Un Documento di economia e finanza che più che tracciare la rotta del Paese, sembra essersi perso in mare aperto. È questo il giudizio trasversale emerso dalle audizioni parlamentari sul nuovo Dfp, che ha sostituito il tradizionale Def. Sindacati, associazioni d’impresa, istituzioni: tutti, chi più chi meno, lanciano l’allarme. Manca la visione, manca la strategia. E soprattutto mancano i conti: quelli veri.

Cgil: “Certifica il fallimento del governo”

“Purtroppo, non è emersa alcuna novità positiva dall’audizione parlamentare del ministro Giorgetti. Anzi, emerge una grave sottovalutazione dei rischi che corre l’Italia”. Così il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari. “La revisione al ribasso del Pil non è frutto di un atteggiamento prudente, ma – aggiunge il dirigente sindacale – è frutto di 25 mesi di calo della produzione industriale e del fallimento delle politiche economiche del governo e la situazione non potrà che peggiorare con quanto sta accadendo a livello internazionale”.

La tenuta dei conti pubblici "non è segno della serietà del governo, ma conseguenza del ritorno a un’austerità selettiva tutta scaricata sui redditi fissi che, oltre alla drammatica perdita del potere d’acquisto subita a causa di un’inflazione non recuperata, hanno pagato nel 2024 circa 18 miliardi di euro di extra gettito Irpef”. Per Ferrari: “L’imminente saccheggio di Pnrr e Fondi di coesione, che il ministro ha sostanzialmente confermato, per distribuire ancora una volta soldi a pioggia, e senza alcuna strategia, alle imprese, sottraendoli ai soggetti e ai territori più deboli, non è stata affatto concordata con le parti sociali”.

Tutti contro il Def

Sullo sfondo, l’ombra lunga del nuovo Patto di stabilità europeo: la Cgil lo definisce “una scelta autolesionista” che promette austerità a lungo termine. Più morbida la Cisl che lancia l’idea di un “grande patto sociale per rilanciare la produttività”. Mentre la Uil chiede l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro come risposta all’ennesima strage silenziosa nei cantieri e nelle fabbriche.

Non va meglio sul fronte delle imprese. Confesercenti teme un crollo dei consumi pari a 11,9 miliardi e 50.000 posti di lavoro in fumo. Confcommercio invoca “scelte strategiche”, mentre artigiani e piccole imprese chiedono interventi “mirati e coraggiosi”: la prudenza contabile, da sola, non basta.

Corsa contro il tempo

Nel frattempo, la tempistica parlamentare si complica. Il voto sul Dfp, inizialmente previsto entro il 30 aprile per rispettare i vincoli europei, rischia di slittare al 6 maggio. Il ministro Giorgetti sarà all’estero per gli Spring Meetings del Fondo monetario internazionale, e il calendario di Montecitorio non prevede ancora l’esame in aula. Le opposizioni insistono: alla votazione deve essere presente il ministro o, in alternativa, la premier Meloni. Il rischio concreto? Che il Dfp, già giudicato debole nel merito, diventi anche un caso politico nel metodo. E che l’Italia si presenti a Bruxelles con un documento in ritardo e con poche certezze sul futuro.