Il lavoro frontaliero, quello che designa qualsiasi lavoratore occupato sul territorio di uno Stato e residente sul territorio di un altro Stato, è una realtà consolidata e diffusa anche lungo il confine tra la provincia di Rimini e San Marino. Stando ai dati, il solo frontalierato sammarinese conta circa 8 mila italiane e italiani dipendenti di imprese situate nel piccolo Stato e oltre 2 mila frontalieri di ritorno. A questi numeri si aggiungono collaborazioni, consulenze e servizi o attività svolte da imprese italiane che operano a loro volta sul territorio sammarinese. 

Si tratta di un quotidiano trasferimento da un Paese all’altro per lavorare in tutti i settori e svolgendo mansioni di ogni genere, sia nel privato che nel pubblico, anche in ambito sociosanitario ed educativo. San Marino offre enormi opportunità occupazionali, anche stabili, perché è normata la possibilità di assumere a tempo indeterminato. Le assunzioni sono regolamentate da contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni sindacali sammarinesi, Csdl, Cdsl, Usl, con le associazione delle imprese. Ma non tutto gioca a favore di chi sceglie di lavorare oltre frontiera. Abbiamo analizzato la situazione con una intervista doppia a Giuseppe Augurusa, Frontalieri Cgil nazionale, e Valeria Podrini, Frontalieri Cgil Rimini.

Augurusa: “Il governo applichi la legge 82/23 e si istituisca il primo tavolo interministeriale sul lavoro frontaliero”

Giuseppe Augurusa, partiamo dalla “vertenza pensioni” degli ex frontalieri sammarinesi. Qual è la situazione attuale?

Giuseppe Augurusa, Frontalieri Cgil nazionale

Le prime sentenze hanno dato ragione alle nostre tesi circa la tassabilità delle pensioni in un solo paese, nel caso di specie a San Marino. È quindi immotivata la tassazione anche in Italia, configurandosi quest’ultima come una doppia tassazione in barba a tutti i principi dei paesi Ocse. La rigidità dell’Italia, per il tramite della sua agenzia finanziaria in fase di tentativo di conciliazione, è quindi non ricevibile. La sentenza del giudice monocratico si è spinta più in là, indicando come l’evoluzione del significato di protezione sociale superi nei fatti l’idea che è protezione solo la provvidenza di natura assistenziale, includendo a tutto tondo le pensioni di natura previdenziale derivante da contribuzione ben oltre i limiti della convenzione bilaterale Italia San Marino. Un risultato importante che, mentre aspettiamo gli esiti degli altri gradi di giudizio, chiama in causa la possibile revisione della convenzione bilaterale nella quale, penso, i sindacati debbano trovare uno spazio d’intervento attraverso la consultazione. Se non lo faremo, saranno gli Stati a fare da soli, magari spingendo quella tendenza in atto di passaggio alla tassazione concorrente, che pone lavoratori e pensionati di fronte a due autorità finanziarie.

Venendo alle questioni più urgenti: sul piano delle tutele cosa preoccupa i frontalieri?

Ricordiamo sempre che il lavoro frontaliero non ha una figura giuridica determinabile dalla legge dello stato di residenza, bensì dal solo regolamento di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Coordinamento, non armonizzazione. Questo vede i diritti sovente connessi a uno dei vincoli più stringenti della mobilità internazionale: la residenza. Da ciò ne deriva che spesso non si adotta uno dei principi basilari dell’Unione Europea: stesso lavoro stessa paga e diritti. Da questo punto, ancorché San Marino non è nella Unione Europea, ma è, auspicabilmente, nel percorso di adesione, crediamo che sia necessario intervenire fin da subito sul superamento del vincolo della residenza in ordine ai diritti contrattuali. Un Paese come la Repubblica di San Marino che ha sviluppato perfino l’erga omnes e la legge sulla rappresentanza, non faticherà certo a considerare questo avanzamento normativo come possibile.

Su questi temi cosa chiede la Cgil al Governo?

Chiediamo di applicare la Legge 83/23 che con tanta fatica abbiamo contribuito a definire. Quella legge, che è il combinato disposto del trattato internazionale Italia-Svizzera e del Memorandum d’intesa sindacale con il Mef da noi sottoscritto nel 2020, contiene, tra le tante innovazioni esportate su tutte le frontiere dei paesi confinanti e limitrofi, l’istituzione del primo tavolo interministeriale sul lavoro frontaliero. Coordinato dal Milav e con la partecipazione di Mef e Maeci, esso ha l’obiettivo di affrontare tutte le questioni del lavoro frontaliero oltre la questione fiscale, sempre ampiamente prioritaria nella discussione sul lavoro di frontiera. Quel tavolo a distanza di un anno e mezzo è stato costituito, ma mai convocato. Chiediamo a gran voce che la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, proceda in tal senso, rispettando la legge. Un tavolo che si aggiunge alle prese di posizione del Cgie, il consiglio generale degli italiani all’estero, e alla proposta unitaria di un disegno di legge che, già da oltre tre anni, abbiamo sottoposto ai gruppi parlamentari. Se non accadrà, immagino che anche la nostra pazienza avrà un limite.

