I lavoratori migranti rappresentano una componente cruciale del mercato del lavoro mondiale, sostengono l'economia globale attraverso la loro presenza nei settori chiave e la risposta alla crescente domanda di manodopera. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), che fa riferimento ai dati relativi all'anno 2022 ed è stato diffuso il 16 dicembre.

Nel 2022, i migranti internazionali, si legge nel Report, costituivano il 4,7% della forza lavoro mondiale, con la maggioranza impiegata nei Paesi ad alto reddito e in ambiti essenziali come i servizi e l’assistenza alla persona.

Una forza globale

167,7 milioni di migranti fanno parte della forza lavoro nei Paesi di destinazione. Di questi, 102,7 milioni sono uomini e 64,9 milioni donne. Rispetto al 2013, si registra un aumento di oltre 30 milioni di lavoratori migranti, un trend significativo che ha visto il suo picco tra il 2013 e il 2019.

I lavoratori migranti si concentrano soprattutto nei Paesi con un reddito alto, che ospitano il 68,4% del totale. A seguire i Paesi a reddito medio-alto con il 17,4%. Le regioni con il maggior numero di migranti nella forza lavoro includono l’Europa settentrionale, meridionale e occidentale, l’America settentrionale e gli Stati arabi.

Sfide e disuguaglianze

Nonostante il loro contributo essenziale, secondo l'Oil, i lavoratori migranti affrontano ostacoli piuttosto difficili da superare. Nel 2022, 12,1 milioni risultavano disoccupati, con un tasso del 7,2%, nettamente superiore a quello dei non migranti (5,2%). La disparità appare ancora più evidente tra le donne migranti, che registrano un tasso di disoccupazione dell’8,7%, contro il 6,2% degli uomini.

Queste difficoltà derivano, secondo l'analisi dell’Organizzazione internazionale del lavoro, da una combinazione di barriere linguistiche, qualifiche non riconosciute, discriminazione e limitata disponibilità di servizi di supporto, come l’assistenza all’infanzia. Inoltre, le aspettative di genere spesso limitano le opportunità per le donne migranti, specialmente nei settori dove il lavoro femminile è tradizionalmente meno valorizzato.

La centralità nei servizi e nella cura

Oltre due terzi (68,4%) dei migranti lavorano nel settore dei servizi, un dato che sottolinea la crescente domanda globale di lavoro domestico e di assistenza alla persona. Questa dinamica si riflette in modo particolare nel ruolo delle donne migranti: il 28,8% è impiegato nell’economia della cura, una percentuale significativamente più alta rispetto alle donne non migranti (19,2%).

Anche gli uomini migranti, sebbene in misura minore, sono più frequentemente impiegati in questo settore rispetto ai non migranti. Questo dimostra quanto i lavoratori stranieri siano essenziali per il funzionamento di un sistema economico che richiede sempre più competenze nei servizi alla persona e nella cura.
 

Rispondere alle esigenze

L’Oil evidenzia quindi la necessità di politiche mirate per affrontare le sfide dei lavoratori migranti e garantire loro opportunità di lavoro dignitose. "Sono persone indispensabili per rispondere alla carenza di manodopera globale e contribuire alla crescita economica -, ha dichiarato il direttore generale dell’Oil, Gilbert F. Houngbo -. Garantire i loro diritti e il loro accesso al lavoro dignitoso non è solo un imperativo morale, ma anche una necessità economica".

Con un ruolo predominante nei settori ad alta domanda, infatti “il lavoro migrante non è solo una risposta alla carenza di manodopera, ma un pilastro per lo sviluppo sostenibile e per la costruzione di mercati del lavoro più inclusivi”. Per questo, conclude l'Oil, è necessario “adottare politiche che valorizzino questa forza lavoro significa investire nel futuro dell’economia globale”.