Nel 2024 l’Italia ha registrato un’impennata nell’export militare, con autorizzazioni per la vendita di armamenti che hanno sfiorato gli 8 miliardi di euro. Un record trainato dal clima globale di riarmo e da una crescente domanda di armamenti, anche da parte di Paesi autoritari o coinvolti in conflitti, come l’Ucraina. Ma mentre aumentano i numeri, si affievolisce la trasparenza: la modifica della Legge 185/90, attualmente in discussione, rischia di compromettere la qualità informativa delle future relazioni parlamentari.

Un 2024 da record per le esportazioni militari

Secondo la Relazione annuale sull’export di armamenti, trasmessa puntualmente dal Governo al Parlamento (una rarità negli anni precedenti), le autorizzazioni individuali di esportazione sono aumentate del 35%, raggiungendo i 6,45 miliardi di euro. Complessivamente, le licenze di esportazione e intermediazione toccano i 7,94 miliardi, con un incremento del 25% rispetto al 2023 e addirittura del 57% rispetto al 2022.

Il dato è significativo: ovvero che l’industria militare italiana, con in testa colossi come Leonardo e Fincantieri, si sta ritagliando un ruolo crescente nel mercato globale della difesa. Una tendenza confermata anche dalle valutazioni del Sipri, che segnala un aumento del 132% delle esportazioni italiane negli ultimi dieci anni, con l’Italia saldamente al sesto posto nella classifica mondiale.

I beneficiari: non solo alleati

Nel 2024 il numero dei Paesi destinatari è salito a 90, contro gli 83 dell’anno precedente. L’Indonesia è balzata al primo posto (oltre 1 miliardo di euro in licenze, in gran parte per navi di Fincantieri), seguita da Francia, Nigeria, Regno Unito e Germania. Sorprende la posizione della Nigeria, salita dal 16° al 3° posto, soprattutto grazie a una commessa per aerei M-346.

Ma il dato forse più allarmante riguarda la ripartizione geografica: solo il 44,1% dell’export è andato verso Paesi Ue o Nato, mentre il 55,9% ha interessato Stati extra-alleanza, tra cui Emirati Arabi, Egitto, India, Macedonia del Nord e Ucraina. Una tendenza che contrasta con lo spirito della Legge 185/90, che vorrebbe privilegiare le esportazioni verso Paesi “amici” e democratici.

Israele fuori… ma non del tutto

Un caso a parte è quello di Israele. La Relazione segnala che, a causa della guerra a Gaza, l’Uama (l’Autorità nazionale che rilascia le licenze) non ha concesso nuove autorizzazioni per il 2024. Tuttavia, l’Agenzia delle Dogane ha registrato 212 operazioni di esportazione per un valore di oltre 4,2 milioni di euro, riconducibili a licenze pregresse. Inoltre, nello stesso anno sono state autorizzate 42 importazioni di armamenti da Israele verso l’Italia per 154 milioni di euro, e ne sono state fisicamente ricevute per 37 milioni.

Tra numeri e rischi futuri

Le consegne effettive registrate nel 2024 si fermano a 3,58 miliardi di euro, in calo rispetto agli anni precedenti, ma destinate a crescere nei prossimi anni a causa delle nuove autorizzazioni. Se si sommano anche le esportazioni temporanee e le riesportazioni, il totale raggiunge i 4 miliardi di euro. I materiali rappresentano la quota maggiore dell’export (oltre l’81%), seguiti da tecnologie (12%), servizi (3,4%) e ricambi. A livello industriale, Leonardo SpA si conferma leader con il 27,7% del valore complessivo delle licenze, seguita da Fincantieri (22,6%), Rheinmetall Italia e MBDA Italia. Le prime 15 aziende coprono da sole l’89% del mercato.

L’ombra sul futuro: addio trasparenza?

Nonostante i numeri, la preoccupazione cresce. Se verrà approvata la modifica peggiorativa alla Legge 185/90, già in discussione, quella del 2025 potrebbe essere l’ultima relazione a garantire un grado adeguato di trasparenza. A rischio soprattutto i dati sul coinvolgimento del sistema bancario nel finanziamento delle operazioni di export militare.

Per questo la Rete Italiana Pace Disarmo lancia un nuovo appello alla società civile e alle istituzioni, rilanciando la campagna “Basta favori ai mercanti di armi”. Perché più armi non significhino meno democrazia.