di età. Se minorenne avendo avuto residenza nel Regno Unito per i dieci anni successivi alla nascita. La naturalizzazione per residenza richiede invece un’anzianità di soggiorno continuativa di almeno cinque anni, salvo condizioni di favore per i cittadini del Commonwealth o irlandesi.