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Quattro organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, e la rete di Ong chiedono lo stop alle armi italiane verso Israele e i gruppi armati palestinesi. Dopo avere accolto con favore la decisione del governo italiano di non autorizzare export di armi all’indomani del riacutizzarsi del conflitto, Amnesty International, Aoi, Oxfam, Rete Pace e Disarmo, Save the Children avanzano ora la richiesta che venga confermata la sospensione anche per le spedizioni coperte dalle licenze precedenti a quella dell’8 ottobre, .
I numeri
In un comunicato le associazioni ricordano che “i bombardamenti e l’assedio di Israele hanno causato l’uccisione, il ferimento e la scomparsa di quasi 100.000 persone, e stanno costringendo la popolazione civile di Gaza ad affrontare una crisi umanitaria di gravità e dimensioni senza precedenti, privandola delle risorse indispensabili per sopravvivere. A loro volta, gli attacchi condotti dai gruppi armati palestinesi hanno causato l’uccisione di circa 1200 civili e la cattura di ostaggi, israeliani e non, bambini compresi, oltre 130 dei quali tuttora trattenuti all’interno della Striscia”.
Ancora una volta viene sottolineato che la presa di ostaggi e gli attacchi indiscriminati sono violazioni del diritto internazionale umanitario, e devono cessare immediatamente. “L’unica speranza di vita per Gaza, ossia una risposta umanitaria finanziata a livello internazionale, è impedita in questo momento dall’intensità dei combattimenti e minacciata dalla sospensione dei finanziamenti da parte di alcuni dei principali donatori all'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione (Unrwa), la cui operatività, qualora non vengano riattivati i fondi, potrebbe terminare a fine mese - privando di aiuti salvavita 2 milioni di persone, di cui più della metà bambini - in violazione delle misure urgenti richieste dalla Corte dell’Aja”.
Amnesty International, Aoi, Oxfam, Rete Pace e Disarmo, Save the Children tornano quindi a denunciare l’uso da parte di Israele di “armi e munizioni esplosive in zone densamente popolate di Gaza, con enormi conseguenze dal punto di vista umanitario per la popolazione: ad oggi sono state distrutte circa 360 mila case, molte scuole, ospedali, infrastrutture idriche, rifugi e campi profughi presenti nella Striscia. I bombardamenti indiscriminati in corso e i danni sproporzionati che questi causano regolarmente ai civili sono inaccettabili”.
L’inefficacia della comunità internazionale
“I leader mondiali – proseguono – hanno sollecitato Israele a garantire la protezione dei civili ma le operazioni militari israeliane a Gaza continuano a uccidere quotidianamente persone ad un tasso senza precedenti nel XXI secolo. Gli Stati hanno la responsabilità giuridica di usare tutti i mezzi possibili per pretendere la protezione dei civili e il rispetto del diritto internazionale umanitario. In particolare, l’Italia, in quanto firmataria della Dichiarazione contro l'uso di armi esplosive in contesti popolati, deve impedire che le proprie esportazioni di armi minino le prescrizioni della stessa dichiarazione che si è impegnata a rispettare. Inoltre, a seguito del pronunciamento della Corte Internazionale di Giustizia del 26 gennaio scorso, si è fatto urgente il dovere degli Stati contraenti, compresa l’Italia, di vigilare affinché vengano adottate le adeguate misure volte a prevenire e, in caso, a punire il crimine di genocidio, nonché di evitare il rischio di compiere atti che possano essere ricondotti a una complicità in tale crimine”.
La Corte internazionale di giustizia, nella sentenza del 26 gennaio riguardante il caso portato dal Sudafrica contro Israele, ha considerato plausibile il rischio di un pregiudizio irreparabile per i diritti dei palestinesi di Gaza, ai sensi della Convenzione sul genocidio. “Ma da allora la situazione umanitaria è ulteriormente peggiorata, come dimostrano i dati riportati da Ocha. Gaza oggi è il luogo più pericoloso al mondo per i bambini, i giornalisti e gli operatori umanitari. Ciò ha prodotto una situazione di profonda disperazione all’interno della Striscia, spingendo i principali attori dell’aiuto umanitario a dire che non ci sono più le condizioni per una risposta efficace”.
Le organizzazioni della società civile firmatarie dell’appello hanno accolto con favore il voto dei giorni scorsi alla Camera, nel quale finalmente l’Italia si unisce alle organizzazioni umanitarie, a quelle per i diritti umani, alle Nazioni Unite e a oltre 153 Stati membri, chiedendo un immediato cessate il fuoco.
L’appello
Quindi l’esortazione a tutti gli Stati affinché pongano fine “ai trasferimenti di armi che possono essere usate per commettere tali violazioni, nel rispetto della sentenza della Corte dell’Aja dello scorso 12 febbraio della Corte d’Appello olandese, che ha dato ragione ad una serie di organizzazioni della società civile, disponendo il blocco entro 7 giorni dell’invio dei componenti degli F-35.
Infine, pur accogliendo con favore la decisione del governo italiano di sospendere il rilascio di qualsiasi nuova autorizzazione all'export di armi verso Israele a partire dall’8 ottobre 2023, le organizzazioni firmatarie chiedono assicurazione sul fatto che siano state sospese anche le spedizioni coperte dalle licenze precedenti a tale data (comprese quelle riguardanti manutenzione e componentistica). Se così non fosse, auspicano che anche tali invii siano immediatamente bloccati. Vista la rilevanza del tema è fondamentale che il governo assicuri la massima trasparenza rispetto ai contenuti esatti della decisione presa, rendendo note e accessibili le informazioni”.