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Per riscaldare, cucinare, produrre acqua calda questo inverno spenderemo di più, molto di più rispetto all’anno prima. Per una casa di 70 metri quadrati, a Milano il 20 per cento in più, a Roma 430 euro in più, a Palermo l’incremento oscilla tra i 50 e i 210 euro.
I conti li hanno fatti gli esperti di Ecco, il think tank italiano per il clima, che precisano: tra i motivi dell’aumento, il rincaro del prezzo del gas, causato dall’instabilità geopolitica dei Paesi fornitori, nonostante gli stoccaggi siano pieni.
Guardando nel dettaglio i numeri forniti dall’Istat, si scopre che i prodotti energetici regolamentati hanno una variazione tendenziale del più 7,4 per cento (novembre 2024-2023), quelli non regolamentati fanno registrare invece un segno meno (6,6).
Bollette ma non solo
Le bollette del riscaldamento non sono però le uniche a subire rincari. L’inflazione in Italia sta rallentando, ma continua a crescere. E il carrello della spesa di più. Quella acquisita dei prezzi al consumo a novembre è pari a più 1 per cento (indice Nic, fonte Istat novembre 2024); sta decelerando, certo, cioè cresce a un ritmo meno veloce, ma continua ad aumentare rispetto al tendenziale del 2023 che aveva registrato un tasso del 5,9 rispetto al 2022. E va a sommarsi al cumulato degli anni ancora precedenti.
Carrello della spesa
“L'indice dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, cioè il cosiddetto carrello della spesa, ha un’inflazione acquisita a novembre 2024 del più 2,1 per cento che è nettamente maggiore rispetto all’indice nazionale per l’intera collettività (Nic, più 1 per cento) – commenta Nicolò Giangrande, responsabile dell’ufficio economia della Cgil nazionale -. Quindi la crescita dei prezzi si sente molto di più quando si va a fare la spesa. Dobbiamo poi precisare che complessivamente i prezzi non stanno diminuendo ma stanno soltanto crescendo a un ritmo meno sostenuto che negli anni precedenti”.
Ecco i numeri: 1,9 per cento nel 2021, 8,7 nel 2022, poi 5,9 nel 2023. Sommandoli, si arriva a un tasso di inflazione cumulata di 17,3 per cento (è l’Ipca, indice armonizzato dei prezzi al consumo). Se a questo aggiungi il dato stimato per il 2024, l’inflazione cumulata nell’ultimo quadriennio raggiungerà verosimilmente il 18,7 per cento di aumento. Nello stesso periodo, il carrello della spesa ha registrato aumenti perfino superiori.
Soffre di più chi ha meno
“Questo vuol dire che chi ha redditi più bassi, e cioè le famiglie meno abbienti che concentrano le loro spese sui beni essenziali, ha sofferto e sta soffrendo di più l’esplosione dei prezzi iniziata nel 2021 e alla quale il governo continua a non porre alcun rimedio significativo” conclude Giangrande.
A questo si è aggiunto il fenomeno della shrinkflation o meglio della sgrammatura, una sorta di inflazione nascosta. Funziona così: il contenuto delle confezioni dei prodotti diminuisce, ma il prezzo nella migliore delle ipotesi rimane invariato, se non aumenta.
“È una tattica subdola che permette di alzare i costi senza dare nell’occhio – spiega Federconsumatori in una nota -. Un fenomeno sempre più diffuso ed evidente, sopraggiunto per di più in un momento di particolare difficoltà per le famiglie, aggravando ulteriormente i rincari già elevati dei prodotti, specialmente quelli ad alta frequenza di acquisto”.
Salari al palo
Non è un segreto che i salari in Italia sono fermi al palo da anni. Stando al report “Prospettive dell’occupazione 2024” dell’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, siamo il Paese che ha registrato il maggior calo dei salari reali tra le principali economie: nel primo trimestre 2024, erano inferiori del 6,9 per cento rispetto a prima della pandemia.
Rinnovi contrattuali
Nel frattempo, sono stati rinnovati molti contratti collettivi nazionali, alcuni dei quali erano scaduti da anni. “Complessivamente 49, per oltre 7 milioni e mezzo di lavoratori in tutti i settori, con la prevalenza di quello del terziario, distribuzione e servizi, dodici contratti, sette nei trasporti e sei istruzione e sanità – spiega Nicola Marongiu, responsabile area contrattazione, politiche industriali e del lavoro della Cgil -. Siamo anche abbastanza soddisfatti sulla parte economica. A parte il contratto del pubblico (non abbiamo sottoscritto l’intesa raggiunta per le funzioni centrali), nel privato come percentuale di aumento salariale ci attestiamo sul 12-13 per cento in media, con punte che arrivano al 15,8-16 per cento. Non si copre integralmente l’incremento del costo della vita ma il settore privato ha mostrato dinamismo. Resta un problema: specie per quelli che erano scaduti da tempo, non siamo riusciti a recuperare il pregresso”.
La nuova stagione
Per fare un esempio, se un contratto è scaduto nel 2016, nel 2018 o nel 2019 ed è stato rinnovato nel 2024, il recupero degli anni precedenti è un’operazione che normalmente non è riuscita, se non attraverso il ricorso a una tantum più o meno robusti.
“Per questo è importante che nella nuova stagione contrattuale si proceda ai rinnovi nella giusta tempistica – riprende Marongiu -, altrimenti si rischia di accumulare ritardi difficili da recuperare. Sono aperte trattative importanti, nella metalmeccanica, nell’edilizia, nei servizi a rete e manifattura, che scadono tra il 2024 e il 2025. E proprio perché si è determinata una sostanziale contrazione dell’inflazione, questo deve permettere di intervenire per il recupero salariale. Dobbiamo spingere per una crescita dei salari”.