I grandi elettori
Ricordiamo che il sistema elettorale americano è indiretto, eredità della visione aristocratica che i padri fondatori avevano dell’America del ‘700. A eleggere il presidente non sono direttamente i cittadini, ma 538 “grandi elettori” che si riuniscono il 13 dicembre a Washington. Quando gli elettori – il 4 novembre - esprimono la loro preferenza per il presidente, di fatto, eleggono i “grandi elettori” associati al suo nome. Inoltre i voti dei cittadini o “voti popolari” vengono contati stato per stato: basta un solo voto in più in un singolo stato perché il candidato si aggiudichi tutti i grandi elettori in palio lì. E ovviamente ci sono stati che pesano di più – perché il numero dei grandi elettori è maggiore – e stati che pesano di meno. Ogni Stato, piccolo o grande che sia, ha diritto a due grandi elettori, ai quali se ne aggiungono poi tanti quanti sono i deputati eletti alla Camera.

La Costituzione
La Costituzione federale degli Stati Uniti è nata nella Convenzione di Filadelfia del 1787. I due elementi comunemente indicati come caratteristici della Costituzione americana sono il principio della "separazione dei poteri" (legislativo, esecutivo e giudiziario) e il "federalismo". Il primo trova motivo ispiratore nelle teorie di Montesquieu e di Locke. Il secondo trae invece origine dai conflitti economici e politici tra le antiche colonie. La Costituzione è composta solo da sette articoli - anche se spesso suddivisi in numerose sezioni - ed è rigida, cioè prevede un processo di revisione "aggravato" che può essere schematicamente ricondotto a due fasi: 1) la proposta di emendamento può partire dal voto favorevole di due terzi di ciascuna Camera del Congresso o della maggioranza di una convenzione appositamente convocata dal Congresso; 2) la ratifica dell’emendamento può avvenire ad opera di tre quarti degli organi legislativi statali o di una maggioranza di tre quarti nella Convenzione appositamente convocata.

Il Congresso
Il potere legislativo federale. Il Congresso degli Stati Uniti è bicamerale ed è formato dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato. La Camera è attualmente composta da 435 membri, mentre il Senato conta 100 seggi, due per ogni Stato. Il numero di membri del Senato è precisato dall’articolo 1 della Costituzione, mentre la stessa non stabilisce il numero dei seggi della Camera, lasciandone la determinazione al Congresso con due limiti da osservare: ogni Stato membro deve poter disporre di almeno un seggio e ogni dieci anni si deve tenere un censimento sulla base del quale il Congresso procede, se necessario, a una redistribuzione dei seggi tra gli Stati.

Sia i senatori, sia i rappresentanti vengono eletti con voto diretto dagli elettori dei rispettivi Stati. La Costituzione fissa in due anni la durata del mandato del rappresentante e in sei quella del senatore. I 100 senatori, tuttavia, sono divisi in tre classi, ciascuna delle quali scade ogni biennio.

La Camera si rinnova invece completamente ogni due anni. Il presidente, quindi, la cui durata in carica è quadriennale, pur avendo formulato il programma di politica interna ed estera con la vecchia Camera, può trovarsi di fronte a una mutata composizione della Camera o addirittura del Congresso stesso.

Il fatto che i tre supremi organi elettivi si formino in momenti differenti, rispecchiando quindi diverse situazioni politiche, accentua il pericolo che tra gli organi del legislativo e quelli dell’esecutivo si crei una profonda separazione, e costituisce un motivo potenziale di arresto o disarmonia nell’azione dello Stato.

La Costituzione, infatti, ha reso indipendenti l’uno dall’altro il Congresso e il presidente: le Camere non possono costringere il presidente alle dimissioni, né quest’ultimo può sciogliere le Camere anticipatamente. Tuttavia, il Congresso può esercitare una notevole influenza sulla politica presidenziale, anche nell’ambito delle relazioni internazionali, attraverso il controllo finanziario esplicato essenzialmente mediante il voto delle leggi che devono assicurare al governo le somme indispensabili per la sua attività. Allo stesso modo l’esecutivo fa sentire spesso la sua influenza sul Congresso, sia pure indirettamente.

Il presidente federale infatti presenta, in allegato al suo "stato dell’Unione" (il rapporto letto al Congresso all’inizio di ogni anno), un vero e proprio programma legislativo, rendendosi così il promotore più importante della legislazione. L’iniziativa delle leggi spetta a ciascuno dei membri delle due Camere, e soltanto in materia di imposte essa è riservata ai rappresentanti, pur restando ai senatori il potere di proporre emendamenti quando il testo perviene al loro esame.

