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Lorenzo Orsetti nasce a Bagno a Ripoli il 13 febbraio 1986. Sostenitore della causa curda contro l’Isis, viene ucciso nel villaggio siriano di Al-Baghuz Fawqani, nei pressi del confine con l’Iraq, la mattina del 18 marzo 2019.
“Mi ha telefonato il suo comandante curdo e mi ha detto che Lorenzo è morto insieme a tutti quelli del suo gruppo in un contrattacco dell'Isis stamani - confermerà nel pomeriggio Alessandro Orsetti, il papà di Lorenzo - Sembra che il suo gruppo sia stato accerchiato, era con una unità araba, ma non so cosa significhi esattamente da un punto di vista militare. Li hanno uccisi tutti”.
“Siamo orgogliosi di lui, della scelta che ha fatto - aggiungeva papà Alessandro - ma ora siamo distrutti dal dolore. Da un anno e mezzo, cioè da quando è partito, stavamo in angoscia, più contenti quando lo sentivamo al telefono, in ansia quando stavamo un periodo senza sentirlo. Quando decise di andare a combattere per i curdi, mio figlio ci disse che voleva fare qualcosa per loro, non voleva rimanere senza fare nulla, voleva aiutarli nella loro causa. Era un anno e mezzo ormai che mancava da Firenze, gli chiedevamo quando sarebbe tornato a casa ma lui rispondeva che la situazione era molto delicata per i curdi e voleva aiutarli ancora nella loro causa”.
“Se state leggendo questo messaggio - scriveva prima di morire Orso - è segno che non sono più a questo mondo. Beh, non rattristatevi più di tanto, mi sta bene così; non ho rimpianti, sono morto facendo quello che ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele ai miei ideali di giustizia, uguaglianza e libertà”. “Sono tempi difficili - proseguiva la lettera - lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza: mai! Neppure per un attimo. Anche quando tutto sembra perduto, e i mali che affliggono l’uomo e la terra sembrano insormontabili, cercate di trovare la forza e di infonderla nei vostri compagni. E proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. E ricordate sempre che ‘ogni tempesta inizia con una singola goccia’. Cercate di essere voi quella goccia”.
“Mi sono avvicinato alla causa curda - raccontava al Corriere fiorentino nel marzo del 2018 - perché mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono costruire una società più giusta, più equa. L'emancipazione della donna, la cooperazione sociale, l'ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos a Afrin e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi. Io non ho nessuna remora morale, sto facendo la cosa giusta, sono a posto con la mia coscienza. Siamo qua e qua resteremo fino all'ultimo. Un po' perché non c'è nient'altro da fare, un po' perché è la cosa giusta da fare. Combattiamo”.
“Meglio aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita”, era il motto che Lorenzo scriveva sul suo profilo Facebook, quel 18 marzo immediatamente inondato da messaggi di cordoglio.
Postava sullo stesso social papà Alessandro pochi giorni fa: “Il 18 marzo 2019 Lorenzo è morto in un’imboscata a Baghuz, ucciso dai miliziani dell’Isis, insieme ad altri compagni curdi e arabi. Da circa un anno e mezzo Orso, come lo chiamavano gli amici , era andato in quelle terre attirato da quel bellissimo progetto sociale che è il confederalismo democratico, impegnandosi anche a difenderlo insieme ai curdi dall’aggressione dell’Isis e dell’esercito di Erdogan. Molti sono rimasti colpiti dalla sua scelta, una scelta rischiosa, radicale, in controtendenza con la nostra società del benessere e dell’individualismo: un giovane che lascia amici, lavoro, la sua città... per andare in terre lontane, dove si vive in una realtà di guerra, impegnandosi a realizzare quei valori in cui credeva come la libertà per tutti, la giustizia, la dignità di ognuno, la democrazia reale che nasce dal basso, la parità dei sessi e per questi valori è disposto anche a donare la sua vita. Era un partigiano ed era andato in Rojava perché credeva nell’internazionalismo, quella idea che impegna a lottare senza considerare i limiti dei confini nazionali e porta a sostenere tutti i popoli. Oggi vogliamo ricordare la sua storia perché crediamo che sia giusto farne memoria, ricordandoci che occorre prendere coraggiosamente posizione rispetto alle ingiustizie del mondo, senza distrarre lo sguardo, magari impegnandosi in un progetto politico per realizzare una visione di un mondo nuovo”.
“Non facciamolo morire nuovamente - scriveva nell’ottobre del 2019 la sua famiglia - facendo morire gli ideali e la causa per la quale si è sacrificato. Lorenzo ci ha mostrato che nessuna causa è così lontana e così estranea alla nostra vita e che spesso è questione di scelte”. “Ogni tempesta inizia con una singola goccia. Cercate di essere voi quella goccia”, ci diceva Orso prima di morire. Cerchiamo di essere noi quella goccia, di essere noi quel cambiamento.