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Nella fase attuale legata alla pandemia, all'interno di un intenso dibattito sulle criticità territoriali, emerge con chiarezza come nella dimensione urbana, e in quella dei grandi centri in particolare, stiano affiorando le grandi contraddizioni di un modello di sviluppo, insediativo ma anche socio-economico, che hanno portato a una crisi degli attuali modelli urbani, con conseguenze importanti sui sistemi del vivere e dell'abitare. Vengono prodotte molte indagini in questo senso.
Alcune recenti statistiche dell'Unione Europea sul reddito e le condizioni di vita, condotte con il Fondo monetario internazionale, rilevano come in Europa nel 2018 una famiglia media in affitto ha speso circa il 25 per cento del proprio reddito per i canoni, una famiglia composta da giovani quasi un terzo, una nell’ultimo quintile di reddito il 40 per cento, soglia considerata critica nel rapporto affitto/reddito. Si prevede che la pandemia peggiorerà l'accessibilità economica degli alloggi in affitto e le tendenze alla disuguaglianza che erano già presenti prima del Covid.
Nomisma ha presentato una ricerca indagando debolezza economica, abitativa e sociale di un campione di famiglie, nonché le interrelazioni tra i tre ambiti. Si stimano 7,3 milioni di famiglie in debolezza economica, con problemi nel 2019 e nel 2020 nel far fronte alle spese per l’abitazione o in ritardo nel pagamento dell’affitto o del mutuo, mentre 1 milione di famiglie interseca tutti e tre gli stati di debolezza.
Da qualsiasi prospettiva lo si affronti, il tema che ritorna è l'esposizione sempre maggiore delle fasce più disagiate della popolazione. Un’area ampliata dalla pandemia, che ha prodotto un’ulteriore erosione dei redditi e accentuato disuguaglianze economiche e spaziali, evidenziando quanto le città possano essere diseguali, tra loro e al loro interno, e quanto sia centrale la delicata questione della casa e dell'abitare.
Un Pnrr tra luci e ombre
Le risorse del Next Generation Eu rappresentano una grande opportunità per agire sulla valorizzazione delle città. Nel testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza alcune misure vanno in questa direzione, altre risultano insufficienti. Tutte le missioni impattano sulle città, con azioni trasversali, spesso strettamente correlate. Del resto i tre assi strategici condivisi a livello europeo (digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale) trovano una grande sintesi proprio nello sforzo di rilancio dei contesti urbani, di qualsiasi dimensione. Tuttavia, si avverte qualche difficoltà nel poter valutare l’impatto delle misure, riferite a un ampio spettro di indirizzi, le cui politiche di riferimento appaiono frammentate e in alcuni casi con stanziamenti non sufficienti. Si pone l’esigenza di un forte coordinamento a livello centrale in grado di orientare la sintesi a livello locale,
Potremmo citare vari ambiti. Per attenerci al tema della casa, nella missione "Inclusione e coesione” si vuole affrontare il tema di integrare politiche e investimenti nazionali per garantire sia la disponibilità di case pubbliche e private più accessibili sia la rigenerazione urbana e territoriale, valorizzando la dimensione “sociale” di alcune politiche, anche quelle urbanistiche e abitative. Non cogliendo fino in fondo, forse, anche le ampie potenzialità di sviluppo di investimenti in alcuni settori centrali per l'economia urbana, come l’edilizia abitativa.
I limiti del Superbonus
L’anticiclicità del settore sembra venire colta soprattutto nella riqualificazione attraverso il Superbonus, incrementato dal fondo complementare, la cui estensione temporale, nonostante le previsioni della legge di bilancio attualmente in discussione, è troppo limitata per programmare interventi complessi, essere efficace in termini di azione per il clima, messa in sicurezza sismica, lotta alla povertà energetica e per creare occupazione stabile, competente e non delocalizzabile. Mancano inoltre elementi di equità legati alle fasce di reddito. Peraltro la misura è estesa anche agli Iacp senza evidenziarne la valenza sociale, anche in termini di redistribuzione di valore, che potrebbe concorrere a più vaste operazioni di rigenerazione degli ambiti urbani più degradati.
Per questi ci sono stanziamenti nel fondo complementare per la riqualificazione dell'Erp (è da poco stato pubblicato il Dpcm 15 settembre 2021 con il quale si ripartiscono le risorse, pari a due miliardi di euro), ma sarà importante che vengano superati i problemi e gli scarsi risultati di quello che da molti viene considerato l'ultimo intervento pubblico nel settore abitativo, il recupero dei 20 mila alloggi Erp, finanziato con la legge 80/2014, che non ha raggiunto i risultati auspicati. Altrettanto importante è l'utilizzo ottimale di queste risorse anche in riferimento alle nuove necessità emerse con la pandemia: lavoro, studio, cura.
