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Un G7 Agricoltura senza l’agricoltura. O meglio senza quello che oggi significa agricoltura: e cioè agroecologia, difesa della natura, transizione verso un modello giusto che punti alla sostenibilità ambientale, economica e sociale. Quella che si è aperta oggi, 26 settembre, nell’isola di Ortigia a Siracusa, e che andrà avanti fino al 28, sembra una fiera del mangiare e bere, tra degustazioni, sfilate di moda, manifestazioni equestri, più che la riunione dei ministri del Gruppo dei Sette, un forum che riunisce Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti.
Tanti temi
Nel calendario degli eventi, dei dibattiti e degli appuntamenti sono previsti diversi temi: una prima parte è dedicata allo sviluppo dell’agricoltura nel continente africano, il contributo, gli investimenti, la cooperazione da parte del G7, e i progetti proposti. E poi i giovani (a loro è riservato Young Hackaton, una competizione per studenti di scuole agrarie e giovani agricoltori dei Paesi del G7), i sistemi alimentari, la sovranità (sempre alimentare), la pesca sostenibile e l’acquacoltura, la ricerca scientifica e il cambiamento climatico.
E il rapporto con i sistemi naturali?
“Nel dibattito istituzionale che si sta svolgendo al G7 di Siracusa c’è un grande assente, ovvero il rapporto tra agricoltura e sistemi naturali – afferma Franco Ferroni, del Wwf Italia -. Sembra che la questione non abbia cittadinanza: pensare che ci sia un’agricoltura senza natura è una follia. Il tema sarà rilanciato dalla Cop 16 dell’Onu a Calì, la Conferenza delle parti sulla biodiversità (che si terrà dal 21 ottobre al primo novembre in Colombia, ndr), è entrato anche nella Cop 29 di Baku sui cambiamenti climatici, negli ultimi incontri preparatori, ma sembra non avere diritto di attenzione in un evento come il G7”.
I custodi dell’ambiente
E dire che il ministro dell’agricoltura italiano Francesco Lollobrigida ha affermato che gli agricoltori sono i veri e migliori custodi dell’ambiente e della natura. Affermazione smentita dai dati ufficiali dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e dell’Unione internazionale per la conservazione della natura: l’agricoltura è la prima causa di perdita di biodiversità e responsabile a livello globale del 23 per cento del totale delle emissioni di gas climalteranti. Quindi un patto ci vuole, è necessario.
Green Deal depotenziato
“Non voler affrontare con determinazione questi problemi non aiuta a risolverli – aggiunge Ferroni -. E in tale contesto è paradossale il fatto che a livello nazionale ed europeo le principali associazioni di produttori che oggi si riuniscono a Siracusa siano anche i principali artefici della demolizione del Green Deal e gli oppositori del regolamento sul ripristino della natura, che per fortuna è passato. Ma il dibattito che è seguito, le manifestazioni e le proteste hanno avuto l’effetto di indebolire gli obiettivi ambientali della politica agricola comune, lasciando sul tappeto le vere ragioni per cui gli agricoltori avrebbero avuto motivo di protestare, come il giusto prezzo e la distribuzione del valore lungo la filiera, che restano irrisolte”.
Suolo fertile = buona agricoltura
Mentre viviamo emergenze sempre più frequenti, dalle alluvioni agli eventi meteorologici estremi, dalla peste suina ai prolungati periodi di siccità, il rapporto tra agricoltura e conservazione e tutela della natura dovrebbe diventare centrale in tutti i contesti. Perché senza un suolo fertile e senza una buona disponibilità di biodiversità, non può esistere agricoltura.
Nel documento finale del G7 Agricoltura, quindi, dovrebbero essere comprese questioni centrali, come auspica anche il Wwf: dalla transizione ecologica, equa e inclusiva, alla gestione sostenibile del territorio e in particolare delle aree destinate all’agricoltura, dall’eliminazione dei sussidi dannosi per l’ambiente all’orientare i finanziamenti verso approcci rigenerativi e agroecologici, dallo stop alla deforestazione al passaggio a sistemi di energia rinnovabile.