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La Commissione Europea deve “adottare provvedimenti per vietare il commercio e le attività economiche tra l'Ue e gli insediamenti illegali di Israele nei Territorio palestinese occupato (Tpo), compresa Gerusalemme Est”. È quanto chiedono oltre 160 associazioni sindacali e della società civile internazionali, tra cui la Cgil, in una lettera alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Farlo “è essenziale - spiegano le associazioni nella lettera - affinché l’Ue e i suoi Stati membri rispettino i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale”.
Il parere della Corte internazionale
La lettera ricorda il “parere consultivo di portata storica” emesso dalla Corte internazionale di giustizia il 19 luglio 2024, dove si chiarisce che tutti gli Stati hanno “l'obbligo” di “astenersi dall'intraprendere rapporti economici o commerciali con Israele riguardanti i Territori occupati o parte di essi che possano rafforzare la sua presenza illegale nel territorio”, e di “adottare misure per impedire relazioni commerciali o di investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele”.
Un commercio che viola il diritto internazionale
Per le associazioni firmatarie della lettera inviata alla presidente della Commissione europea, “l'attuale politica dell'Ue, che distingue tra beni prodotti in Israele e quelli prodotti negli insediamenti, non rispetta tali obblighi. Sebbene questa distinzione neghi condizioni commerciali preferenziali per i beni degli insediamenti, consente comunque l'ingresso di tali beni nel mercato dell'Ue. Ciò viola gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario e delineati dalla Corte di giustizia internazionale”.
Aggiungono le associazioni: “Commerciando con gli insediamenti illegali, l'Ue, i suoi Stati membri e le imprese europee non solo violano i propri obblighi legali, ma contribuiscono anche alle sistemiche, gravi violazioni dei diritti umani e delle altre norme del diritto internazionale che sono alla base degli insediamenti”.
Nella lettera si rammenta che “gli Stati membri dell'Ue hanno ripetutamente rilasciato dichiarazioni unanimi condannando gli insediamenti israeliani come illegali ai sensi del diritto internazionale e come un ostacolo significativo al raggiungimento di una soluzione a due Stati”.
Le associazioni segnalano le “violenze diffuse da parte di coloni sostenuti dallo Stato e delle forze israeliane”. Abusi “ritenuti così gravi dagli Stati membri dell'Ue da spingerli, nonostante le loro profonde divisioni, ad adottare sanzioni mirate nei confronti di un numero limitato di coloni e di entità affiliate agli insediamenti”, si legge nella lettera.
“Tuttavia - prosegue la missiva -, nonostante il consenso tra gli Stati membri sulla natura illegale degli insediamenti e sul loro legame con gravi abusi, l'Ue continua a commerciare e consentire affari con essi”.
Le richieste delle associazioni
Le associazioni e i sindacati firmatari chiedono quindi alla Commissione di “introdurre legislazione per vietare il commercio con e gli investimenti negli insediamenti”, ossia di “proporre atti legislativi che vietino gli investimenti e le importazioni ed esportazioni di beni e servizi da e verso gli insediamenti illegali di Israele nei Territorio palestinese occupato”. In attesa della legislazione, la lettera invita la Commissione a “pubblicare un avviso alle imprese rafforzato”, un “documento che scoraggi le imprese europee dallo svolgere attività che beneficiano gli insediamenti israeliani”.