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Per il Fondo Monetario Internazionale le misure di austerità non sono inevitabili per attenuare l'impatto della pandemia sulle finanze pubbliche
Financial Times,15 ottobre 2020
Le nazioni in grado di ottenere liberamente dei prestiti possono stabilizzare il debito senza ricorrere all'aggiustamento di bilancio. Compiendo un'inversione di marcia del messaggio dato dieci anni fa, l'Fmi ha affermato che la maggior parte delle economie avanzate che possono ottenere liberamente dei prestiti non avranno bisogno di programmare misure di austerità per ripristinare lo stato di salute delle loro finanze pubbliche dopo la pandemia del coronavirus.
Vitor Gaspar, responsabile della politica fiscale del Fondo, ha detto al Financial Times che i paesi che hanno la possibilità di continuare a indebitarsi potranno probabilmente stabilizzare il loro debito pubblico entro la metà del decennio. Questo significa che questi paesi non dovrebbero aumentare le tasse o tagliare i piani di spesa pubblica. Tuttavia, i paesi che hanno un accesso limitato ai mercati finanziari dovranno fare più attenzione alle loro strategie fiscali, ha avvertito Gaspar in un'intervista che accompagna la pubblicazione della rivista del Fondo, Fiscal monitor.
È probabile che il debito pubblico mondiale raggiungerà il picco massimo del 100% del Pil mondiale nel 2020 e l'Fmi prevede che nella maggior parte delle economie avanzate quest'anno il debito pubblico aumenterà in modo significativo in proporzione al reddito nazionale. Ma entro il 2025 i deficit complessivi saranno simili ai livelli previsti dal Fmi prima della pandemia, senza dover fare tagli alla spesa pubblica o aumenti delle tasse. Il fattore determinante a sostegno di questa previsione, che riguarda la maggior parte delle economie avanzate, è costituito dagli oneri legati all'indebitamento. L'Fmi prevede che il costo del servizio del debito pubblico rimanga ben al di sotto del tasso di crescita che questi paesi dovrebbero raggiungere. Questo permetterà di contrarre prestiti più convenienti che andranno a compensare gran parte della crescita più debole e le minori entrate fiscali derivanti dalla crisi.
La maggior parte dei paesi avanzati registreranno, entro il 2025, "un disavanzo primario corretto per il ciclo più elevato, ma questo sarà in larga misura compensato dal pagamenti di interessi più bassi", ha affermato Gaspar. Di conseguenza, non è necessario un risanamento del bilancio nei paesi in grado di contrarre liberamente prestiti dai mercati finanziari. "Il rapporto debito pubblico nelle nostre previsioni si stabilizza e addirittura diminuisce leggermente verso la fine delle nostre proiezioni, quando le dinamiche del debito si stabilizzano, il che dimostra che il Covid-19 è un aumento una tantum del debito e con tassi di interesse bassi".
Le parole del Fmi saranno ricevute negli Stati Uniti e in Europa come il via libera a investire per uscire dalla recessione, anziché stringere la cinghia come è successo nei precedenti dieci anni. Il consiglio del Fondo è un'inversione del messaggio dato nella stessa pubblicazione dieci anni fa in un una fase simile di crisi finanziaria. Ha, poi, avvertito che "molti paesi dovranno far fronte a grandi esigenze di misure di contenimento future".
Il revisore interno del Fondo ha successivamente valutato di essere stato stato troppo veloce nel sostegno dato alle misure di austerità nel 2010-11 e l'Fmi ora ha sostanzialmente rivisto le sue indicazioni. L'Fmi ha sottolineato che, questa volta, occorre fare di più per favorire una ripresa forte prima di considerare lo stato di salute delle finanze pubbliche dei paesi. Gaspar ha, infine, affermato: "Riteniamo che ci sia il rischio che si ritirino prematuramente gli aiuti fiscali e i politici che possono scegliere, farebbero bene a essere molto cauti e mantenere gli aiuti fiscali fino a quando la ripresa non si assesterà su una base solida e gli impatti a lungo termine del Covid-19 non saranno sotto controllo". Il Fondo ha individuato la Cina e gli Stati Uniti come paesi che difficilmente stabilizzeranno il loro carico di debito pubblico entro la metà del decennio, dati i loro grandi piani di spesa pubblica e i pochi piani per l'aumento delle tasse.
