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Sarà ancora Ursula von der Leyen a guidare la presidenza della Commissione europea per i prossimi cinque anni, quindi fino al 2029. Il Parlamento europeo l’ha confermata con 401 voti a favore, 284 contrari e 15 astenuti. Le schede bianche sono state 7. La maggioranza richiesta era di 360. I votanti sono stati 707. Il nuovo mandato della presidente è stato garantito dal voto di popolari, socialdemocratici, verdi e liberali. Fuori dalla maggioranza, come annunciato, i gruppi delle destre estreme e sovraniste. Ma anche la sinistra radicale. All’ultimo minuto è arrivato il no, ormai inutile, di Fratelli d’Italia.
Prima di von der Leyen solo il socialista francese Jacques Delors (1985-1995) e il popolare portoghese José Barroso (2004-2014) avevano ottenuto un doppio mandato. Insomma qui si fa la storia. Chi l’avrebbe mai detto. Il discorso programmatico tenuto al Parlamento, e le linee guida del suo prossimo mandato, pagano dazio però all’abito di Arlecchino di una maggioranza eterogenea.
Congratulazioni. E ora?
“Congratulazioni a Ursula von der Leyen perché abbiamo bisogno di una guida forte dell’Unione europea in una fase estremamente turbolenta”, commenta a caldo con Collettiva Salvatore Marra, coordinatore dell’Area internazionale Cgil: “Dal discorso che abbiamo ascoltato emerge però un grande impegno sul tema della difesa, ma pochissimo sul ruolo che l’Ue dovrebbe giocare a livello di diplomazia internazionale per provare ad attenuare la situazione di conflitto in corso”.
“Il punto forse più difficile da affrontare in questa fase - spiega il dirigente Cgil - è proprio la questione di come l’Europa si posiziona nella multipolarizzazione a livello geopolitico, cioè che ruolo vuole avere l’Europa. Non ne ha uno parlando sicuramente della crisi in Ucraina, ma anche della crisi in Medio Oriente e di tutti gli altri conflitti di cui si parla molto meno, nonché della divaricazione sempre più forte che c’è fra il mondo rappresentato dai Brics e il G7”.
“L’Europa è irrilevante - commenta Marra - dal punto di vista delle dinamiche geopolitiche in un contesto in cui né la Russia né gli Stati Uniti sono mai stati così deboli. A prescindere dal risultato delle elezioni americane, non ci sono mai stati due candidati alla presidenza Usa così fragili. La Cina sta provando a giocare il suo ruolo, ma con la Cina la Ue ha una relazione incomprensibile”.
Insomma “non basta dire che riempiremo l’Ucraina di armi”, come ha confermato Von der Leyen. “Servirebbe anche una strategia di rafforzamento della dimensione della politica estera europea. C’è l’annuncio di un commissario alla Difesa, ma in questo momento ci vorrebbe un commissario alla Pace”.
Le parole che sono piaciute…
Alcuni buoni spunti, nel suo intervento in Parlamento, Von der Leyen li ha però offerti. Ad esempio quando ha parlato di una “tabella di marcia per lavori di qualità” che “sosterrà salari equi, buone condizioni di lavoro, in particolare aumentando la copertura della contrattazione collettiva”. O una certa insistenza seppure di facciata sugli obiettivi green: “Dobbiamo garantire una transizione giusta per tutti”, “aumenteremo significativamente i nostri finanziamenti per una transizione giusta nel prossimo bilancio a lungo termine”.
Passaggi che hanno ottenuto l’approvazione della Confederazione europea dei sindacati: “Le linee guida politiche di Ursula von der Leyen presentano alcune proposte preziose per affrontare l'insicurezza economica, come l'aumento della copertura della contrattazione collettiva per garantire che più lavoratori guadagnino un salario su cui si possa costruire una vita, garantendo transizioni giuste e un'azione senza precedenti dell'Ue per l'edilizia abitativa accessibile”. Parole di Esther Lynch, segretaria generale Ces, che aggiunge: “Ora devono seguire impegni legislativi. Le parole non bastano e i lavoratori hanno bisogno di azioni concrete e vincolanti”.
