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Una campagna referendaria, “67 sono troppi”, promossa dal sindacato per modificare le disposizioni regressive proposte dal governo sul mondo del lavoro. Sta accadendo in Croazia, dove tre organizzazioni sindacali, l'Unione dei sindacati indipendenti (Sssh), i Sindacati croati indipendenti (Nhs) e la Matica dei sindacati croati (Mhs), stanno raccogliendo firme contro l'innalzamento dell'età pensionabile. Proprio come accadde in Italia nel 2015, quando la Cgil racimolò oltre 3 milioni di consensi per sostenere la “La Carta dei diritti universali del lavoro”, e per proporre i tre quesiti su articolo 18, voucher e responsabilità in solido negli appalti. Anche per questo il sindacato di Corso d'Italia ha voluto sottolineare il suo appoggio alla campagna con una lettera inviata il 10 aprile scorso al comitato referendario croato.
Il governo di Zagabria, in sostanza, ha deciso di innalzare l'età pensionabile a 67 anni. A partire da quest'anno, quindi, è entrato in atto un inasprimento, graduale ma significativo, delle condizioni per l'accesso alla pensione, e sono anche aumentate le penalizzazioni per i prepensionamenti. Secondo la legge attuale, infatti, tutti i nati nel 1963 dovranno lavorare fino ai 65 anni, a meno che non abbiano precedentemente ottenuto 41 anni di contributi. Tutti i lavoratori croati nati dopo il 1966, invece, dovranno arrivare a 67 anni per raggiungere una “quota 41 a tempo pieno” che, come sottolineano i sindacati, “le difficoltà nella ricerca della prima occupazione, i frequenti e ricorrenti periodi di disoccupazione, le forme atipiche dei contratti” rendono sempre più difficile. Coloro che sceglieranno il prepensionamento, tra l'altro, verranno puniti con una riduzione dello 0,3% per ogni mese di pensione anticipata, “per un totale del 18% in cinque anni”.
“Abbiamo cercato di negoziare la riforma delle pensioni con il governo (presieduto da Andrej Plenković e retto da una maggioranza guidata dai conservatori dell'Hdz, ndr) – raccontano Sssh, Nhs e Mhs –, ma non ci hanno ascoltato e non hanno aperto un tavolo di contrattazione. Quindi abbiamo organizzato una manifestazione e migliaia di cittadini ci hanno sostenuto. Ancora una volta, però, le autorità non ci hanno ascoltato. Ora non ci è rimasta che la strada del referendum”.
I referendum in Croazia sono infatti regolati dall'articolo 87 della Costituzione, e possono riguardare qualsiasi questione che rientri nelle competenze del Parlamento, se richiesto da quest'ultimo, oppure dal 10% delle firme del corpo elettorale, da raccogliere in 15 giorni. Proprio l'obiettivo che si pongono i promotori attraverso i due quesiti che sostituiscono e abrogano la legge, fissando l'età pensionabile a 65 anni e riducendo la penalità per il prepensionamento allo 0,2%. “Il sistema pensionistico è una questione che riguarda tutti, lavoratori, pensionati, genitori, figli, coniugi – affermano –. Noi crediamo che tutti i cittadini croati meritino una vecchiaia dignitosa e sono pronti a combatterlo”.
Proprio per questo la Cgil ha inviato una lettera di sostegno e solidarietà all'iniziativa. “L'invecchiamento della popolazione, i cambiamenti climatici e la digitalizzazione rappresentano una grande sfida per il mercato del lavoro e il movimento sindacale – si legge –. Tuttavia, le misure che sono state utilizzate dai governi per affrontare questa sfida hanno minato il sistema di sicurezza sociale spingendo le persone verso la povertà, l'emarginazione e i movimenti nazionalisti, populisti e di estrema destra”.
“La campagna referendaria in Croazia – spiega Salvatore Marra, del dipartimento politiche internazionali della Cgil – ci mette di fronte a dei temi fondamentali per l'intera Unione europea. Innanzitutto ci conferma come le riforme neoliberiste nei vari paesi siano state e continuano a essere nocive per la democrazia, oltre ad allontanare le persone e i lavoratori dal progetto comune europeo. Producono danni, come è già successo in Portogallo, Irlanda e Grecia. Mentre le politiche di inclusione avvicinano le persone all'idea di un'Europa più giusta. Inoltre, i referendum si confermano come uno strumento efficace per promuovere l'inclusione e la partecipazione dei cittadini in questioni chiave per il futuro dei nostri paesi e della Ue. Soprattutto in una nazione che non ha una storia lunga come la nostra. Parliamo di pensioni in Croazia, ma siamo di fronte a una questione europea, non solo nazionale”.