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“Una legge di bilancio palesemente inadeguata, ingiusta e controproducente: va cambiata”. Questo il centro dell’intervento del segretario nazionale Cgil Christian Ferrari in Commissione Bilancio al Senato, durante le audizioni sulla finanziaria 2026.
Colpiti dipendenti e pensionati
Un giudizio netto fondato sui numeri, innanzitutto quelli sul drenaggio fiscale, che colpiscono e continueranno a colpire lavoratori e lavoratrici pubblici, pensionate e pensionati. I conti sono presto fatti, e nulla di quanto scritto in manovra servirà a correggere le storture.
“Le perdite cumulate che, a causa del drenaggio, hanno subìto i salari nell’ultimo triennio sono ben superiori ai vantaggi ottenuti con gli interventi realizzati sull’Irpef, sulla decontribuzione e sulla sua successiva fiscalizzazione”, spiega Ferrari.
Ecco i numeri: si va dai 700 euro per un reddito con un imponibile previdenziale da 20 mila euro, ai 2 mila euro per un reddito da 35 mila euro, fino a oltre 3 mila euro per chi ha un imponibile previdenziale da 55 mila euro.
Drenaggio fiscale
I cosiddetti vantaggi per il ceto medio propagandati da Meloni e Giorgetti sono praticamente inesistenti: la riduzione della seconda aliquota dell’Irpef porterà vantaggi – sopra i 28 mila euro di reddito – tra zero e 440 euro (tra un caffè al mese e uno al giorno); la detassazione al 5 per cento degli incrementi contrattuali – per i lavoratori fino a 28 mila euro – garantirà un beneficio medio di 126 euro, e solo per il prossimo anno. Con tutti i soldi che sono stati ingiustamente versati allo Stato, meno di un caffè al giorno sarà davvero un gran vantaggio.
Welfare
La cosa ancor più grave, se si potesse fare una classifica degli errori, è che in un paese che ha la Costituzione fondata sul lavoro, sulla progressività fiscale e sulla redistribuzione della ricchezza attraverso un welfare universalistico e pubblico, nulla di quanto drenato dalle tasche di cittadine e cittadini finirà a sanità, istruzione, servizi sociali.
“Oltretutto, le risorse sottratte ‘silenziosamente’ tramite il drenaggio fiscale non solo non sono state restituite, ma non sono state neppure destinate – né lo saranno – alla spesa sociale”, aggiunge Ferrari.
Anche in questo caso i numeri non sono certo opinabili, ed è lo stesso governo che li ha scritti in manovra. Il finanziamento della sanità – o per meglio dire: il definanziamento – passerà da un rapporto sul pil del 6,15 per cento il prossimo anno al 5,93 nel 2028. “Il livello più basso di sempre”, commenta il dirigente sindacale: “Un livello che mette a rischio l’aspettativa di vita delle persone”.
Previdenza
La promessa elettorale di Meloni e Salvini, considerato che siamo tra i Paesi europei con l’età di pensionamento più alta, fu di smontare la legge Fornero e abbassare l’età di pensionamento. Ebbene, con la manovra si certifica il tradimento dell’impegno.
L’austerità in salsa giorgettiana ci regala l’aumento generalizzato dell’età pensionabile (che colpirà quasi il 99 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori) e l’azzeramento di ogni forma di flessibilità in uscita (comprese le già insufficienti “opzione donna” e “quota 103”).
Per il segretario nazionale Cgil, in questo modo “lavoratrici e lavoratori vengono colpiti su tutti e tre i fronti che li riguardano: il salario diretto, il salario indiretto o sociale, le pensioni”.
Austerità e riarmo
Dunque: dove finiranno i soldi, visto che non serviranno nemmeno per le politiche industriali e di sviluppo, considerato che in finanziaria al fianco di questa voce è scritta la cifra “zero”?
“La verità – spiega Ferrari – è che il maggior gettito derivante dal fiscal drag è stato utilizzato per fare ancora più austerità rispetto a quella richiesta dalla Commissione europea. E con un preciso obiettivo politico: attivare, già dal 2026, la ‘clausola di salvaguardia nazionale del patto di stabilità’, in modo da poter scomputare le spese per la difesa, indebitando ulteriormente il Paese, per finanziare una folle corsa al riarmo (+23 miliardi solo nei prossimi tre anni), che non può portare nulla di buono”.
Condoni e tasse
Quali vantaggi, ci si domanderà, di tanti sacrifici? Innanzitutto è bene sottolineare che non tutti fanno e faranno sacrifici: è prevista, infatti, una nuova tornata di condoni che non faranno che ulteriormente “incentivare” l’evasione fiscale che il governo non ostacola e non combatte.
Nello stesso tempo non vi è alcuna equiparazione di tassazione tra dipendenti, partite Iva, rendite e altro. Per di più, è la legge di bilancio a certificare che nei prossimi anni la crescita dell’Italia sarò dello “zero virgola”, e chissà cosa capiterà con i i fondi del Pnrr.
Le correzioni necessarie
Per la Cgil, dunque, è necessario correggere la manovra partendo da due precondizioni: andare a prendere i soldi là dove sono (profitti, extra-profitti, grandi ricchezze, evasione fiscale), e “rinunciare a un’insostenibile corsa al riarmo che punta a convertire la nostra e quella europea in un’economia di guerra”.
Cosa si potrebbe, anzi dovrebbe, fare con le risorse liberate dall’abbandono dal nefasto binomio austerità-riarmo? “Anzitutto la restituzione del fiscal drag e la sua neutralizzazione”, illustra il segretario nazionale: “Una misura da realizzare attraverso l’indicizzazione all’inflazione di scaglioni, detrazioni, trattamento integrativo, Isee ed esenzioni, come avviene non in Unione sovietica, ma negli Stati Uniti di Trump”.
Per la Cgil è essenziale anche “rinnovare tutti i contratti nazionali di lavoro – pubblici e privati – per difendere e rafforzare il potere d’acquisto, nonché rafforzare ed estendere la quattordicesima”.
Riguardo la previdenza, è necessario “attuare la piena rivalutazione delle pensioni, il blocco dell’aumento automatico dell’età pensionabile per tutte e tutti, una maggiore flessibilità in uscita e una pensione contributiva di garanzia per precari e discontinui”.
Altre misure essenziali sono “l’adozione di vere politiche industriali per i settori manifatturieri e per i servizi, allo scopo di innovare il nostro sistema produttivo, difendere l’occupazione e creare nuovo lavoro di qualità; la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; il contrasto alla precarietà e al lavoro povero”.























