“Il traguardo dell'accordo Ue-Mercosur è in vista. Abbiamo la possibilità di creare un mercato di 700 milioni di persone. La più grande partnership commerciale e di investimento che il mondo abbia mai visto. Entrambe le regioni ne trarranno beneficio”.

La ri-presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen dai suoi social prova a galvanizzare i Paesi membri sventolando i presunti primati dell’ennesimo trattato di liberalizzazione commerciale, quello con i Paesi dell’area di libero scambio del Mercosur (Brasile, Argentina, Bolivia, Uruguay e Paraguay) in ballo da oltre 25 anni, e che di vantaggi per lavoratori, cittadini e ambiente non ne porterebbe nessuno.

Agricoltori in rivolta

Che questa non sia una posizione a priori, delle ‘solite’ associazioni benaltriste, lo dimostrano i trattori della federazione dei contadini belgi che tornano in piazza in queste ore “disgustati – letteralmente – dalle scelte della Commissione europea”, perché le attuali 215-250mila tonnellate di carni che arrivano in Europa da quei Paesi ogni anno sono già prodotte con standard ambientali, salariali e sanitari molto più bassi ed economici, in una competizione sleale con i produttori europei”, denunciano manifestando a Bruxelles.

Se dovessero entrare senza dazi né contingentamenti, come prevede l’incombente liberalizzazione, queste derrate potrebbero arrivare a cancellare, ad esempio, l’intero settore del pollame europeo, con una “schizofrenica inconsistenza” tra le diverse politiche europee.

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Internazionale

Globalizzazione addio?

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Il Brasile ha quadruplicato l’uso dei pesticidi

Non dimentichiamo, infatti, che il Brasile negli ultimi venti anni ha quadruplicato l’uso di pesticidi in campo aperto, e utilizza in larga parte principi attivi vietati nell’Unione Europea. Nell’area si usano liberamente negli allevamenti antibiotici e promotori della crescita, proibiti in Europa dal 2006. Il Sistema di allerta rapido sulla sicurezza alimentare europeo, inoltre, solo nell’ultimo anno ha diramato oltre duecento segnalazioni per cibo proveniente dai Paesi del Mercosur con residui di pesticidi, sostanze tossiche e batteri oltre i livelli di igiene pubblica.

Lo sfruttamento nelle miniere

In quei campi, per di più, come nelle aree minerarie, sono diffuse le pratiche di riduzione in schiavitù e di lavoro minorile fin dai 4-5 anni, che azzerano crudelmente i costi del lavoro, nel momento in cui tutte le campagne europee contro il caporalato si confrontano con una cronica compressione della catena del valore a svantaggio di redditi e diritti.

L’agroalimentare divora l’Amazzonia

L’industria agroalimentare nell’area amazzonica, anche per le pressioni delle filiere globali, sta divorando ogni anno ecosistemi interi della foresta, come denunciato da tutte le organizzazioni ambientali e indigene di quei Paesi. In barba alle ambizioni del Green deal e delle politiche europee contro la deforestazione, si prevede che il trattato Europa-Mercosur contribuirebbe direttamente a deforestarne altri 1,35 milioni di ettari.

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Tutti danneggiati

Nel complesso, secondo le analisi costi-benefici più accurate, a fronte di una crescita realistica di Pil dello 0,1% in Europa, distribuito in modo diseguale tra i diversi Paesi membri, per l’Europa si prevede una competizione diretta su tutti i principali settori primari e della prima manifattura. I Paesi del Mercosur verrebbero, invece, condannati a una progressiva deindustrializzazione rimanendo intrappolati tra il settore estrattivo e primario e i segmenti meno specializzati delle filiere interessate.

La posizione italiana non è chiara

La posizione italiana, al momento, ondeggia tra il “no” deciso del ministro per l’Agricoltura Lollobrigida, sostenuto dalle organizzazioni datoriali agricole, e il “sì” del ministro degli Esteri Tajani, condizionato a imprecisate “modifiche” alle condizioni del trattato relative all’agroalimentare.

Ma i presidenti del Mercosur, a partire dal brasiliano Lula, hanno ribadito più volte che il trattato è un pacchetto complessivo e chiuso: “La Francia non conta nulla, decide la commissione”, è stato il commento di Lula rispetto all’opposizione ferma di Francia e Polonia, che fino a oggi hanno rallentato la firma dell’accordo da parte europea. E la attuale crisi politica in Francia corrobora la sua affermazione, che però denuncia la sua profonda devozione al vecchio sviluppismo industrialista e fossile, superato ormai dalla storia e dalla cronaca della catastrofe ambientale nella quale siamo tutti immersi.

Un momento delicato: la presidenza Milei

Questa accelerazione arriverebbe, per di più, in un momento particolarmente delicato anche per gli equilibri politici dell’area latino-americana: alla presidenza di turno del Mercosur sta per insediarsi il presidente anarco-capitalista argentino Javier Milei, che condivide con l’ex presidente brasiliano di destra Bolsonaro la scelta di sacrificare agli interessi delle corporation nazionali e internazionali l’agibilità dei propri e altrui diritti ambientali, democratici e sociali.

Sotto la neoausterity di Milei, infatti, il tasso di povertà in Argentina è salito a quasi il 55% della popolazione, e sotto le motoseghe dell’agribusiness e dell’estrattivismo che lo sostengono arretra a vista d’occhio la foresta del Chaco, la seconda più grande dell’America latina che, come l'Amazzonia, è considerata di importanza globale per il suo ruolo nella mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, essendo uno dei più grandi pozzi d’assorbimento di CO2 del pianeta. Un abbraccio concretamente mortale tra negazionisti conservatori europei, del Sud e del Nord delle Americhe, considerato il ritorno di Trump alla Casa Bianca.

Fermare il Titanic

Quanto queste scelte siano lontane da qualsiasi barlume di democrazia e lungimiranza lo dimostra che, dopo anni di resistenza comune, oltre 400 organizzazioni della società civile delle due sponde dell’Atlantico, molto diverse tra loro per orientamenti e specializzazioni, solo un paio di settimane fa, hanno chiesto a una voce con un documento congiunto a tutti i governi coinvolti lo stop definitivo a questo ennesimo Titanic.

“I politici che promuovono questo accordo per contrastare l'influenza della Cina nella regione del Mercosur sono intrappolati in un'ideologia di libero scambio che dà priorità ai profitti delle imprese rispetto alle persone e al pianeta – sostiene l’appello -. Rafforzare i legami tra i nostri Paesi, sebbene innegabilmente necessario, richiede solidarietà, uguaglianza, cooperazione, sostenibilità e democrazia, non approfondire le asimmetrie commerciali”.

Un altro commercio, basato su solidarietà, democrazia, cooperazione reciproca e uguaglianza, è possibile ma ci serve adesso.

Monica Di Sisto, presidente dell’Osservatorio italiano su clima e commercio Fairwatch