Disagio abitativo a 360°
All’interno delle misure del Pnrr non viene affrontano in maniera organica il disagio abitativo, per fronteggiare il quale si fa sostanzialmente riferimento al Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare previsto dalla legge di bilancio 2020, con 2,8 miliardi di stanziamenti. Questo ha condivisibili finalità, sposta positivamente l’attenzione dalla casa all’abitare, ma è a bando unico, non si pone obiettivi numerici circa l'edilizia residenziale pubblica e sociale da realizzare e sottovaluta l’incremento dell’offerta abitativa a canoni sostenibili. Sarebbe di maggiore utilità la possibilità di bandi periodici, in modo da permettere agli enti locali una maggiore definizione delle proposte.
In definitiva, le difficoltà economiche di un numero crescente di famiglie e l’incremento degli sfratti per morosità, necessiterebbero di politiche più decise. Perché il progressivo arretramento dello spazio pubblico, che in una più generale crisi del welfare ha coinvolto pesantemente l’aspetto abitativo, ha portato a un progressivo disinvestimento nell'offerta di abitazioni sociali (la spesa sociale per la casa in Italia è tra le più basse d’Europa).
Target e obiettivi misurabili
Bisognerebbe porre dei target di riferimento e degli obiettivi numerici, come per molte altre voci del Pnrr, considerando che l'Italia si distingue tra i Paesi europei più sviluppati per essere tra quelli con la più bassa quota di edilizia pubblica; il comparto dell’edilizia sociale, attraverso il Piano casa nazionale, ha scontato una capacità realizzativa inferiore alle attese.
Anche i programmi degli ultimi anni rivolti alle città hanno affrontato più il degrado urbano che il disagio abitativo. E comunque non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati, scontando molti limiti che hanno portato a erogazioni effettive di gran lunga inferiori rispetto ai fondi previsti. È sempre mancata una strategia di fondo, e le strette tempistiche dei bandi, come per il Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare, hanno condotto a interventi che a volte si sono tradotti in una mera esecuzione di opere, pure utili, ma non in grado di incidere concretamente sulla riqualificazione degli ambiti oggetto di interventi, né sul disagio abitativo.
Coordinare gli interventi
Sarebbe necessario riaffermare una politica per la casa di ampio respiro. Città e abitare, diversamente dal Pnrr e dalla grande frammentazione di fondi tra ministeri che tratteranno temi convergenti, devono convergere verso un pensiero unitario. Oltre al Pnrr serve una politica strutturale per la casa, superando l'arco temporale del 2026. Bisogna considerare la valenza della casa come infrastruttura sociale, i servizi come leva per progetti sull’abitare, le nuove domande demografiche, i giovani, gli anziani, gli attori e i partenariati possibili. Occorre partire dai bisogni dei territori, con risposte non episodiche e frammentate.
La Cgil sostiene da tempo la riattivazione del Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu), recentemente annunciata dal ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini, come strumento (e luogo) nel quale sia possibile dettare indirizzi, programmi e iniziative. Proprio perché se il Pnrr deve essere uno strumento di definizione di progetti e politiche capaci di ridurre le disuguaglianze dentro le città e tra di esse, tutte le missioni giocano un ruolo essenziale. Parallelamente è necessario procedere alla costituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione abitativa (art. 59 Dlgs 112/998 e art. 12 legge 431/98) al fine di effettuare la raccolta dei dati e il monitoraggio, in relazione con gli osservatori e le agenzie casa locali.
Una vera politica per l’abitare
L'efficacia di una vera politica per l'abitare si misura innanzitutto con interventi sociali di sostegno al reddito: un fondo per l'affitto che abbia dotazioni adeguate e che riunisca i fondi esistenti; interventi fiscali, come cedolare secca e Imu agevolata per gli immobili locati. È tuttavia fondamentale ampliare l’offerta abitativa in affitto di edilizia residenziale pubblica e sociale, con canoni commisurati ai redditi delle famiglie, interessando prioritariamente il patrimonio esistente non utilizzato, senza ulteriore urbanizzazione: immobili pubblici che necessitano di ristrutturazione edilizia o efficientamento energetico, immobili dismissibili a titolo non oneroso ai Comuni, alloggi invenduti da riconvertire e immettere sul mercato a costi sostenibili.
Torna centrale la necessità di una politica pubblica nel settore, che colleghi gli interventi di politica abitativa a quelli di rigenerazione urbana, processo non più rinviabile nell'obiettivo di sviluppo sostenibile dei territori, decisivo anche per la ripresa, da indirizzare a migliorare sia la qualità degli ambiti sia il benessere sociale delle comunità. Sarà allora importante giungere alla definizione della legge quadro attualmente in discussione, per coordinare una materia ancora confusa, affermando e chiarendo i principi fondamentali del riuso, della rigenerazione urbana e della limitazione del consumo dello stesso, sostenendo il futuro dell’edilizia, la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola.
Tutti elementi indispensabili per accompagnare un’efficiente politica di riqualificazione e rigenerazione della città costruita. Per provare ad anticipare le grandi trasformazioni, e sostenere i bisogni, in questo caso abitativi, che devono dialogare con quelli sociali ed economici. Le politiche devono essere integrate e la governance di questo percorso è fondamentale. Serve una visione che va oltre i tempi del Pnrr, con una stagione profonda di riforme.
Laura Mariani è responsabile Ufficio Politiche abitative Cgil nazionale