PHOTO
I migranti morti nel percorrere le rotte terrestri attraverso l’Africa potrebbero essere il doppio di coloro che muoiono in mare e il 90% delle donne ha subito violenza sessuale, ma sino a ora la scarsa attenzione sui percorsi via terra non ha permesso di fare luce su queste vittime. È quanto si evince dal rapporto pubblicato da l'Agenzia Onu per i Rifugiati, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e il Mixed Migration Centre, intitolato "In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori".
A colpire i rischi e gli abusi denunciati da rifugiati e migranti "tortura, violenza fisica, detenzione arbitraria, morte, rapimento a scopo di riscatto, violenza sessuale e sfruttamento, riduzione in schiavitù, traffico di esseri umani, lavoro forzato, espianto di organi, rapina, detenzione arbitraria, espulsioni collettive e respingimenti”. Tra i primi cinque luoghi in cui il rischio di violenza sessuale e di rapimenti a scopo di riscatto è più spesso segnalato c'è la Libia, il Paese con il quale l’Italia ha firmato un accordo in materia di immigrazione che più voci hanno definito come generatore di violenze e sede di veri e propri lager per migranti. Seguono il deserto del Sahara, il Mali, il Niger e il Sudan.
Il rapporto è il frutto di una raccolta dati durata tre anni e segnala anche un aumento del numero di persone che tentano queste pericolose traversate terrestri e dei rischi che corrono. "Questo è in parte il risultato del deterioramento delle situazioni nei Paesi di origine e in quelli di accoglienza – si legge – con il divampare di nuovi conflitti nel Sahel e in Sudan, l'impatto devastante dei cambiamenti climatici e delle catastrofi su emergenze nuove e protratte nell'Est e nel Corno d'Africa, nonché manifestazioni di razzismo e xenofobia che colpiscono rifugiati e migranti".
Le persone che attraversano il deserto del Sahara sono un numero maggiore di chi attraversa il mare Mediterraneo e “alcune rotte di contrabbando si stanno spostando verso aree più remote per evitare zone di conflitto attivo o controlli alle frontiere da parte di attori statali e non statali, sottoponendo le persone in movimento a rischi ancora maggiori”.
“L'azione umanitaria non è sufficiente", seppure, dicono, l'Unhcr, l'Oim, i partner e diversi governi “hanno potenziato i servizi di protezione e assistenza salvavita, i meccanismi di identificazione e di indirizzo lungo le rotte”. "Le organizzazioni – affermano i redattori del rapporto - chiedono risposte concrete di protezione lungo le rotte per salvare vite umane e ridurre le sofferenze, nonché una spinta ad affrontare le cause profonde che spingono le persone alla fuga e i fattori che determinano i movimenti irregolari, attraverso azioni positive per la costruzione della pace, il rispetto dei diritti umani, la governance, il contrasto alla disuguaglianza, il cambiamento climatico e la coesione sociale, nonché la creazione di percorsi sicuri per migranti e rifugiati. Questi dovrebbero riguardare i Paesi di origine, asilo, transito e destinazione".