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L’Unione europea sta dimenticando le sue priorità. Già l’esperienza drammatica della pandemia aveva rivelato le debolezze della Ue. Era evidente a chiunque – anche ai più euroscettici – che davanti a shock globali così forti l’unica strada percorribile, e urgente, era quella di portare a compimento il progetto europeo. Le conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa avevano infatti consegnato un percorso che rendesse le nostre istituzioni più trasparenti, democratiche e resilienti, ancorando la federazione fra Stati ai valori fondanti di Ventotene.
La guerra e la miopia della classe dirigente europea
Lo scoppio della guerra in Ucraina e poi a Gaza, il rapido mutare degli orientamento degli Usa rispetto alla Nato e alle altre grandi potenze, hanno creato invece spaesamento. La classe dirigente europea ha “dimenticato” questa urgenza concentrandosi sulla minaccia bellica, arrivando a promuoverne anche una percezione esistenziale. La spinta al riarmo ha obnubilato la necessità di portare a conclusione quel progetto di riforma dell’architettura istituzionale, democratica e sociale che è imprescindibile prima di poter affrontare qualsiasi ragionamento su una difesa comune, fondata sulla sicurezza condivisa.
12 marzo: una brutta pagina
In questo contesto, è difficile non considerare il 12 marzo come una delle più brutte pagine che il Parlamento europeo abbia scritto, approvando a larghissima maggioranza una risoluzione sul “Libro bianco sulla difesa europea”. Nella sostanza, un esplicito sostegno al piano “Re-arm EU” da 800 miliardi di euro proposto dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Un sostegno, oltretutto, nemmeno necessario: perché il piano di riarmo è stato di fatto avviato senza alcun passaggio democratico, se non una lettera della presidente ai capi di Stato e di governo.
Colpisce anche il sostegno politico, non nascondiamolo: hanno votato a favore tutto il Ppe, Renew, i Verdi (con l'eccezione degli italiani di Avs). Così come tutto il gruppo dei socialisti e democratici, con l’eccezione di alcuni parlamentari del Pd astenutisi. L'estrema destra, invece, si è divisa: da una parte Ecr (che si spacca e vota a favore o si astiene), dall’altra i cosiddetti “patrioti”: gli unici, insieme alla sinistra, a votare sostanzialmente contro.
Inizia la corsa sbagliata al riarmo
I fatti, dunque, sono questi: con il consenso di tutti i capi di Stato dei 27 Paesi membri e con un largo voto parlamentare, l’Europa inizia la sua corsa al riarmo.
Chiariamolo subito: non si tratta di “difesa comune”, non si tratta di “sicurezza europea”. Gli 800 miliardi annunciati – presi anche dai fondi coesione, o da scrivere in debito in barba al patto di stabilità – saranno destinati al riarmo nazionale. Esclusivamente a quello: ciascun Paese si potrà riarmare individualmente, per i propri scopi, per le proprie ambizioni nazionali.
E non solo non c’è traccia di politica estera comune, o coordinamento delle spese militari, o anche soltanto di blande “finalità comuni europee”: non è stata prevista nemmeno una clausola che impedisca ai 27 Paesi europei, un giorno, di usare quelle armi l’uno contro l’altro.
Il “prequel” del Rapporto Draghi
Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività europea, aveva chiesto di mobilitare per l’appunto 800 miliardi di euro (guarda caso, la stessa cifra). Servivano, nella sua proposta, a rilanciare e rafforzare l’economia dell’Europa nel nuovo scenario globale. Il risultato è stato ottenuto con celerità, arrivando addirittura a sospendere le norme del Patto di stabilità e crescita: peccato che gli 800 miliardi non saranno utilizzati per scuole, infrastrutture, trasporti, sanità, creazione di buona occupazione o fruizione di altri diritti fondamentali: ma per continuare a distruggere l’umanità e il pianeta con il riarmo.
Così l’Europa affonda
A questo proposito: un’Europa che taglia lo stato sociale e investe solo in armi non finirà col portare altri consensi alle forze politiche sovraniste che già governano molti Paesi e si candidano a prenderne in mano altri? E davvero vorremmo vedere una Spagna, riarmata, governata da Vox? O una Germania riarmata in mano all’Afd?
Ecco, a nostro avviso questo è l’esatto contrario del “rilancio dell’Europa”: è la certificazione della rinuncia al sogno unitario, all’Europa nata dalla guerra per realizzare la pace, all’Europa che impone il proprio modello sociale come “terza via” durante la guerra fredda, all’Europa che è stata – e potrebbe ancora essere in futuro – un faro dei diritti. Diritti per le popolazioni europee e diritti per tutti, in tutto il mondo.


La Cgil è contraria al riarmo
La Cgil è, naturalmente, contraria al riarmo. Già in occasione dello sciopero generale del 29 novembre dell’anno scorso, avevamo protestato contro la decisione del governo italiano di aumentare le spese per la difesa nella legge di bilancio, a scapito della spesa sociale. Avevamo già denunciato come, con la nuova legislatura, sia partito un attacco al modello sociale europeo: direttive che erano state faticosamente approvate e addirittura in fase di recepimento a livello nazionale (come quella sulla trasparenza salariale o la due diligence, sotto attacco con il pacchetto di deregolamentazione Omnibus); accordi di libero scambio (come quello con il Mercosur) che non faranno altro che impoverire ulteriormente il tessuto industriale europeo; politiche migratorie disumane che, anziché garantire diritto di asilo e condizioni dignitose ai migranti, non fanno altro che alzare muri, favorendo addirittura i rimpatri forzosi tramite centri di detenzione in Paesi terzi in un’Europa sempre più vecchia e spopolata.
Il nostro compito: proteggere l’Europa dei diritti e della pace
Non dobbiamo costruire l’Europa delle armi: la conosciamo, l’abbiamo vista all’inizio del Novecento, sappiamo com’è andata a finire. Noi oggi dobbiamo proteggere l’Unione europea dei diritti umani, dello stato di diritto, della democrazia, delle libertà, della cooperazione, della solidarietà e del multilateralismo. Il vero nemico contro cui dovremo batterci nei prossimi tempi sono le crescenti ingiustizie sociali, le diseguaglianze, la povertà crescente, il negazionismo climatico, i populismi, la misoginia, l’odio contro le persone lgbtq e i migranti, i nazionalismi, i neofascismi e le destre estreme che avvelenano la società con discorsi d’odio, discriminazione e violenza.
Ecco: nei prossimi mesi avremo un compito molto importante. Dovremo concentrare tutti i nostri sforzi a continuare, sulla base di quanto fatto negli ultimi anni – soprattutto dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina – a costruire la coalizione europea più ampia possibile, su una piattaforma che abbia al centro la pace, il lavoro, i diritti e il modello sociale europeo. Dovremo mobilitare le piazze e impedire la deriva bellicista che potrebbe portare il progetto europeo a disintegrarsi. Sarà uno sforzo immane, dopo tre anni in cui l’Europa intera ha smesso di parlare di “diplomazia” e si è riscoperta guerrafondaia: ma è l’unico sforzo che vale la pena di compiere per far sopravvivere l’Unione stessa e i suoi valori.
Salvatore Marra, responsabile Politiche europee e internazionali Cgil nazionale