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“Solo un sindacato confederale - quello di ieri e quello di oggi - può tenere unite dentro di sé le ragioni dei lavoratori della terra a quelli dell’industria, quelli pubblici e quelli privati, quelli del Sud e quelli del Nord, gli emigranti e gli immigrati, i giovani che studiano, i disoccupati, gli anziani e i pensionati. Tutto, proprio tutto, della vita centenaria del sindacato italiano sta qui, in quell’atto, in quella scelta, in quell’inizio. In quell’idea - come ci ricorda Vittorio Foa - per la quale battendosi per i propri diritti si pensa insieme sempre ai diritti degli altri”. Così Guglielmo Epifani chiudeva nel 2006 le celebrazioni per il centenario della Cgil.
“Un paese che non guardi ai giovani - diceva - è un paese che si chiude, che ha paura, che non investe sul proprio futuro. (…) Non abbiamo vissuto e speso questa storia per tornare alle disuguaglianze del tempo delle origini. Non lo vogliamo. Non lo permetteremo. Non lo possono volere tutte quelle imprese che puntano sulla qualità e sull’innovazione per reggere la competizione in un mondo reso più incerto e difficile dalla globalizzazione dei mercati. Lavoreremo - care compagne e cari compagni - perché il futuro abbia il cuore e la forza di questa storia, che è storia del paese, rinnovandola e riformandola, accettando le sfide, come sempre abbiamo fatto, quando la sfida ha avuto ed ha una posta importante. Quello che ha alimentato una ragione di vita ed una ragione di appartenenza, per tanti, attraverso le generazioni, ci servirà per il cammino che ci aspetta. Qui, oggi, a Milano, rinnoviamo lo stesso impegno di allora. Ripartiamo con un nuovo inizio, orgogliosi della nostra storia e dei valori, che ne hanno segnato il percorso e ne accompagneranno il futuro, insieme con tanti altri al nostro fianco. In questo modo la storia centenaria della Cgil e di tutto il sindacato continuerà a vivere davvero e sarà stata una storia spesa bene, per chi la volle e per il paese. Una storia che con emozione e orgoglio - non inferiore a quello che provarono i delegati di quel congresso cento anni fa - consegniamo a tutti coloro che verranno. Perché questa storia gli appartiene, perché vogliamo che il futuro comune riparta da qui”.
Nato a Roma nel 1950, primo socialista a guidare la Confederazione, Guglielmo Epifani è stato vice di Bruno Trentin e poi di Sergio Cofferati. Laureato in filosofia con una tesi su Anna Kuliscioff, ricercatore presso la cattedra di storia moderna alla facoltà di Lettere alla Sapienza, direttore dell’Esi, la casa editrice della Cgil, aveva iniziato nel 1979 la sua carriera di dirigente sindacale nella categoria dei lavoratori poligrafici e cartai. Era colto Guglielmo, colto davvero, gentile, elegante e raffinato.
“La Cgil è stata la sua casa”, diceva Epifani il giorno dei funerali di Vittorio Foa. “Se ne va uno dei grandi uomini del nostro sindacato. Dobbiamo ringraziarlo per tutto quello che ci ha dato e per il senso di libertà che ci ha lasciato. (…) si considerava, ed era, uno di noi”. Uno di noi, noi che oggi ancora una volta ci sentiamo più sperduti, più soli, increduli e sgomenti per quest’ultimo saluto che davvero non ci aspettavamo. “Lascio con la speranza che le cose possano cambiare”, ci dicevi il 16 ottobre 2010, in quella Piazza San Giovanni di Roma luogo dei nostri grandi appuntamenti, delle grandi sfide. E noi non smetteremo di lavorare perché le cose cambino davvero, Guglielmo. Lotteremo - come sempre - ma ci mancherai.
Ci mancherà la tua gentilezza, la tua educazione, la tua capacità di cucire, di mediare. Ci mancherà la tua lungimiranza. Quella lungimiranza che ti portò nel 2010 ad indicare - la prima nella storia della nostra organizzazione - una donna per la tua successione. “Facevo il ricercatore - eri solito raccontare - Poi Piero Boni, che era l’aggiunto di Lama, mi chiese di raccogliere gli scritti di Bruno Buozzi. Pubblicammo un libro, mi proposero di occuparmi della casa editrice del sindacato. A 27 anni scelsi il sindacato di cui mi ero, se si può dire, innamorato”.
Un amore ricambiato, come testimoniano i tantissimi messaggi di cordoglio ricevuti, quegli sguardi nelle nostre sedi commossi, increduli, attoniti. “Dal Circo Massimo - dicevi nell’aprile del 2009 - parte un grande messaggio di speranza, di cambiamento, per l’unità del mondo del lavoro, per non lasciare davvero indietro nessuno e per guardare davanti e sempre agli altri”. Continueremo a farlo, Guglielmo. Con la consapevolezza di servire una causa grande una causa giusta. Una causa che era - e resterà - anche la tua.