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L’appello che convoca la giornata di mobilitazione nazionale per sabato 26 ottobre invita tutte le persone che non vogliono più vivere l’orrore della guerra a farsi sentire, farsi vedere, unirsi per fermare questa logica perversa e infernale che è la scelta delle armi, della prepotenza e del conflitto armato per costruire il nostro futuro, la nostra sicurezza, il nostro vivere in pace.
Fermiamo le guerre perché il tempo della pace è ora: è nostro dovere esigere che chi ci rappresenta e governa il nostro Paese ascolti la volontà popolare e non si dimentichi del giuramento fatto sulla nostra Costituzione, nata per costruire un Paese, una nazione fondata sui principi delle Nazioni Unite, sui diritti universali, sulle libertà, sul diritto al lavoro dignitoso e sulla pace.
Per questo, la giornata non sarà solo a Roma, ma si realizzerà in altre città: Torino, Milano, Firenze, Bari, Palermo, Cagliari per consentire a più persone di mobilitarsi, di partecipare ed anche per avviare un percorso unitario del movimento per la pace e di altri movimenti e campagne, a partire dalla Via Maestra, che condividono le stesse preoccupazioni e l’urgenza di affrontare le crisi, la crisi del sistema, con la costruzione di alternative dal basso, dai comuni, dalle scuole, dai luoghi di lavoro, dai circoli culturali.
Perché se l’economia è un’economia di guerra, si tolgono risorse alla cooperazione, ai servizi sanitari, scolastici, sociali, non si investe nella messa in sicurezza del territorio (vera priorità di difesa nazionale) e tanto meno nella transizione ecologica. Perché la politica di guerra è un acceleratore delle crisi e riduce gli spazi democratici, radicalizza e polarizza, divide ed alza i muri. Perché il tempo della pace è ora e non possiamo più attendere la prossima guerra con la conseguente emorragia di risorse spese e di vite perse per questa follia.
Tutti e tutte ci dobbiamo impegnare per un radicale cambiamento delle politiche, per far vincere il coraggio e la responsabilità di dire no all’invio delle armi ai Paesi in guerra mettendo in campo gli strumenti della diplomazia, del negoziato, delle pressioni economiche, della politica multilaterale, della messa al bando delle armi nucleari, della riconversione industriale (sostenibile, di lavoro dignitoso, di ricerca ed investimenti per l’autosufficienza energetica, per la messa in sicurezza del territorio, per la mobilità sostenibile, per la valorizzazione delle professionalità e l’inclusione sociale…).
Vogliamo smontare l’equazione che investire sulla pace significa la resa all’invasore e che denunciare i crimini di guerra e l’occupazione della Cisgiordania da parte di Israele significhi essere antisemita; che le guerre in Africa sono guerre locali avulse dallo sfruttamento selvaggio delle ricchezze di quei Paesi, mettendo al centro il dovere degli stati e dei governi democratici di rispettare e di far applicare il diritto internazionale con la politica e con la diplomazia, costi quel che costi, alleanze e sacrifici per tutti. Non abbiamo più tempo da perdere. Il tempo della pace è ora.
Sergio Bassoli, Area Internazionale Cgil