Per leggere l'articolo originale: IMF says austerity is not inevitable to ease pandemic impact on public finances
Oxfam afferma che i prestiti concessi dal Fondo Monetario Internazionale durante la pandemia hanno aggravato la povertà e le disuguaglianze
MercoPress, 13 ottobre 2020
“L'Fmi ha suonato il campanello d'allarme per il massiccio aumento delle disuguaglianze sulla scia della pandemia”, ha affermato Chema Vera, direttore generale ad interim di Oxfam International. Ma le misure che sta sostenendo “potrebbero lasciare milioni di persone senza accesso all'assistenza sanitaria o al sostegno al reddito mentre sono in cerca di lavoro e potrebbero deludere qualsiasi speranza di realizzare una ripresa sostenibile.”
Con il livello del debito destinato a raggiungere quest'anno livelli inediti e con circa la metà dei paesi con reddito basso indebitati o a rischio di indebitamento prima della crisi sanitaria, le banche centrali hanno tagliato i tassi di interessi per fornire liquidità. L'Fmi ha espresso preoccupazione per la crescente disuguaglianza, dicendo ai suoi 189 paesi membri di spendere quanto hanno bisogno per salvare vite umane e sostenere le loro popolazioni.
L'Fmi ha risposto all'analisi di Oxfam, difendendo il finanziamento di emergenza che ha fornito e si è concentrato sugli aiuti fiscali immediati senza condizionalità. Per l'Fmi, quando la pandemia sarà finita, molti paesi si troveranno ad affrontare debiti più alti e redditi più bassi e dovranno risanare i loro conti. Secondo il portavoce Gerry Rice, l'Fmi ha tre priorità per i paesi che risaneranno i conti. Sostenere i redditi attraverso misure fiscali progressive, riducendo, allo stesso tempo, l'elusione e l'evasione fiscale; ridefinire la priorità di spesa e aumentare l'efficienza; e per la comunità internazionale “intensificare” e fornire concessioni e finanziamenti agevolati; riduzione del nuovo indebitamento; e in alcuni casi riprofilazione o ristrutturazione del debito.
Ciononostante, Oxfam afferma di essere preoccupata che l'Fmi rischi di ripetere gli errori fatti dieci anni fa, quando i lavoratori pagarono il prezzo delle politiche di austerità dopo la crisi finanziaria del 2008-2009. L'organizzazione caritatevole ha detto che l'Fmi dovrebbe esercitare pressione sui paesi al fine di aumentare gli investimenti per la sanità universale e per l'educazione, e garantire che i ricchi e le multinazionali paghino una giusta percentuale di tasse.
La valutazione giunge mentre l'Fmi e la Banca Mondiale stanno per tenere il loro incontro annuale questa settimana, che si terrà in forma virtuale a causa della pandemia che ha provocato più di un milione di vite umane e una recessione mondiale. Le crescenti vulnerabilità legate al debito dovrebbero essere il tema al centro dell'incontro. Il G20 e il Club di Parigi hanno concordato ad aprile di rinunciare ai miliardi di dollari di rimborsi dei paesi poveri fino alla fine dell'anno. La Banca Mondiale afferma che questo non è sufficiente e chiede che l'entità del debito sia ridotto per evitare conseguenze negative più pesanti. L'Angola, l'Argentina, il Chad, l'Ecuador, il Libano ed ora lo Zambia hanno rinegoziato o stanno rinegoziando parte del debito coni creditori privati.
Per leggere l'articolo originale: Oxfam claims IMF's loans during the pandemic have worsen poverty and inequality
Tunisia: la pandemia sta facendo crollare l’economia, con conseguenze sociali disastrose
Jeune Afrique, 12 ottobre 2020
Il 40% delle aziende del settore dell’artigianato hanno già chiuso e circa il 35% delle piccole e medie imprese vivono sotto la minaccia di fallire. Esprime preoccupazione proprio quando le autorità hanno annunciato una serie di nuove restrizioni per contrastare la pandemia. Secondo le autorità, la Tunisia ha registrato sul suo territorio circa 27.000 casi di Covid–19, di cui 409 decessi l’8 ottobre. Il paese sta registrando giornalmente più di 20 morti dovuti alla malattia, rispetto ai 50 decessi totali registrati tra marzo e fine giugno.
