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Il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump non preoccupa solamente gli americani che non lo hanno votato, ma anche tutti i Paesi che, a diverso titolo, hanno rapporti più o meno diretti con gli Stati Uniti, proprio per l’influenza che l’America ha sempre avuto sulle politiche internazionali e dei singoli Stati, nonostante nelle crisi globali degli ultimi anni ci sia stata un’indubbia perdita di potere.
Il bluff sull’Ucraina
Tra gli ambiti per i quali sono attesi cambiamenti e forti impulsi statunitensi vi è quello della produzione e del commercio delle armi e conseguentemente quello delle guerre in corso. Anche la volontà espressa da Trump di tagliare le provvigioni all’Ucraina, impegnata nel conflitto con la Russia, potrebbe rivelarsi un bluff, perché non sarebbe gradita alle industrie belliche statunitensi con le quali il rieletto presidente americano ha un rapporto strettissimo.
Uno staff preoccupante
Anche la scelta del suo staff conferma i timori, una su tutte quella del deputato ed ex militare Mike Waltz, che sarà consigliere della sicurezza nazionale, un uomo che, ex berretto verde delle forze speciali, ufficiale della Guardia Nazionale e veterano della guerra in Afghanistan, è sempre stato molto duro con gli alleati Nato, tra i quali l’Italia. Senza contare le dichiarazioni di Elon Musk, anima nera di Trump (se mai venisse meno quella che già di suo possiede) e neo-nominato capo del nuovo dipartimento per l’efficienza governativa, che hanno già mostrato la tendenza verso indebite ed esplicite ingerenze nelle politiche nostrane con le violente dichiarazioni contro i giudici italiani che si sono espressi sulle deportazioni dei migranti in Albania.
Preoccupazioni fondate
Giulio Marcon, coordinatore della Campagna Sbilanciamoci! conferma che sul “tema della produzione e del commercio dei sistemi d'arma c’è la massima preoccupazione, perché c'è un costante aumento di spesa militare mondiale di cui gli Stati Uniti sono capofila. Su oltre 2.100 miliardi di dollari spesi per armamenti nel mondo il 40% è attribuibile agli Stati Uniti e questa tendenza si sta rafforzando. Con le guerre in corso e noi che facciamo parte di una filiera che in parte ha come capofila alcuni colossi dell'industria militare americana, questa tendenza porta anche l’Italia ad avere un business molto forte in questo settore".
Per Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana pace e disarmo, Donald Trump, ancor più che all’egemonia politica, è interessato a fare “il piazzista delle armi e a favorire l’industria militare americana, posseduta dagli stessi grandi fondi che lo hanno sostenuto nelle elezioni, che sono poi gli stessi che sono partner di Elon Musk in Tesla. Siamo di fronte alla élite di una grande finanza che usa paradossalmente anche la stessa potenza mondiale degli Stati Uniti per fare i propri affari”.
Denaro sottratto al benessere dei cittadini
Intanto in Italia il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha annunciato l’acquisto di altri 25 aerei F-35, che raggiungeranno quindi il numero totale di 115. Velivoli militari il cui costo, a conti fatti, si aggira per ognuno tra i 250 e 300 milioni di euro, se, come ci spiega Vignarca, si parte dal costo base di 130 milioni e si aggiungono le spese per software, upgrade e alcune altre voci. “Le Camere ci parlano di quasi 30 miliardi di euro in tre anni per gli acquisti di armamento tra il 2024 è il 2026”, aggiunge.
Quindi c’è una reale volontà di investire nell'industria militare e in particolare con acquisizioni anche dall'estero, come gli F-35 e i missili dagli Stati Uniti, oppure droni e sistemi di sorveglianza da Israele, precludendo altre possibilità di spesa”. Rete pace e disarmo, nel corso delle sue campagne, si è cimentata nel fare i calcoli per sapere cosa concretamente si potrebbe fare con tanto denaro, che andrebbe dirottato dalle spese militari a quelle per i settori della sanità, della scuola, per vaccinare i bambini africani e molto altro, come ci spiega lo steso Vignarca nell’audio:
Profitti colossali
Giulio Marcon ci ricorda poi che in questi due anni ci sono stati dei profitti colossali “soprattutto di Leonardo ma anche di Fincantieri e di altre industrie del settore e c'è da aspettarsi che ci sia un aumento ulteriore che interessa anche l’Italia, perché Leonardo è una delle principali industrie militari del mondo. Trump è sempre stato molto severo rispetto al fatto che gli Usa non possono difendere gli europei a spese degli americani, per cui l’invito della Nato di utilizzare anche oltre il 2% del pil per le spese militari sarà probabilmente enfatizzato. Per noi – conclude Marcon – questo significa spendere ulteriori soldi, dopo che già quest'anno l'aumento è stato del 12% rispetto all'anno precedente”.