PHOTO
Unità, solidarietà, camminare insieme, valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del bene comune. Sono questi i valori e i concetti che lo scorso 22 maggio hanno fatto pronunciare i vescovi italiana contro il progetto di autonomia differenziata che il governo di destra, su imposizione della Lega, vuole far approvare dal Parlamento
La Nota della Cei è netta. “Da sempre ci sta a cuore il benessere di ogni persona, delle comunità, dell’intero Paese, mentre ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata – prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica".
Il Paese è già attraversato da profonde diseguaglianze che colpiscono i territori e le persone più fragili, soprattutto in settori delicatissimi, e che con il progetto Calderoli è probabile si accentuino. La sanità, ad esempio, per i vescovi italiani non solo è l’emblema di quanto il diritto alla salute non sia esigibile in egual misura da tutte e da tutti i cittadini, ma rischia di essere il settore più colpito.
Si legge infatti nella nota della Cei: “Tale rischio non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi".
Essere contrari all’autonomia di Calderoli, sottolineano i prelati, non significa essere contrari al sistema delle autonomie così come scritto in Costituzione e alla cui definizione lavorò anche don Luigi Sturzo. Per altro sono molti gli studiosi a ritenere che il sistema delle autonomie che compone la Repubblica “una e indivisibile” e coerente con i principi di solidarietà e sussidiarietà sanciti dalla Carta sia quello degli enti locali e non quello delle Regioni.
In ogni caso la Cei ammonisce: "Gli sviluppi del sistema delle autonomie non possono non tener conto dell'effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale".
Serve, quindi, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’individuazione delle risorse necessarie a finanziarli. E servirebbero anche le risorse per perequare gli squilibri che già esistono, ma il Governo Meloni – è bene ricordarlo – non solo ha rimandato sine die la definizione dei Lep ma anche svuotato il Fondo per la perequazione dei divari territoriali destinando le risorse ad altro.
Continuando in questa direzione un’Italia a diverse velocità non solo è inevitabile, ma è già realtà. Ricordano ancora i vescovi: “Il Paese non crescerà se non insieme. Questa convinzione ha accompagnato, nel corso dei decenni, il dovere e la volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese”.
Il testo, approvato nel corso dei lavori della 79° Assemblea generale della Cei, è netto nell’affermare che “è un fondamentale principio di unità e corresponsabilità che invita a ritrovare il senso autentico dello Stato, della casa comune, di un progetto condiviso per il futuro”.
Fondamentale per la Chiesa italiana l’attenzione agli ultimi, insieme alla valorizzazione delle differenze e “corresponsabilità nella promozione del bene comune”. Il punto, in fondo è proprio questo, chi sta pro tempore a Palazzo Chigi ha in mente la promozione del bene comune o l’affermazione degli interessi di una parte?
In ogni caso la conclusione dei vescovi italiani è una richiesta precisa: “Rivolgiamo un appello alle istituzioni politiche affinché venga siglato un patto sociale e culturale, perché si incrementino meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno”. L’appello è chiaro, i destinatari anche, sapranno ascoltare?