Escluso il lockdown generalizzato
Le autorità hanno vietato gli assembramenti dall’inizio di ottobre e hanno introdotto nuovamente, dopo giovedì e per 15 giorni, il coprifuoco in numerose zone del paese, soprattutto nella regione di Tunisi. Il governo ha, però, escluso il confinamento generale come quello che aveva applicato in primavera, sottolineando che il paese non può permetterselo. Secondo l’Istituto nazionale di statistiche, il tasso di disoccupazione è passato dal 15% al 18% nel primo semestre. Potrebbe raggiungere il 21,6% entro la fine anno, secondo uno studio congiunto realizzato dal governo e dall’Onu, il che vorrebbe dire che i nuovi disoccupati nel 2020 ammonterebbero a circa 274.500.
Molti posti di lavoro sono scomparsi nel settore informale, che, secondo l’Istituto nazionale di statistiche, dà lavoro a circa il 44% dei lavoratori tunisini, soprattutto nel settore dell’agricoltura, della ristorazione, del commercio e del turismo, settori importanti colpiti in pieno dalla pandemia. Le autorità hanno vietato l’uso delle sedie nei caffè di Tunisi e di altre zone colpite dalla pandemia. Decisione che secondo la categoria sindacale dei proprietari di caffè, “mette in pericolo 100.000 famiglie”. Majdi Chabbar, gestore di un bar – ristorante tunisino, perde “fino al 90% delle entrate”, aprendo soltanto dalle 12.00 alle 20.00 a causa del coprifuoco, ma non ha fermato l’attività “perché i dipendenti resistono”. Yesser, uno dei camerieri, percepisce la metà del salario e lavora un giorno su due. Ma “non mi viene data la mancia, perché le persone non entrano”, afferma preoccupato il giovane che paga i propri studi e aiuta i suoi genitori con le sue entrate. “Come riusciremo a lavorare?” Saremo costretti a chiudere. E quando chiuderò, chi pagherà i dipendenti?”, si chiede Ali Ben Rached, proprietario di un caffè, che non può più servire ai venti tavoli della terrazza. Chiede alle autorità un aiuto “almeno per pagare i salari dei dipendenti e la previdenza sociale”.
Scarso margine di manovra
Il Paese, che si affida largamente agli aiuti dei finanziamenti internazionali, incontrava già difficoltà nel dare risposte alle rivendicazioni sociali, e i tunisini denunciano il mancato miglioramento delle loro condizioni di vita dopo dieci anni dalla rivoluzione. Durante il lockdown generale di marzo, il governo aveva versato un aiuto tempestivo di 200 dinari (67 euro) alle famiglie più bisognose e aveva promesso di adottare un piano di aiuti di 700 milioni di dinari (235 milioni di euro) per le aziende. Ma il governo ha scarso margine di manovra per aiutare l’economia, tanto che gli indicatori sono negativi. Secondo l’Istituto superiore di statistiche, la Tunisia ha registrato una contrazione record del 21,6% del Pil nel secondo trimestre del 2020. L’ex primo ministro Elyes Fakhfakh aveva già avvertito lo scorso giugno che l’indebitamento aveva raggiunto “un livello impressionante”. Il debito estero aveva già superato la linea rossa”, raggiungendo da solo il 60% del Pil, cioè 90 miliardi di dinari (circa 30 miliardi di euro).
Per leggere l'articolo originale: Tunisie : la pandémie plombe l’économie, avec des conséquences sociales désastreuses
Germania: i lavoratori del settore dei servizi pubblici chiedono una paga migliore
Le Monde, 10 ottobre 2020
Il sindacato Verdi accusa da giorni che “Gli applausi non bastano”. Denuncia l’ipocrisia evidenziata dalla crisi del Covid: gli abitanti della classe medio alta dei centri urbani, che hanno festeggiato dai balconi i lavoratori dei servizi essenziali come eroi del coronavirus, spesso dimenticano che questi ultimi sono pagati meno di quanto dovrebbero. Il sindacato sottolinea il dislivello retributivo in Germania: gli autisti di autobus e tram guadagnano in media 11.38 euro lordi l’ora, gli operatoti sanitari 11.56 euro, gli addetti allo smaltimento rifiuti 16.88 euro, mentre negli “altri lavori”, sottolinea il sindacato, i lavoratori guadagnano in media 19.38 euro lordi l’ora. Per questa ragione, il sindacato Verdi chiede che lo stipendio di 2.3 milioni di lavoratori della pubblica amministrazione sia rivalutato in modo significativo, un aumento del 4.8%, cioè un aumento minimo di 150 euro.