…e la realtà dei fatti
In casa Cgil non si percepisce un particolare entusiasmo. Del resto - ci spiega ancora Marra - il nuovo “Parlamento è più a destra, lo stesso Partito Popolare si è spostato a destra negli ultimi cinque anni. Per non parlare dei gruppi sovranisti e di estrema destra. Tutti questi partiti hanno posizioni sull'economia, sulla guerra e sul sociale che sono spostate più a destra. Von der Leyen non poteva fare altro che un discorso coerente con questo assetto, da molti punti di vista”.
Sull’ambiente, poi, “la verità è che sulla transizione climatica le posizioni dei Verdi e quelle di buona parte del Partito Popolare sono inconciliabili. Quindi ci si muoverà ancora una volta mediando sul filo del rasoio, come abbiamo visto negli ultimi anni, con decisioni che non sono vere decisioni”.
Un Parlamento diviso
“Il Parlamento - spiega Marra - è sicuramente più diviso e paralizzato perché ospita posizioni polarizzate. Inoltre, sappiamo che il Parlamento europeo non vota una fiducia vera e propria, nel senso che la maggioranza si costruisce su ogni dossier. Anche i partiti che oggi non hanno votato la fiducia potrebbero domani decidere di sostenere o non sostenere un provvedimento piuttosto che un altro. Quindi, la maggioranza andrà costruita sui singoli provvedimenti”.
Ma per la Cgil il punto di fondo è questo: “Temiamo che queste istituzioni non siano in grado di effettuare le riforme necessarie, a partire da quelle istituzionali. Tutte le decisioni prese nella Conferenza sul futuro dell'Europa, per esempio, in quanto riforme dell'architettura istituzionale dell'Ue, verranno portate a termine? Non credo, perché ci sono posizioni molto divergenti. E la stessa governance verrà rimessa in discussione”.
Il peso insostenibile dell’ipocrisia
Marra è convinto che la Ces abbia “fatto bene a sostenere che tutte le direttive sociali approvate negli ultimi quattro anni devono essere implementate. Il ruolo dell’Unione europea deve essere quello di scrutinare la corretta attuazione a livello nazionale di queste direttive, il che porterebbe a grandi risultati”.
Insomma occorre proseguire con l’impegno sociale. “Ma la domanda di fondo che continuiamo a porci è: in un periodo in cui abbiamo deciso regole più stringenti sulla governance europea e tagli significativi, anche se diluiti in sette anni, e con la richiesta sempre più pressante di raggiungere il 2% della spesa militare dei Paesi membri, dove si trovano le risorse per fare tutto ciò? E dove si trovano le risorse anche per la transizione ecologica? Quello che stiamo vedendo è che tutto ciò che viene sottratto per gli investimenti militari viene preso dalla spesa corrente, dagli investimenti nei servizi pubblici. Quindi questo discorso è ipocrita. È tanto ipocrita quanto chi grida alla pace e poi investe nel militare”.
E l’Italia? Isolata e irrilevante
Chiudiamo con il tira e molla di Giorgia. Voto sì, voto no? Alla fine fu no. Un voto contrario, quello di Fratelli d'Italia, che per Marra “è un elemento di chiarezza e coerenza. Credo che sia stato opportuno e me l’aspettavo che Fratelli d’Italia non sostenesse von der Leyen, soprattutto per le posizioni sull’immigrazione”. Ma per il coordinatore Esteri della Cgil il tema davvero preoccupante è “il totale isolamento e l’irrilevanza della nostra presidente del Consiglio e del governo italiano nelle dinamiche europee e internazionali. Non contiamo nulla nel Parlamento europeo, abbiamo un ruolo totalmente irrilevante nella Commissione. Avremo probabilmente un commissario con una delega, ma non un vicepresidente esecutivo. Un Paese come l’Italia dovrebbe svolgere un ruolo di rilievo; ricordiamo che abbiamo appena avuto il presidente del Parlamento Europeo. Ora, invece, non avremo nessuna figura apicale. E, cosa più grave, non conteremo nulla all’interno delle dinamiche parlamentari come governo”.
Questo - conclude Marra - “è vero anche a livello internazionale. L’Italia sta conducendo il G7 per inerzia, senza prendere nessuna decisione vera. Tutte le questioni sono state rinviate all’anno prossimo o alla prossima occasione, senza alcuna decisione concreta”.