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Dal 9 dicembre, i Paesi Bassi riattiveranno i controlli alle frontiere interne, una misura temporanea di sei mesi mirata a contenere i flussi migratori. Il governo olandese, che ha più volte espresso la volontà di limitare l'ingresso di migranti, sospenderà temporaneamente l'adesione al trattato di Schengen, rinunciando così alla libera circolazione tra i Paesi dell'Unione europea. L'annuncio ufficiale è stato dato lo scorso 11 novembre dalla ministra per l’Asilo e la Migrazione, Marjolein Faber. “La Commissione europea resterà in stretto contatto con le autorità nazionali”, ha dichiarato una portavoce della Commissione Ue durante un briefing a Bruxelles. Il provvedimento, salvo ulteriori proroghe, resterà in vigore fino all’8 giugno 2025.
Schengen a doppia mandata
La svolta olandese era in qualche modo prevedibile sin dalla vittoria, lo scorso novembre, dell’ultradestra sovranista di Geert Wilders che, tra l’altro, intende dichiarare "sicura" una porzione della Siria, principale paese di origine dei migranti in arrivo. "L’obiettivo è rendere i Paesi Bassi una destinazione meno attrattiva per i migranti," ha affermato la ministra Faber. Ma l’Olanda non è la sola. In un clima di tensioni interne, sempre più Paesi scelgono di sospendere temporaneamente Schengen. La Germania ha reintrodotto i controlli a settembre, dopo una serie di attacchi terroristici, e la Francia mantiene un controllo serrato sui confini dalle Olimpiadi di Parigi. Anche la Norvegia, che pur non essendo membro Ud aderisce a Schengen, ha recentemente prorogato la sospensione della libera circolazione fino al 1° dicembre.
In un clima come questo questo, la società civile europea si muove in direzione opposta. Oltre 50 organizzazioni umanitarie e per i diritti umani internazionali chiedono infatti all’Unione europea di difendere il diritto d’asilo e garantire che le sue politiche di migrazione siano rispettose dei diritti umani. In un appello rivolto agli Stati membri e alla Commissione Europea, le organizzazioni esprimono preoccupazione per le recenti decisioni volte a limitare gli arrivi di persone in cerca di protezione internazionale. I firmatari ci sono, tra i quali ci sono Cgil nazionale, ActionAid International, Amnesty International, Caritas Europa, Human Rights Watch e Solidar, avanzano 10 proposte decisamente alternative alle politiche che l’Ue sta introducendo sulla migrazione.
Un sistema sbagliato
“Al vertice europeo sulle migrazioni del 17 ottobre scorso, i leader Ue hanno rilanciato piani per prevenire l’arrivo di migranti, accelerare i rimpatri forzati e collaborare con paesi terzi per esternalizzare la gestione dei richiedenti asilo”, si legge nel testo dell'appello. Questi temi, tra l'altro, sono stati ripresi anche nelle audizioni dei nuovi Commissari per il Mediterraneo e per la migrazione, che hanno aperto a soluzioni di “offshoring”, ossia la gestione delle richieste d’asilo fuori dai confini europei. Esperimento già messo in atto, con risultati disastrosi dall'Italia in Albania. Come dimostrano le battaglie legali sorte nel nostro Paese, queste strategie rischiano però di violare la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e gli obblighi internazionali, compromettendo anni di lavoro sulla riforma del sistema d’asilo europeo.
La Cgil e le ong internazionali denunciano infatti un modello di “contenimento”, dove l’obiettivo primario sembra essere quello di ridurre gli arrivi alle frontiere, invece di garantire un sistema di accoglienza adeguato. Il nuovo Patto su migrazione e asilo, nato per armonizzare le politiche sul tema, riafferma il diritto di richiedere protezione in Europa ma “introduce anche una serie di barriere, come le procedure obbligatorie alle frontiere e i rimpatri più rapidi, che rischiano di limitare l’accesso reale all’asilo”. L’esternalizzazione delle procedure, inoltre, è stata più volte criticata, dato che esperienze simili in altri Paesi hanno portato a detenzioni arbitrarie e violazioni dei diritti umani, con costi elevati per i contribuenti e un impatto negativo sull’immagine dell’Unione.
Dieci proposte
Le associazioni hanno poi delineato una serie di proposte per orientare le politiche migratorie dell’Unione europea verso una gestione sostenibile e rispettosa dei diritti umani. In primo luogo, invitano gli Stati membri a rispettare il diritto d’asilo, applicando il Patto in modo coerente con i principi dei diritti umani e in collaborazione con la società civile. È essenziale, poi, che la detenzione di richiedenti asilo e migranti non diventi una pratica comune: dovrebbe essere solo una misura eccezionale e limitata nel tempo.
Altro aspetto cruciale riguarda il monitoraggio delle violazioni ai confini dell’Ue: le ong e la Cgil chiedono un controllo indipendente e severo per prevenire abusi e respingimenti illegali. Suggeriscono inoltre di creare vie di soggiorno alternative, come permessi di protezione umanitaria o sanitaria, per coloro che, pur non avendo diritto all’asilo, necessitano comunque di tutela.
Per le Ong, è fondamentale anche rispettare il principio di non-refoulement, ossia il divieto di respingimento: l’accesso all’asilo deve essere garantito anche a chi arriva senza autorizzazione. A questo si aggiunge l’esigenza di potenziare le operazioni di ricerca e soccorso in mare, ponendo fine alla criminalizzazione delle ong che operano per salvare vite in pericolo.
Paesi terzi
Sul fronte delle collaborazioni con Paesi terzi, si chiede che queste non si limitino a trattenere i migranti, ma mirino a creare percorsi sicuri e a supportare le capacità di accoglienza dei Paesi lungo le rotte migratorie. È inoltre fondamentale ampliare i canali legali di ingresso in Europa, come i programmi di ricongiungimento familiare e i visti umanitari, senza che questi diventino un pretesto per restringere l’accesso all’asilo.
Ogni accordo con Paesi terzi, suggeriscono le ong, dovrebbe essere preceduto da una valutazione d’impatto sui diritti umani: laddove emergano violazioni, i finanziamenti dovrebbero essere sospesi. Infine, chiedono una maggiore trasparenza negli accordi migratori e un monitoraggio indipendente, con il coinvolgimento della società civile per garantire una supervisione effettiva.
L’appello delle ong si conclude con un monito chiaro: il diritto d’asilo non può essere ridotto a una concessione o a un’opzione. L’Europa ha il dovere di offrire un rifugio sicuro a chi fugge da guerre, persecuzioni e violenze.