Nel 2024 sono risultati 553 giornalisti imprigionati, secondo i dati forniti da Reporter Senza Frontiere, mentre dalla Coalition for women in journalism sappiamo che le donne detenute, al 10 gennaio, sono 83. I dati sono riemersi dopo la carcerazione in Iran e la liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala. Inoltre, sempre secondo le notizie fornite dalla Coalition, negli ultimi 5 anni il totale dei reporter finiti in stato di detenzione ammonta a 692.  

I Paesi dove i giornalisti corrono più rischi

Il rapporto di Rsf stila una classifica dei Paesi con il maggior numero di giornalisti incarcerati e al primo posto troviamo la Cina, con 115 casi di giornalisti incarcerati, alla quale seguono il Myanmar, con 70, e la Bielorussia, con 52. Quarto posto per la Russia con 47 cronisti in carcere, mentre sono 46 in Israele e 39 in Vietnam.

L’Iran è al settimo posto con 35 operatori detenuti, ma è un sorvegliato speciale per le gravi violazioni contro la libertà di stampa, soprattutto nel carcere simbolo di Evin, dove è stata detenuta anche Sala. I reporter sono a rischio però anche in Arabia Saudita, Siria, Egitto, Azerbaigian, Afghanistan, India e Kirghizistan. Vi sono anche 55 giornalisti tenuti in ostaggio in 5 Paesi: Siria, Iraq, Yemen, Mali e Messico.

Solo uomini, o anche donne?

La già citata Coalition for women in journalism, l’organizzazione che si occupa di tutelare le donne giornaliste, pubblica sul suo sito web l’elenco sempre aggiornato con i nomi di tutte le reporter dietro le sbarre, il luogo dove lavorano e la data dell’inizio della detenzione, dettagliando le circostanze dell’arresto. 

Negli ultimi 5 anni Women press freedom ha documentato 3.400 casi di minacce e violazioni che hanno avuto come bersaglio donne giornaliste. I dati sono stati raccolti dal 2019 al 2024 e sottolineano i diversi generi di violenze su donne e reporter appartenenti alla comunità Lgbqia+ che continuano a esacerbare il numero delle violazioni. Al primo posto ci sono le aggressioni fisiche, seguite dagli arresti e poi dalle molestie legali e online, sino ad arrivare alle intimidazioni, alle campagne diffamatorie e alle uccisioni che sono state 64 in 5 anni. In testa ai Paesi che commettono violazioni c’è la Turchia, seguita da Stati Uniti, Russia, Bielorussia, India e Iran. 

Quale libertà di stampa?

I numeri citati danno la misura del pericolo che corre la libertà di stampa a livello mondiale. Motivo per il quale si moltiplicano gli appelli, soprattutto da parte delle associazioni di giornalisti che denunciano anche come i reporter vengano usati come merce di scambio nelle dispute internazionali. Non solamente, nella maggioranza dei casi lo stato di detenzione è disumanizzante, quando non si arriva addirittura alle torture. 

La detenzione, come anche l’uccisione dei giornalisti, come abbiamo visto a Gaza o in Africa con 35 casi in 18 mesi, si delinea come un attacco al diritto di informazione di tutti i cittadini, oltre che al diritto degli operatori dei media di lavorare in modo sicuro e in libertà.

In Italia non vi sono casi di carcerazioni e omicidi, ma l’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha recentemente denunciato “crescenti condizionamenti della politica sul servizio pubblico” e minacce legali sui media critici con l’azione di governo. I dati dell’ultimo Rapporto del Media Freedom Rapid Response evidenziano “un aumento della pressione esercitata nel nostro Paese da soggetti pubblici sull’informazione”.