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Ieri mattina, 28 gennaio, quarantanove migranti sono approdati nel porto di Shengjin, in Albania. In serata, il pattugliatore Cassiopea della Marina militare ha lasciato la costa per fare rientro in Italia con cinque di loro: quattro minorenni e un adulto giudicato vulnerabile. Le loro condizioni non erano infatti compatibili con la permanenza nei centri di accoglienza.
Terzo tentativo
Dopo l’arrivo della Cassiopea, i cinque sono stati sottoposti ai consueti controlli sanitari e identificativi nell’hotspot. L’intera procedura si è svolta nell’arco di tre ore ed è stata condotta dai medici della Marina militare, senza che nessuno specialista terzo abbia avuto la possibilità di visitarli. I migranti, poi, sono stati fatto salire nuovamente a bordo per essere trasferiti in Italia. Tra loro figurano due gambiani, un bengalese e due ivoriani. Già nei precedenti trasferimenti, a ottobre e novembre, alcuni migranti erano stati riportati indietro per ragioni di vulnerabilità e sottoposti alle procedure ordinarie.
Si tratta del terzo tentativo del governo di applicare l’accordo siglato lo scorso anno tra la presidente Meloni e il premier albanese Rama. Questo trasferimento è stato il più numeroso rispetto ai due precedenti. In entrambe le occasioni passate, il tribunale di Roma aveva respinto la convalida del trattenimento, portando al rientro in Italia e al rilascio dei migranti coinvolti.
In ogni caso, gli altri quarantaquattro passeggeri del pattugliatore (trentasei bengalesi e otto egiziani, tutti adulti) sono stati invece condotti nel centro di Gjader. Da oggi parteciperanno alle udienze in videoconferenza con il tribunale di Roma, dove i giudici della Corte d’appello dovranno decidere se convalidare o meno il trattenimento stabilito dalla magistratura.
Il Tavolo asilo in azione
Come nei due casi precedenti, si è mosso il Tavolo asilo e immigrazione. La principale rete della società civile impegnata nella tutela dei diritti dei migranti sta infatti operando in collaborazione con il Gruppo di contatto parlamentare sull’immigrazione. Con il terzo trasferimento disposto dal governo italiano, il Tai sarà nuovamente sul posto per “monitorare le procedure e le condizioni di accoglienza” delle persone sbarcate.
Già nei due precedenti trasferimenti, il Tavolo aveva denunciato “le numerose violazioni del diritto internazionale e di quello nazionale, nonché dei diritti fondamentali delle persone” che il governo italiano ha trasferito forzatamente dal Mediterraneo centrale all’Albania. Per questo motivo, le organizzazioni aderenti al tavolo sono tornate nei centri di Shengjin e Gjader con l’obiettivo di “monitorare il rispetto delle procedure e verificare le condizioni materiali di trattenimento”.
“Solo propaganda”
Secondo il Tai, “il governo sta nuovamente sperimentando il modello albanese con fini puramente propagandistici da un lato, e innalzando lo scontro con la magistratura dall’altro”, senza attendere il verdetto della Corte di giustizia europea, atteso per il prossimo 25 febbraio, proseguendo con le operazioni di trasferimento.
Le organizzazioni denunciano inoltre “l’assenza a bordo della nave della Marina di Oim”, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, indicata dallo stesso governo come l’ente incaricato di effettuare lo screening. Sorge dunque la necessità di chiarire “come e da chi sia stata realizzata la valutazione delle vulnerabilità”, un aspetto già rivelatosi critico nelle prime due operazioni svolte nel 2024.
Attacco ai diritti
Un altro nodo cruciale riguarda la tutela legale delle persone trasferite, che in passato “non è stata prontamente assicurata”. Il Tavolo asilo chiede al governo spiegazioni su come i migranti possano consultare un avvocato di fiducia, non solo prima delle audizioni con la Commissione, ma anche in fase di convalida del trattenimento.
E ancora: il trasferimento forzato in Albania rappresenta, secondo il Tai, “un grave attacco ai principi fondamentali del diritto e della democrazia”. Questa strategia non solo compromette la tutela giuridica e la dignità delle persone coinvolte, ma crea un pericoloso precedente. Per questo motivo, come già accaduto nei due casi precedenti, le organizzazioni “metteranno in campo ogni sforzo necessario per opporsi a questa prova di forza ingiustificata e inaccettabile”, affinché i trasferimenti vengano interrotti e i centri di trattenimento chiusi definitivamente.
“Un sistema che non funziona”
“Siamo di fronte all'ennesima dimostrazione che il sistema messo in piedi dal Governo Meloni non funziona. Lo dicono i numeri, lo dice la giustizia, lo dice la natura stessa dei flussi migratori”. È il commento di Kurosh Danesh, dell'Ufficio immigrazione della Cgil nazionale, che continua: “Dal punto di vista giuridico, nonostante la sentenza della Cassazione sui Paesi sicuri, è il tribunale che deve decidere su ogni singolo caso. Mentre non è chiaro da dove inizi il fermo di 48 ore dei migranti prima della decisione della Corte d'appello”. “In ogni caso - conclude - io penso che anche questa volta, dato che non è ancora arrivata una sentenza della Corte di giustizia europea, il tribunale sospenderà i respingimenti. Noi siamo parte del Tavolo asilo, e con le altre associazioni controlleremo la situazione da vicino, evidenziando tutte le carenze di questo sistema sbagliato”.