“Noi abbiamo bisogno che l’Europa torni alla lezione del Covid, trovando risposte comuni e investendo in maniera condivisa. È necessario investire non solo per salvaguardare l’Industria, ma per svilupparla ulteriormente”. Così Valentina Orazzini, responsabile dell’Ufficio Europa per la Fiom Cgil nazionale, commentando la manifestazione che si tiene oggi (mercoledì 5 febbraio) a Bruxelles, davanti la sede del Consiglio europeo, organizzata dal sindacato continentale IndustriAll.

Cosa dovrebbe fare l’Europa per garantire la giusta transizione industriale ed evitare la deindustrializzazione che è già in atto?

La manifestazione che abbiamo indetto a Bruxelles è un momento importante, al quale abbiamo lavorato, che vede unito tutto il sindacato dell’industria europeo sia dalla preoccupazione della mancanza d’azione della Commissione europea sia dalla volontà del sindacato di far sì che l’Industria non rappresenti solo un pilastro del vecchio continente, ma sia una realtà nel futuro europeo. L’Europa, se vuole sopravvivere dentro uno scontro geopolitico e di guerre commerciali, non può pensare di difendere l’industria a colpi di dazi e controdazi ed erigendo barriere. Lo scontro è sul potere innovativo e la realtà ci dice che l’Europa, che trainava, sta arretrando.

È evidente la necessità di forti investimenti pubblici nell’industria. A quali misure pensate?

Gli investimenti intanto devono essere europei, affinché nello scontro interno all’Unione non passi nuovamente il fatto, come per la crisi energetica, che investe e innova solo chi ha lo spazio fiscale per farlo, lasciando indietro gli altri Paesi. Serve un modello come quello affermato con il Next Generation Eu, servono la pianificazione condivisa degli investimenti, l’introduzione di una moratoria sui licenziamenti e quindi la creazione di un nuovo fondo Sure che protegga l’occupazione durante la transizione, per far sì che si possa mantenere la capacità produttiva installata durante la transizione. Serve, inoltre, un intervento straordinario per la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori.

Quali sono i settori in cui è più urgente intervenire?

Il tema delle transizioni attraversa tutti i settori dell’industria nel suo complesso. È però evidente - ed è sul tavolo di von der Leyen e anche per questo saremo in piazza il 5 febbraio - che l’automotive sia uno dei settori più esposti, che attende misure, conferme dei piani di transizione e investimenti, socialmente condizionati. Altrettanto evidente è l’impatto della crisi del costo dell’energia, cui bisogna dare risposte e misure coordinate. La siderurgia, tra i settori impattati, è cruciale se vogliamo supportare la crescita dell’industria europea: non esistono cantieristica navale, pale eoliche, auto, elettrodomestici se non produciamo acciaio e se non c’è in Europa un’autonomia strategica che vada dai metalli di base ai componenti strategici come i chip.

I dati Inps divulgati a fine gennaio segnalano il netto aumento nel 2024, rispetto al 2023, sia della cassa integrazione (+20%) sia delle domande di disoccupazione (+6,1%). Quali misure dovrebbero prendere i governi italiano ed europeo per invertire questa tendenza?

È importante ribadire che non abbiamo solo ed esclusivamente bisogno di invertire il trend, abbiamo la necessità di sviluppare impiego di qualità, e per qualità intendiamo occupazione stabile e ben retribuita. Questo è un compito in primis tutto italiano, dove da decenni ci spiegano che precarizzare il mondo del lavoro serve ad attrarre investimenti, mentre invece è servito solo a perdere competenze e rendere ricattabili le lavoratrici e i lavoratori nella messa in concorrenza costante sul piano nazionale, europeo e internazionale, dove sembra che ogni stabilimento sia in guerra con quello accanto per mantenere l’occupazione. Noi crediamo che la competizione, soprattutto sul piano internazionale, la si faccia sulla capacità di innovazione, e su quella i privati da soli non bastano.

Cosa serve, allora?

Occorrono programmazione e chiarezza sugli investimenti e servono investimenti pubblici condizionati al mantenimento dell’occupazione. Mentre rivendichiamo un fondo straordinario per gli investimenti su modello del Pnrr, siamo chiari sul fatto che, ad esempio, la transizione strategica del settore automotive non può essere affrontata se si tagliano i già inadeguati fondi per la transizione del settore. Chiediamo altresì che venga rifinanziato il fondo Sure per sostenere l’occupazione, nello stesso tempo è evidente che sul piano nazionale non sia più rinviabile la riforma degli ammortizzatori sociali per garantire l’occupazione accompagnata da strumenti utili per la formazione, il blocco dei licenziamenti e la valorizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori che devono essere messi al centro dell’industria.