Al Congresso sono attribuiti poi altri compiti, oltre a quello di porre in essere la legislazione federale: nessun emendamento può essere apportato alla Costituzione senza una deliberazione del Congresso; e spetta al Senato fornire al presidente l’advice and consent per la nomina di funzionari civili e dei giudici della Corte suprema per la ratifica dei trattati internazionali. Inoltre, il Congresso funge da ufficio elettorale per lo scrutinio dei voti in occasione delle elezioni presidenziali e può esercitare il potere giudiziario nella procedura di impeachment: sulle accuse di corruzione, tradimento e altro delitto importante formulate dalla Camera nei confronti del presidente, il Senato emette eventuale giudizio di condanna a maggioranza di due terzi, con conseguente destituzione dalla carica e interdizione dai pubblici uffici.

Rapporti tra legislazione federale e statale
Il potere legislativo è ripartito tra la federazione e gli Stati membri. In caso di conflitto tra una legge federale e una statale prevale la prima, purché sia conforme alle norme costituzionali che stabiliscono le competenze legislative della federazione. In base alla "clausola di supremazia", infatti, la Costituzione e le leggi costituzionali formano la legge suprema del paese, e i giudici di ogni Stato sono tenuti a conformarsi ad essa.

La clausola di supremazia e il X emendamento (competenze degli Stati nella politica interna) costituiscono il punto di partenza e l’apice della polemica contro il federalismo unitario, che si è poi temperata attraverso le sentenze della Corte suprema. Ancora attuali sono però le preoccupazioni di molti studiosi americani riguardo alla sempre più marcata supremazia della federazione sugli Stati membri, che minaccerebbe la sostanza della pluralità degli ordinamenti. Strumento di tale supremazia è soprattutto la politica di sovvenzioni e aiuti economici che il governo garantisce agli Stati attraverso i federal grants in aid, particolarmente nel settore amministrativo e della programmazione economica.

Il presidente
La titolarità del potere esecutivo spetta al presidente degli Stati Uniti, il quale dura in carica quattro anni, non è rieleggibile per più di due volte consecutive, e viene eletto con un procedimento distinto in quattro fasi di cui solo le ultime due sono disciplinate dalla Costituzione.

La prima fase consiste nella designazione in sede statale dei delegati alla National convention, che ciascun partito tiene in prossimità delle elezioni per indicare il proprio team presidenziale, composto da un candidato alla presidenza e di uno alla vicepresidenza.

La fase successiva, quella dell’elezione dei rispettivi candidati da parte delle convenzioni nazionali dei partiti (cosiddetta nomination), è la più importante, perché dipende dalla maggiore o minore rispondenza che avrà nell’opinione pubblica la scelta della Convenzione se il partito, e per esso il suo candidato, perverrà al successo.

Durante la terza fase l’elettorato popolare designa in tutti gli Stati un certo numero di "elettori presidenziali" pari al numero dei membri del Congresso, ma che non siano essi stessi rappresentanti o senatori. Il sistema elettorale adottato è quello maggioritario di lista, sistema che può determinare forti distorsioni rispetto ai voti espressi dai cittadini.

Fin dalle origini è invalsa la prassi secondo cui i candidati a elettori presidenziali preannunciano per chi voteranno se riceveranno il mandato a eleggere il presidente. Nei casi in cui nessun candidato risulti eletto direttamente dal collegio a maggioranza assoluta, il precetto costituzionale prevede una quarta fase in base alla quale interviene la Camera dei rappresentanti a eleggere il presidente, designando uno dei tre candidati più votati.

L’articolo della Costituzione stabilisce che il presidente degli Stati Uniti è capo del potere esecutivo, capo delle forze armate, garante fedele dell’esecuzione delle leggi e capo dell’amministrazione federale. Inoltre il presidente può concedere la grazia e la diminuzione della pena (non però a favore di coloro che sono stati colpiti dall’impeachment congressuale e dei condannati in base a leggi statali), è l’organo della federazione nei rapporti internazionali, può inviare messaggi al Congresso, formulare precise richieste in campo legislativo, e può esercitare il potere di veto sospensivo. I vari segretari, membri del Gabinetto (di cui il più autorevole è il segretario di Stato), non possono essere parlamentari, e svolgono semplicemente la funzione di consiglieri tecnici del presidente per i diversi settori dell’amministrazione federale; solo il presidente è in grado di nominarli o revocarli.