Meno vite di uomini, donne e bambini salvate. È questa la conseguenza diretta e immediata delle politiche del governo Meloni, in particolare il decreto Piantedosi e la pratica di assegnazione di porti lontani. La denuncia è di Sos Mediterranee, ong che dal 2016 ha soccorso nel Mediterraneo 41.381 persone e che ha presentato un report proprio sugli effetti delle normative recenti: meno risorse per il soccorso, prolungamento delle sofferenze per i naufraghi e aumento dei costi di gestione delle operazioni in mare.

Valeria Taurino, presidente di Sos Mediterranee e l’avvocata della Ong Francesca Cancellaro spiegano come le politiche del governo Meloni, il decreto Piantedosi e la pratica dei porti lontani, ostacolano il soccorso e il salvataggio delle persone in mare

Navi tenute lontane

I calcoli sono precisi. Dal 2022 al 2024, le navi delle organizzazioni non governative attive nel Mediterraneo sono state tenute lontane dalle zone di salvataggio per 735 giorni. E per raggiungere porti di sbarco, distanti fino a quattro giorni di navigazione dalla propria posizione, hanno dovuto percorrere 135 mila chilometri in più. In pratica, tre volte e mezzo il giro del mondo.

1,3 milioni di euro in più

Il tutto accade regolarmente in violazione del diritto marittimo internazionale, che impone di portare le persone in un luogo di sicurezza non appena sia ragionevolmente possibile e con “la minima deviazione dal viaggio della nave”. Il costo di tutto questo? La Ocean Viking di Sos Mediterranee ha speso 1,3 milioni di euro in più solo di carburante tra il 2022 e il 2024, per 171 giorni di navigazione aggiuntivi e oltre 63 mila chilometri.

Fermi amministrativi

“Dall'introduzione del decreto Piantedosi sono stati emessi 26 provvedimenti di fermo amministrativo nei confronti delle unità di soccorso marittimo delle ong, che hanno interessato dieci navi - afferma a Collettiva la direttrice di Sos Mediterranee Valeria Taurino -. In totale, dal gennaio 2023, sono stati imposti 640 giorni di detenzione alle navi, di cui 535 giorni sono stati effettivamente scontati. Si tratta di quasi un anno e mezzo. Pensate a quante operazioni di salvataggio avremmo potuto realizzare in questo tempo e con i fondi spesi in più per il carburante”.

Secondo i dati del progetto Missing Migrants dell’Oim, organizzazione internazionale per le migrazioni, i due anni di applicazione del decreto Piantedosi hanno un tragico bilancio: 4.225 persone morte nel Mediterraneo Centrale.

Una strategia che viene da lontano

Quello che sta accadendo nel Mediterraneo, d’altra parte, è frutto di una strategia precisa che è iniziata ben prima del governo Meloni: gli accordi vergognosi con Paesi terzi come Libia e Tunisia per bloccare le migrazioni ed esternalizzare le frontiere, la politica degli attacchi e delle criminalizzazioni contro gli attori della società civile impegnati nei soccorsi, il generale il rafforzamento delle misure di sicurezza per dare priorità al controllo dei confini piuttosto che alla tutela della vita.

Ricorsi e richieste

Contro i fermi amministrativi vanno avanti i ricorsi, “che stanno andando bene dal punto di vista del risultato - ci spiega Francesca Cancellaro, avvocata di Sos Mediterranee -, con pronunce chiare di sospensione o anche annullamento. Questi provvedimenti però continuano a colpire le ong e in qualche modo le pongono sempre a rischio di conseguenze dure, da ultima la confisca dell’imbarcazione, cosa che potrebbe portare all’interruzione definitiva dell’attività dell’organizzazione”.

Nel report Sos Mediterranee fa richieste precise: riconoscere e rispettare l’obbligo giuridico di soccorrere chiunque si trovi in pericolo in mare, conformemente al diritto internazionale; revocare il decreto Piantedosi 1/2023 e il cosiddetto decreto flussi 145/2024, eliminando le restrizioni che ostacolano le operazioni di soccorso e la possibilità di sbarco in porti sicuri; rispettare le regole delineate nelle principali convenzioni e linee guida marittime quando si tratta di assegnare un porto di sbarco.