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È il 9 marzo 1973 quando a Milano Franca Rame viene rapita da cinque uomini, fatta salire a forza su un camioncino e stuprata per ore. Un piano nato negli ambienti di estrema destra, per colpire la compagna di Dario Fo, una donna che si occupa di politica, che collabora con Soccorso Rosso, che si è esposta sul caso Pinelli, una donna che parla di fascismo e Resistenza.
I colpevoli non saranno mai arrestati nonostante molti anni dopo un pentito farà i loro nomi: il reato era ormai prescritto. Nel 1975 Franca racconterà l’atroce vicenda che l’aveva vista protagonista nel monologo “Lo stupro”. All’epoca di violenza sessuale si parlava molto poco. “Processo per stupro”, il documentario che aprì il dibattito sulla criminalizzazione delle vittime nei tribunali, è del 1979.
Il film, realizzato da sei giovani registe (Loredana Rotondo, Rony Daopulo, Paola De Martis, Annabella Miscuglio, Maria Grazia Belmonti e Anna Carin) fu il primo documentario su un processo per stupro mandato in onda dalla Rai. Il documentario sarà mandato in onda per la prima volta in seconda serata il 26 aprile 1979 e sarà seguito da circa tre milioni di telespettatori; a seguito di richieste di replica, sarà ritrasmesso in prima serata nell’ottobre dello stesso anno e seguito da nove milioni di telespettatori. La parte lesa nel processo filmato era una giovane di 18 anni, Fiorella, vittima di violenza carnale da parte di quattro uomini, tra i quali un conoscente.
“La violenza c’è sempre stata - diceva nella sua arringa l’avvocato Giorgio Zeppieri - E allora, Signor Presidente, che cosa abbiamo voluto? Che cosa avete voluto? La parità dei diritti. Avete cominciato a scimmiottare l’uomo. Voi portavate la veste, perché avete voluto mettere i pantaloni? Avete cominciato con il dire 'Abbiamo parità di diritto, perché io alle 9 di sera debbo stare a casa, mentre mio marito il mio fidanzato mio cugino mio fratello mio nonno mio bisnonno vanno in giro?' Vi siete messe voi in questa situazione. E allora ognuno purtroppo raccoglie i frutti che ha seminato. Se questa ragazza si fosse stata a casa, se l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente”.
Era il 1979. È oggi, purtroppo. Il 25 novembre di due anni fa, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l’Istat ha pubblicato una serie di statistiche. Oltre ai consueti dati sulle vittime di femminicidio, l’istituto presentava i risultati dell’indagine “Gli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale”.
Secondo la rilevazione, quasi 1 persona su 4 (23,9%) ritiene (e quanto ci piacerebbe non dovere più utilizzare questo presente!) che un modo di vestire succinto possa provocare una violenza sessuale. Quasi il 40% pensa che, se una donna lo vuole davvero è in grado di sottrarsi a un rapporto non consensuale. Il 15% crede che se una donna subisce uno stupro quando è ubriaca o drogata sia in parte responsabile. Peggio: per il 10,3% della popolazione spesso le accuse di violenza sessuale sono false; per il 7,2% “di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì”, per il 6,2% le donne serie non vengono violentate.
“Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti - diceva Franca Rame - È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca. Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani”.
Era ieri. È oggi. Facciamo in modo - tutte e tutti! - che non sia domani.