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Per il Recovery fund e il piano europeo per la ripresa, il cosiddetto Next Generation Eu, c’è un nuovo appuntamento in calendario. Il 17 e 18 luglio si terrà, a Bruxelles, un vertice straordinario su un progetto che, se non fallirà, porrà le basi per una Unione dei bilanci e stabilirà politiche fiscali comuni che rilancino l’Europa dopo il collasso economico scatenato dal coronavirus. La data è stata comunicata dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante un colloquio con i capigruppo del Parlamento europeo. Si tratterà del primo vertice in presenza dopo il lockdown - ha reso noto il portavoce di Charles Michel, presidente del Consiglio europeo - e affronterà, insieme al pacchetto per la ripresa, il Multiannual financial framework (Mmf), ossia il bilancio di lungo termine (sette anni) della Ue.
Ma non c’è tempo da perdere. Pochi giorni fa, alla vigilia del Consiglio europeo del 19 giugno, la Confederazione sindacale europea (Ces) ha ricordato che in tutta l’Ue a 27 sono in gioco oltre 42 milioni di posti di lavoro. La stima, ricavata da un Rapporto congiunto Etui/Wsi (istituti di ricerca europeo e tedesco), risale alla fine di aprile e indica i lavoratori al momento in cassa integrazione o coperti da ammortizzatori sociali analoghi. Si tratta di circa un quarto della forza lavoro complessiva della Ue. Ma - avvertono i ricercatori - “includendo Gran Bretagna e Svizzera, il numero di persone in cassa integrazione sale a più di 50 milioni”.
Inoltre, in un solo mese (dati Eurostat di aprile), l’Europa ha “creato” 400 mila nuovi disoccupati (per la precisione, 397 mila nella Ue, e 211 mila nell’eurozona). Quattordici milioni di uomini e donne sono senza lavoro. Quasi tre milioni di loro sono giovani under 25.
Alla luce di questi numeri, “i leader europei hanno la responsabilità di salvare il maggior numero possibile di posti di lavoro adottando il piano di ripresa da 750 miliardi proposto dalla Commissione europea”: questo l’appello della Ces, che vale a maggior ragione adesso che un vertice straordinario è stato fissato. “Il piano europeo per la ripresa può ristabilire finalmente quella fiducia nell'Europa che i cittadini hanno perso durante l'ultima crisi, e può fare davvero la differenza per la vita di quei lavoratori che ne hanno più bisogno”, ha dichiarato Luca Visentini, segretario generale della Ces. “Ma - ha aggiunto - il sostegno non serve a nulla se esiste solo sulla carta. Il denaro deve raggiungere i lavoratori e le aziende in tempo”. Si tratta insomma, per la Ces e per tutto il movimento sindacale europeo, di “porre fine alle discussioni” e di varare un piano che è - conclude Visentini - “l'unico modo per garantire che l'Europa emerga più giusta, più verde e unita dopo questi tempi difficili”.
Le cifre ipotizzate dal Recovery fund della Commissione - ricordiamo - mobilitano 750 miliardi di euro, 500 miliardi a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti da restituire. All’Italia sarebbero destinati 172,7 miliardi di euro, oltre 81 versati come aiuti e quasi 91 come prestiti. Per finanziare il Fondo la Commissione ha proposto una leva fiscale così ripartita: tasse su plastica e emissioni, sui ricavi di multinazionali e colossi del web. Inoltre si vorrebbe innalzare temporaneamente il tetto delle risorse proprie del bilancio comune al 2% del Pil europeo, cercando finanziamenti sui mercati. Il debito emesso dovrebbe essere rimborsato tra il 2028 e il 2058, attraverso il bilancio comune a partire dal 2027. I 750 miliardi di euro del Fondo si aggiungeranno ai 1.100 miliardi di bilancio pluriennale Ue e ai 540 miliardi delle misure già approvate in sede europea all’inizio della crisi.
Nell’Europa eternamente divisa tra “frugali” e “bisognosi”, tra Stati contrari a misure di solidarietà e Stati, come l’Italia, che ne hanno estrema necessità, entra in campo un altro fattore chiave: il vertice di luglio e gli altri che seguiranno si terranno nel semestre europeo di Berlino, ossia sotto la presidenza tedesca della Ue. Un momento irripetibile, per tante ragioni elencate anche sopra: la Cancelliera Angela Merkel potrebbe sfruttarlo per rilanciare l’Europa nel segno della solidarietà e per consacrarsi alla storia come statista di raro livello. La scommessa è quella di ricostruire dalle ceneri del Covid-19 un’Europa che sappia redistribuire risorse tra Paesi ricchi e poveri. Ma la partita ancora tutta da giocare riguarda le condizioni che gli Stati membri dovranno soddisfare per accedere alle risorse. Nelle Raccomandazioni per l’Italia, la Commissione indica, tra le altre cose, un piano di rientro da deficit e debito (passata la tempesta della pandemia), un nuovo sistema di protezione sociale per i lavoratori precari e atipici, e una riforma dei rapporti tra Stato centrale e Regioni.