Al fine di rafforzare il suo potere negoziale, il sindacato ha avviato da qualche giorno in tutto il paese una serie di scioperi di “avvertimento”. Questa, in Germania, è un’azione consolidata che consiste nel fermare il lavoro solo poche ore prima delle trattative. Dopo un primo sciopero a fine settembre, è stata annunciata una nuova ondata di scioperi per venerdì 9 ottobre. Diverse regioni conosceranno disagi nei trasporti, negli asili nido comunali o negli ospedali.
Critiche riguardo al metodo adottato
Malgrado la presa di coscienza durante il confinamento, il sindacato Verdi non ha ancora un sostegno determinante in Germania. Numerosi osservatori criticano il metodo adottato dal sindacato. Il numero dei contagi sta aumentando nel paese e gli scioperi di avvertimento creano disagi nella vita quotidiana di coloro che hanno già pagato un prezzo alto per la pandemia, le famiglie con bambini piccoli, i lavoratori delle scuole, o i lavoratori che non hanno la possibilità di fare il telelavoro per il tipo di lavoro che svolgono, costretti a restare negli ingorghi stradali se non possono prendere i mezzi pubblici. Non tutti i dipendenti pubblici sono pagati come gli autisti di tram.
Il vero problema non è tra i lavoratori del settore pubblico e i lavoratori del settore privato, quanto, piuttosto, quello della massa di lavoratori con stipendio basso. Secondo uno studio pubblicato a luglio dalla fondazione Bertelsmann, 7.7 milioni di lavoratori, cioè più di un quinto dei lavoratori in Germania, guadagnano meno di 11.40 euro l’ora. Nessun altro paese europeo con caratteristiche economiche simili registra una percentuale così alta di salari bassi. Gli autori dello studio sottolineano che nel 2018 i famosi eroi del coronavirus rappresentavano oltre la metà dei lavoratori retribuiti con una paga bassa. Il 18% dei lavoratori precari era occupato nel settore dell’istruzione, della sanità e dell’assistenza sociale, ma, soprattutto, il 29% era occupato nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, nel settore dei trasporti e alimentare, settori in cui la sindacalizzazione è più bassa rispetto al settore dei servizi pubblici.
Per leggere l'articolo originale: Allemagne : les salariés des services publics veulent être mieux payés
I lavoratori dell'abbigliamento nel mondo rischiano la rovina mentre i marchi della moda si rifiutano di pagare 16 miliardi di dollari
The Guardian, 9 ottobre 2020
L'analisi dei dati commerciali rivela un enorme squilibrio del potere, poiché che i fornitori e i lavoratori nelle parti più povere del mondo sopportano i costi del rallentamento economico provocato dal Covid. Secondo l'analisi dei dati appena rilasciati relativi alle importazioni, da quando è scoppiato il Covid-19, le potenti aziende statunitensi ed europee del settore della moda si sono rifiutate di pagare ai fornitori esteri le merci per un valore superiore a 16 miliardi di dollari, con conseguenze devastanti per i lavoratori dell'abbigliamento in tutto il mondo.
Due organizzazioni per i diritti umani con sede negli Stati Uniti, il Center for Global Workers' Rights (Cgwr) e il Worker Rights Consortium (Wrc), hanno utilizzato la banca dati mai pubblicata sulle importazioni per calcolare la perdita di almeno 16.2 miliardi di dollari delle fabbriche dell'abbigliamento e dei fornitori nel mondo tra aprile e giugno di quest'anno, quando i marchi hanno annullato gli ordini o si sono rifiutati di pagare gli ordini che avevano effettuato prima dello scoppio del coronavirus. Questo ha lasciato poca scelta ai fornitori del Bangladesh, della Cambogia e del Myanmar se non quella di ridurre le loro attività o di chiudere del tutto, lasciando milioni di lavoratori ad affrontare una riduzione dell'orario di lavoro e la disoccupazione.
