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Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil riflette sull’ipotesi di Opa di Kkr su Tim. “Le telecomunicazioni non sono semplici infrastrutture, sono il futuro. Che ruolo vogliamo giocare in Europa?", è la domanda che si pone il sindacalista.
Segretario, siamo passati dal campione nazionale per la rete unica alla vendita o svendita agli americani del più grande soggetto di telecomunicazioni in Italia. È corretto?
Il punto è esattamente questo. Nelle telecomunicazioni, in settori strategici non può valere come unica logica quella del mercato. Queste sono delle grandi aziende di sistema che servono al Paese, quindi sono aziende sulle quali il processo di governance deve essere finalizzato non solo al mercato, ma al sistema, alla crescita dell'innovazione, ai benefici del Paese. In una possibile Opa da parte di Kkr su Telecom vedo un'operazione squisitamente ed esclusivamente di mercato. È per questo che abbiamo espresso dubbi e perplessità. Il governo non può stare semplicemente a guardare. Insomma, il riassetto di Telecom coincide con il riassetto complessivo delle Tlc, del sistema digitale e della nostra capacità di essere uno dei soggetti importanti in Europa. Di fronte ad un asset così strategico occorre avere una visione industriale, non solo di mercato, altrimenti non si riuscirà a garantire al Paese le migliori condizioni per fare il salto digitale.
E la rete unica che fine fa? È possibile realizzare una connessione affidabile ed efficiente per tutti i cittadini e le cittadine italiane, in qualunque parte del Paese risiedano?
In realtà gli interrogativi, i problemi che abbiamo di fronte sono due. Da un lato se sia possibile che un Paese possa fare una politica delle reti non disponendo di un incumbent, ovvero non avendo il controllo, l'indirizzo di un'azienda strategica. L’operazione di mercato su Telecom va proprio in questa direzione.
Dall’altro, se sia possibile considerare la rete a banda larga come una delle tante infrastrutture da costruire. Pensiamo che la risposta per tutti e due questi interrogativi sia no. Purtroppo, però, sembra invece che si stia andando esattamente in questa direzione.
Puoi spiegarci meglio?
Il modo con cui si sta realizzando la rete in fibra sembra più un programma di opere pubbliche che non la costruzione di un asset strategico per l’Italia. Se la logica è quella dell’opera pubblica la conosciamo, l'abbiamo vista, ne abbiamo misurato il fallimento. Quando si parla di frazionare gli interventi - ed è quello che sta accadendo visto l’annuncio del ministro Colao che a breve partiranno i bandi per diversi lotti di infrastruttura – si pongono problemi sia dal punto di vista della qualità degli interventi, che da quello della effettiva esigibilità del diritto alla connessione. Infine, ma non da ultimo, si pone il problema della legalità. Ci pare che le scelte del governo, anche in questo caso, stiano andando proprio nella direzione di frazionare gli interventi per soddisfare esigenze diverse. Non crediamo sia questo il modo di affrontare un tema strategico come questo che, ripeto, riguarda il futuro del Paese e il ruolo che vogliamo giocare in Europa. Infine, lasciamelo dire, c’è un’altra questione che a noi sta particolarmente a cuore. Se Telecom perde strategicità e ruolo che fine fanno i 40mila dipendenti? Ecco, il tema della salvaguardia dell’occupazione non può essere trattata come “una varia ed eventuale”.