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10,8 milioni i sudanesi senza casa, 1,9 milioni quelli che hanno cercato salvezza fuori dal Paese nel 2023 dopo lo scoppio del conflitto. 1,7 milioni i palestinesi sfollati dalla Striscia di Gaza a causa della violenza catastrofica alla fine dello scorso anno. Nella Repubblica Democratica del Congo e in Myanmar, milioni le famiglie costrette a scappare dai feroci combattimenti. E poi c’è la Siria che rimane la crisi più grave: una guerra civile che va avanti da 13 anni ha creato 13,8 milioni di profughi.
Secondo il rapporto Global Trends 2024 dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, il numero di coloro che hanno dovuto lasciare casa, città, Paese nel mondo è raddoppiato negli ultimi 10 anni, a maggio 2024 è salito a 120 milioni ed è in crescita per il dodicesimo anno consecutivo.
Crisi climatica tra le cause
In pratica, equivale a uno Stato grande quasi come il Giappone per ampiezza della popolazione. E ogni anno una nuova guerra va ad allungare un elenco fin troppo nutrito, aggiungendo altra disperazione a quella già esistente.
“Dietro a questi numeri si nascondono innumerevoli tragedie umane – afferma Filippo Grandi, Alto commissario Onu per i rifugiati -. Questa sofferenza deve spingere la comunità internazionale ad agire con urgenza per affrontare le cause profonde degli sfollamento forzati”. Tra queste c’è anche la crisi climatica, che colpisce in modo crescente e sproporzionato.
“Il cambiamento climatico sta esacerbando le esigenze di protezione e i rischi per le persone costrette alla fuga, contribuendo a nuovi esodi, continui e prolungati – si legge nel rapporto -. Alla fine del 2023, tre quarti delle persone costrette alla fuga vivevano in Paesi con un’esposizione elevata o estrema ai rischi legati al clima”.
Sfollati interni
Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre, la principale fonte mondiale di dati e analisi sugli sfollati interni, l’aumento più consistente del numero di persone in fuga riguarda quelle che abbandonano le proprie case ma rimangono nel proprio Paese: sono complessivamente 68,3 milioni, con un incremento di quasi il 50 per cento in cinque anni.
Tra i principali Paesi di origine ci sono Afghanistan, Siria, Venezuela, Ucraina e Sudan, che da soli raggruppano il 73 per cento di quanti si trovano sotto il mandato Unhcr. Cinque sono anche gli Stati che ospitano il maggior numero di rifugiati, nell’ordine: Iran (3,8 milioni), Turchia (3,3), Colombia (2,9), Germania (2,6).
Fenomeno strutturale
“I numeri già molto alti, e in continua crescita, dimostrano che il fenomeno della migrazione è strutturale – afferma Nicoletta Grieco, dell’area politiche europee e internazionali della Cgil -, e come tale bisogna affrontarlo, soprattutto adesso che è aggravato dalle guerre, dai cambiamenti climatici e dal mancato rispetto delle convenzioni internazionali e del diritto bellico da parte delle nazioni in conflitto. Con il Patto su migrazione e asilo l’Europa sta sbagliando approccio perché si sta chiudendo come una fortezza quando invece dovrebbe costruire canali umanitari e legali per fare entrare i migranti. Il report dell’Unhcr smentisce poi la retorica dell’invasione, propagandata dalle destre in perenne campagna elettorale: la maggior parte delle migrazioni avviene nei Paesi limitrofi a quelli di crisi”.
A ospitare sono i Paesi poveri
Il 69 per cento per la precisione, mentre il 75 per cento risiede in Paesi a basso e medio reddito che insieme producono meno del 20 per cento del reddito mondiale. I 45 Paesi meno sviluppati che insieme rappresentano meno dell'1,4 per cento del prodotto interno lordo globale, ospitano oltre il 21 per cento di tutti i rifugiati a livello mondiale.
300 mila in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, i numeri sono davvero bassi. Le persone titolari di protezione internazionale alla fine del 2023 erano circa 138 mila, i richiedenti asilo 147 mila e oltre 161 mila i cittadini ucraini con protezione temporanea, circa 3 mila gli apolidi.
“Migrare è un diritto umano e alzare muri non serve a nulla, anzi – conclude Grieco -. Se si smantellano i sistemi di integrazione, come sta accadendo adesso, non si fa altro che aumentare la presenza illegale dei migranti e alimentare la criminalità organizzata. La piattaforma europea Talent Pool recentemente varata è uno strumento che serve ai datori di lavoro ma che incoraggia lo sfruttamento, perché è un sistema poco trasparente attraverso cui si scelgono i migranti favorendo la manodopera a basso costo. Questa politica è sbagliata”.