Scott Nova, direttore del Wrc e coautore dello studio, ha affermato: "Nella crisi del Covid-19, questo sistema di pagamento distorto ha permesso ai marchi occidentali di aumentare la propria posizione finanziaria, praticamente rubando ai fornitori dei paesi in via di sviluppo". Il rapporto sostiene che la pandemia ha messo a nudo lo squilibrio di potere enorme nel cuore del settore della moda, in base al quale i fornitori in alcuni dei paesi più poveri del mondo sostengono tutti i costi iniziali della produzione mentre gli acquirenti non pagano nulla per settimane o mesi successive alla spedizione della merce.
Nonostante il fatto che questo abbia rischiato di rovinare i fornitori e i lavoratori, alcuni rivenditori hanno pagato milioni di dividendi agli azionisti. Kohl's, uno dei maggiori rivenditori del settore negli Stati Uniti, ha pagato, nel mese di marzo, dividendi per 109 milioni di dollari dopo aver annullato poche settimane dopo gli ordini di grandi dimensioni alle fabbriche in Bangladesh, in Corea e in altri paesi.
In una lettera aperta pubblicata nel mese di aprile, l' Associazione dei produttori di abbigliamento in Cambogia ha fatto appello agli acquirenti affinché onorassero i loro contratti per proteggere il posto di lavoro di 750.000 lavoratori che dipendono dall'industria dell'abbigliamento cambogiana. Nella lettera si legge che "Tutte le parti della catena di fornitura dell'abbigliamento globale stanno subendo il peso estremo provocato dal Covid-19". “Tuttavia, i produttori fabbriche operano con margini sottili e hanno molta meno capacità di assumersi un tale onere rispetto ai nostri clienti acquirenti. Il conseguente peso, enorme ed eccessivo, ricade sui nostri lavoratori che hanno ancora bisogno di portare il cibo in tavola".
Secondo la Cgwr, più di un milione di lavoratori del settore tessile in Bangladesh sono stati licenziati o messi in aspettativa in seguito all'annullamento degli ordini e del rifiuto dei compratori di pagare. Nonostante il pacchetto governativo di oltre 500 milioni di dollari dato alle fabbriche per aiutare a ridurre la perdita di posti di lavoro, i lavoratori del Bangladesh hanno riferito di non aver ricevuto la paga per più di due mesi. Il professor Mark Anner, direttore del Cgwr e autore principale dello studio, ha riconosciuto che le aziende di abbigliamento hanno subito un duro colpo finanziario a causa della crisi del Covid-19, ma ha affermato che devono farsi carico delle loro responsabilità finanziarie. "Anche se la loro posizione economica ai vertici delle catene di approvvigionamento conferisce loro il potere di rinnegare ciò che devono ai fornitori durante una crisi, hanno l'obbligo morale di proteggere i più vulnerabili ... e questo inizia con la protezione del benessere dei lavoratori in fondo alle catene di approvvigionamento. "
Nel tentativo di responsabilizzare i marchi e i rivenditori, le due organizzazioni Wrc e Cgwr hanno lanciato ad aprile un sistema, Covid-19 tracker, per monitorare se le aziende stanno rispettando i loro obblighi contrattuali. Arcadia Group, proprietario di Topshop, Walmart , Urban Outfitters e Mothercare risultano nella lista tra coloro che non hanno pagato per intero gli ordini completati e in lavorazione.
Nova della Wrc ha affermato che un numero considerevole di grandi marchi e rivenditori ora stanno adempiendo ai propri impegni finanziari nei confronti dei fornitori. H&M e Zara si sono impegnati a pagare dopo che Anner ha rivelato per la prima volta l'entità delle cancellazioni in un rapporto Cgwr/Wrc pubblicato alla fine di marzo. Gap è tra gli altri marchi ad aver seguito l'esempio.
Per leggere l'articolo originale: World’s garment workers face ruin as fashion brands refuse to pay $16bn