La città di Goma, una delle più popolate della Repubblica Democratica del Congo (RDC), è sul punto di cadere nelle mani del gruppo armato M23, sostenuto e supervisionato dalle forze armate del Ruanda. È in questo contesto che si inseriscono i progetti del programma Global Gateway dell’Unione europea che sono orientati alla prospezione, estrazione e lavorazione delle materie prime critiche.

Quelle materie di importanza strategica per il funzionamento del mercato interno dell’Ue, per il loro utilizzo nelle tecnologie strategiche, in grado di assicurare la doppia transizione (verde e digitale) o essenziali per settori strategici come quello della difesa e l’aerospaziale. Progetti che riguardano l’attuazione di una partnership strategica con: la Repubblica Democratica del Congo; il Ghana (Bauxite e Alluminio); la Namibia; il Kazakistan; il Cile (lito e rame) e l’Argentina (litio e rame per le regioni di Salta e Jujuy). A cui si aggiunge la Critical raw material roadmap partnership con Ruanda, Tanzania, Uganda e Zambia nell’ambito del “Corridoio di Lobito”.

Progetti per i quali c’è il forte rischio che, nella realtà si subordinino, alle priorità di interesse commerciale dell’Ue, gli obiettivi stessi della cooperazione allo sviluppo. Sono tutti progetti per i quali non è affatto garantita l’applicazione preventiva della valutazione di impatto ambientale e sociale e che hanno come oggetto asset che da sempre hanno causato o aggravato i conflitti regionali, così come la violazione sistematica dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori impiegati nella loro estrazione e la devastazione dell’ambiente.

Progetti il cui impatto potrebbe essere particolarmente negativo, sia in termini ambientali sia sociali, per le comunità locali interessate. Progetti che non hanno nulla a che vedere con i valori che sono a fondamento dell’Ue (presenti nei Trattati e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue) e che possono rappresentare per la stessa Ue una macchia indelebile alla sua reputazione.

Un esempio emblematico di questa situazione è quanto sta accadendo nella Repubblica Democratica del Congo, dove una settimana fa le milizie antigovernative del gruppo M23, insieme alle forze ruandesi, hanno preso il controllo della seconda città più importante del Congo: Goma. Quello che sta avvenendo in Congo era stato ampiamente denunciato – nell’ottobre del 2024 - nel rapporto congiunto elaborato da Eurodad – Counter Balance – Oxfam dal titolo: “Who profits from the Global Gateway? The EU new strategy for development cooperation” dove veniva denunciato l’accordo siglato dall’Ue e dalla Banca europea per gli investimenti con il Ruanda.

Un accordo, che aveva visto la netta opposizione della società civile congolese, e che si inseriva all’interno della già fortemente destabilizzata area di nord-Kivu, ricco bacino minerario oggetto di una feroce lotta armata che sta destabilizzando l’area oramai da decenni. Alcuni degli attivisti del gruppo “Lucha” della società civile congolese, attivo nel chiedere la cancellazione dell’accordo dell’Ue, hanno subìto arresti per la loro attività di opposizione. Non più tardi di sei mesi fa (luglio 25) la rivista Politico, particolarmente attenta alle questioni europee intitolava in una sua corrispondenza: “Minerali insanguinati: l’UE accusata di alimentare il conflitto nell’area a seguito dell’accordo con il Ruanda” metteva sotto accusa il “Memorandum of Understading” sulle catene del valore delle materie prime critiche siglato nel febbraio del 2024 dalla Commissaria Jutta Urpilainen e il Ministro degli affari esteri Ruandese Vincent Biruta. Un accordo che era accusato di “creare una cortina fumogena sui minerali insanguinati contrabbandati fuori dal Congo orientale”, con il sostegno delle milizie M23 sostenute dal governo del Ruanda.

È indubbio che l’importanza delle materie prime critiche (essenziali per realizzare la transizione verde e digitale, così come lo sono per alcuni settori strategici) comporta la necessità di elaborare una strategia dell’Ue - per il loro approvvigionamento e per la loro lavorazione - in modo tale che l’Unione si collochi strategicamente all’interno della loro catena del valore. Questa legittima strategia deve però necessariamente collocarsi all’interno di un quadro di assoluto rispetto dei valori umani e sociali, che da sempre rappresentano le priorità fondamentali dell’Ue.

Mabel Grossi e Stefano Palmieri sono funzionari dell'Area politiche internazionali della Cgil