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Nei disordini che sabato sera hanno sconvolto Roma, nulla è stato lasciato al caso. Una manifestazione No Green pass, espressione di un malcontento generalizzato che esiste al di là dei conflitti politici, si è trasformata in una guerriglia guidata da gruppi d’estrema destra. A puntare l’ariete sul portone della Cgil sono stati alcuni dei maggiori leader di Forza nuova e dell’ex Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), l’organizzazione terroristica d’ispirazione neofascista attiva tra gli anni Settanta e Ottanta. Non ci sono dubbi: la matrice dell’assalto è inequivocabilmente neofascista.
In casi come questo, non si può minimizzare arrendendoci a una banale considerazione sulla crescita dei neofascismi in Europa: basta una lettura transnazionale degli eventi per mettere a fuoco la portata del gesto. Certo, il risveglio degli estremismi e la strumentalizzazione della violenza è storia viva, ma non è l’unica parte della storia. Sappiamo già che c’è un sottobosco di estremisti che stringe le fila nei buchi di malcontento popolare e nell’inadeguatezza della classe politica; ma la vera notizia è che ciò che abbiamo sempre distrattamente liquidato come manifestazioni erratiche e distratte di ideologie estreme, era invece parte di un preciso schema di sovversione per la conquista di una legittimazione popolare.
Oggi l’estrema destra ricorre a tecniche entriste (un vecchio metodo trockista, qui stravolto ideologicamente) per infiltrarsi negli ambienti di lavoro, nelle istituzioni e nei gruppi politici di tutta Europa; una strategia che, secondo l’esperto di sociologia culturale John Tomlinson, ha lo scopo di sfruttare scismi e divisioni, così da aumentare i propri sostenitori e snaturare i valori e le politiche dell’organizzazione ospite. È il revanchismo dell’estrema destra, un attacco alla democrazia che procede indisturbato da molto tempo.
C’è un collegamento tra i tentativi di infiltrazione di estremisti negli apparati istituzionali di tutta Europa e l’assalto alla sede della Cgil di sabato scorso. Ne è convinta Esther Lynch, il vicesegretario generale della Ces, che spiega a Collettiva come gli attacchi di sabato scorso aderiscano perfettamente a uno schema già evidente in Europa: “Da tempo abbiamo notato l’avanzamento di un gruppo estremamente coordinato che tenta di infiltrarsi tra lavoratori e organizzazioni sindacali per ribaltarne i valori. Laddove questa strategia non funzioni, usano attacchi di forza, come quello alla sede della Cgil. Che la strategia sia l’una o l’altra, in tempi e modalità diverse, la caratteristica comune è sempre un’azione estremamente coordinata”.
Accade così anche negli ambienti dei metalmeccanici d’Europa, dove l’allerta è già stata lanciata: quando nel Regno Unito e nei consigli di fabbrica tedeschi si è cominciato a notare la proliferazione di sindacati fascisti che interferivano con altre rappresentanze sindacali, si è sentita l’esigenza di intervenire. Sulla spinta dei sindacati tedeschi e inglesi, viene lanciato il progetto dell’Unione Europea More democracy – no discrimination and racism at the workplace, che indaga proprio il tema della democrazia nei luoghi di lavoro in Germania, Polonia, Ungheria, Italia, Belgio e Francia.
Monica Ceremigna, responsabile della progettazione europea presso l’area politiche europee e internazionali Cgil, chiarisce come il caso tedesco rientri in quello schema ben consolidato di appropriazione del ruolo del sindacato e sovversione dei suoi valori: “Alternative für Deutschland (AfD) - partito tedesco di estrema destra, ndr - era apertamente diffidente nei confronti del sindacato. Poi, pur mantenendo atteggiamenti tipici e stereotipati degli ambienti di estrema destra - come la critica alla multiculturalità negli ambienti di lavoro - ha iniziato a comportarsi esattamente come si comporta il sindacato”.
Così l’estremismo indossa i panni sindacali invertendone i punti cardinali e promuovendo esclusione e diseguaglianza istituzionalizzate all’interno degli ambienti di lavoro. Anche per questo il 10 novembre, durante la Conferenza di metà mandato della Ces che si terrà a Lisbona, il contrasto agli estremismi sarà il primo punto in agenda: “L’urgenza dell’attacco necessita una risposta coordinata e unanime”, spiega ancora Lynch, aggiungendo che lo scopo della conferenza è proprio quello di preparare i sindacati a una controffensiva.
Al contrario delle grandi manifestazioni di violenza, le storie legate all’entrismo arrivano difficilmente in prima pagina. Eppure, l’Europa sta assistendo a una chiara interferenza con il proprio sistema di valori sociali e democratici: ce lo raccontano la crescita dei movimenti di destra in tutto il continente, le derive autoritarie in Polonia e Ungheria o i piani di costruzione di muraglie ai confini d’Europa contro invasori impotenti e senz’armi. La vera interpretazione di queste fenomenologie d’odio non è scollegata agli effetti delle tecniche di infiltrazione dell’estrema destra: un allargamento graduale nei limiti di accettazione comune verso sistemi di pensiero estremisti. È il danno e la forza dell’abitudine: l’arrendevole adattamento a qualsiasi nuova realtà, anche se vuol dire la normalizzazione di narrative razziste e d’esclusione.