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Filctem Cgil, Femca Cisl, Flaei Cisl e Uiltec Uil, in linea con quanto dichiarato da IndustriAll Europe e dalla Ces, esprimono forte preoccupazione per le proposte contenute nel documento “Fit for 55” presentato il 14 luglio scorso dal presidente della commissione europea, Ursula Von Der Leyen.
"Non mettiamo in discussione la visione strategica del Green new deal, che condividiamo e sosteniamo - dichiarano le segreterie nazionali dei 4 sindacati -, ma riteniamo che per la Commissione Ue il concetto di giusta transizione sia ormai più uno slogan senza contenuti, piuttosto che il giusto percorso per non far pagare ai lavoratori il costo sociale dei processi di cambiamento. L’ulteriore accelerazione dei tempi e l’inasprimento dei parametri di costo, contenuti nel pacchetto clima, rischiano di destrutturare il tessuto industriale di molti Paesi europei e in particolar modo dell’Italia che, considerata la struttura del suo assetto industriale, rischia di vedere pesantemente compromessa la propria competitività. Tali misure ci appaiono quindi controverse, incoerenti e non in grado di assicurare in modo equo quella transizione ecologica che deve essere sostenibile sia sul piano industriale che sul piano sociale"., sostengono i sindacati.
"L’accelerazione imposta per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Europa al 2030 e al 2050 metterà in crisi intere filiere produttive, soprattutto quelle energivore, attraverso i nuovi sistemi di tassazione Ets e Carbon tax, producendo per questa via drammi sociali che molti Paesi, ma soprattutto l'Italia, non sono in grado di sopportare se non dentro un processo graduale che accompagni e governi il cambio di modello di sviluppo. l’Italia è la seconda manifattura d’Europa: è un grande paese industriale di trasformazione di prodotti con una dipendenza energetica dall'estero per il 78,6% che rischia di trovarsi totalmente asservito all’importazione di energia prodotta in paesi nei quali non si adottano analoghe misure volte alla transizione ecologica. Tali provvedimenti, se attuati, oltre ad aumentare la dipendenza dell’Italia sul piano dello sviluppo tecnologico, metterebbero in discussione la competitività internazionale e geopolitica del nostro Paese e conseguentemente del nostro sistema industriale", proseguono le sigle di categoria.
"I lavoratori e le future generazioni non possono pagare i costi della transizione, sia in termini sociali che in termini di aumento del debito pubblico dovuto alla restituzione delle risorse assegnate al Pnrr. Diventa perciò necessario ricordare, anche alla commissione Ue, che alla base di qualunque azione bisogna considerare la dignità delle persone e il loro diritto di poter vivere dignitosamente all’interno dell'Europa. Pertanto, va certamente promossa una legislazione a difesa dell’ambiente ma nello stesso tempo a difesa del lavoro e dei diritti fondamentali delle persone che la vivono e a tale scopo vanno costruiti i necessari presupposti per una transizione democratica e socialmente sostenibile. Sarà necessario costruire tutte le iniziative utili affinché la commissione Ue si confronti con le organizzazioni sindacali a tutti i livelli prima che i provvedimenti e le indicazioni del documento 'Fit for 55' vengano rese operative", aggiungono i sindacati.
"I processi di cambiamento epocali che dovremo affrontare devono avere al centro il valore del lavoro e della persona, quanto gli aspetti ecologici, e per avere successo devono vedere i lavoratori protagonisti del cambiamento stesso. Se la politica europea e quella dei singoli paesi si affideranno nuovamente al “mercato”, come i contenuti del Pnrr italiano sembrano dimostrare, si rischierà di non cogliere gli obiettivi che ci siamo tutti prefissati per salvaguardare il pianeta e avere un mondo con al centro la persona i suoi diritti e orientato allo sviluppo, alla giustizia sociale e alla sostenibilità ambientale", concludono le segreterie nazionali.