Valeria Podrini: “Armonizzare le norme per garantire la reciprocità tra gli Stati e la fruizione dei diritti da parte dei frontalieri”

Il Csir, il Consiglio sindacale Interregionale Emilia-Romagna Marche, sta celebrando quest’anno il suo trentennale. Qual è il frutto di questa storia?

Valeria Podrini, Frontalieri Cgil Rimini

Il Convegno celebrativo è stato realizzato sabato 13 aprile 2024 a San Leo, in provincia di Rimini. Abbiamo ripercorso i trent’anni di storia, lotte e conquiste del Csir. È stato organizzato a San Leo perché è il territorio nel quale il Csir Italo-Sammarinese è stato costituito dalle organizzazioni sindacali confederali. Si è trattato di un importante contributo per preservare e valorizzare la storia, la memoria e l’esperienza sindacale interregionale, da sempre impegnata nel migliorare le condizioni delle persone che ogni giorno superano il confine di Stato per lavorare. Le sigle confederali – europee, nazionali, regionali e territoriali – che rappresentano le lavoratrici e i lavoratori frontalieri hanno preso parte ai lavori della giornata. È stata realizzata una tavola rotonda dal titolo “Vivere al confine, vincere le sfide future per un’Europa più forte”, alla quale lo stesso Giuseppe Augurusa ha contribuito in vista degli impegni futuri e in linea con il manifesto europeo, che pone al centro l’importanza del dialogo sociale e della cooperazione transfrontaliera per promuovere un’Europa inclusiva e solidale. Al Convegno sono stati invitati e hanno portato un loro contributo anche i rappresentanti di Stato sammarinese e italiani, oltre quelli regionali, provinciali e locali che hanno offerto anche il patrocinio. Abbiamo registrato la presenza dell’Ambasciatore italiano a San Marino, Fabrizio Colaceci, di rappresentanti della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Rimini e del Comune di San Leo, che ha aperto l’iniziativa tenutasi nella cornice del Palazzo Mediceo.

E i lavoratori cosa raccolgono da questi trent’anni di storia?

Il convegno è stato anche un importante momento di ascolto delle lavoratrici e dei lavoratori frontalieri, che hanno colto negli anni l’opportunità occupazionale offerta dal mercato del lavoro sammarinese, grazie al quale riescono a realizzarsi professionalmente ed entro un breve periodo riescono a essere stabilizzati. Apprezzano il valore positivo della norma che dal 2017 ha riconosciuto il diritto anche per i frontalieri al contratto a tempo indeterminato. La Repubblica di San Marino ha sempre offerto opportunità di lavoro, ogni anno i dati aumentano, prevalentemente da Rimini. Spesso avvengono assunzioni con mansioni in linea con le pregresse esperienze occupazionali, competenze possedute e titoli di studio acquisiti in Italia. Si registrano crescite e progressioni professionali nelle aziende: segnale positivo anche perché non esiste barriera linguistica, come accade per altri confini nazionali.

E guardando al futuro?

Il percorso avviato dalla Repubblica di San Marino per l’ingresso in Europa è importante e faciliterà processi di inclusione, equità e dignità sociale nel lavoro. Sarà un passaggio importante anche per le opportunità di istruzione e formazione che possono migliorare le competenze e incidere sull’innovazione, sempre più rapida e diffusa nella vita sociale e lavorativa. Le relazioni tra gli Italia e San Marino esistono da sempre. Alcuni aspetti sui quali intervenire li possiamo già mettere in evidenza. Un primo ambito d’intervento è l’armonizzazione delle norme per garantire la reciprocità tra gli Stati e la fruizione dei diritti da parte delle lavoratrici e dei lavoratori frontalieri, siano essi italiani che sammarinesi. Ad esempio, per chi va a lavorare a San Marino è impossibile fruire della Legge 104/1992 per assistere un familiare con disabilità o fare richiesta dell’Assegno Unico; questo perché la fruizione del diritto si basa sul principio della residenza, anziché del territorio in cui si lavora. I frontalieri vivono queste situazioni come privazione di un diritto sociale, al limite della discriminazione, in particolare da parte di chi spesso si occupa della cura di familiari con disabilità.

Mirco Botteghi, Ufficio Stampa e Comunicazione Cgil Rimini